- Usted daba los dos primeros minutos de pelea de ventaja. ¿Por qué?
- Estaba tan acostumbrado a recibir golpes de la vida que luego, en el ring, no sabía reaccionar en frio. Por eso necesitaba que el rival me "calentara" primero para responder luego con rabia contenida. Y esta táctica no me fue tan mal, porque en toda mi carrera sólo me pusieron cinco veces k.o.; una de estas veces, ante Ray "Sugar" Robinson, al que me enorgullezco de haber sido el primero en derrotar sobre un ring.
Jake La Motta, entrevista por Miguel Vidal
____________
- Lei dava i primi due primi minuti dell'incontro di vantaggio all'avversario. Perché?
- Ero tanto abituato a ricevere colpi dalla vita che dopo, sul ring, non sapevo reagire a freddo. Per questo motivo avevo bisogno che il rivale mi "riscaldasse" prima, per poi rispondere con tutta la rabbia trattenuta. E questa tattica non mi andò tanto male, perché in tutta la mia carriera mi misero k.o. solo cinque volte; una di queste volte fu davanti a Ray "Sugar" Robinson, che ho l'orgoglio di essere stato il primo a sconfiggere su un ring.
Jake la Motta, interevista di Miguel Vidal
- Estaba tan acostumbrado a recibir golpes de la vida que luego, en el ring, no sabía reaccionar en frio. Por eso necesitaba que el rival me "calentara" primero para responder luego con rabia contenida. Y esta táctica no me fue tan mal, porque en toda mi carrera sólo me pusieron cinco veces k.o.; una de estas veces, ante Ray "Sugar" Robinson, al que me enorgullezco de haber sido el primero en derrotar sobre un ring.
Jake La Motta, entrevista por Miguel Vidal
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- Lei dava i primi due primi minuti dell'incontro di vantaggio all'avversario. Perché?
- Ero tanto abituato a ricevere colpi dalla vita che dopo, sul ring, non sapevo reagire a freddo. Per questo motivo avevo bisogno che il rivale mi "riscaldasse" prima, per poi rispondere con tutta la rabbia trattenuta. E questa tattica non mi andò tanto male, perché in tutta la mia carriera mi misero k.o. solo cinque volte; una di queste volte fu davanti a Ray "Sugar" Robinson, che ho l'orgoglio di essere stato il primo a sconfiggere su un ring.
Jake la Motta, interevista di Miguel Vidal
Paisà, io sono stato fortunato perché sopra il ring non mi sono mai fatto male, e perché tante donne mi hanno voluto bene.
Jake La Motta
Jake La Motta
Jake La Motta fra i grandi pesi medi non fu il più potente, né il più tecnico, né il più veloce, né il più bello a vedersi, qualcuno lo definì "un purosangue intrappolato nel corpo di un ronzino". Fu però il pugile dotato di maggior coraggio. La voglia di riscatto da una vita difficile fu la sua molla scatenante.
Nato a New York il 10 luglio 1921 da padre italiano (di origine siciliana) e madre ebrea (all'anagrafe il suo nome era Jacob), in un'intervista raccontò che a nove anni un gruppetto di coetanei era solito prenderlo di mira talvolta picchiandolo e che, per difendersi fu costretto a portar con sé un punteruolo: "Portai con me quell'arnese e lo tirai fuori tutte le volte che il gruppo di ragazzi cercò di aggredirmi, spaventandoli, finché un giorno lo scordai a casa e fui costretto ad usare i pugni... e non ebbi più bisogno di nessun punteruolo."
Debuttò fra i professionisti nel 1941 a 19 anni. Non aveva pugno, ma in compenso era di un’aggressività unica e non lasciava respiro agli avversari. Nei primi 20 mesi di attività disputò ben 34 incontri, scalando le vette delle classifiche mondiali. Il 2 ottobre 1942, a New York, gli fu data la possibilità di battersi con il grande Sugar Ray Robinson, dal quale fu battuto in 10 riprese, pur disputando un buon combattimento. La rivincita fra i due avvenne il 5 febbraio 1943 a Detroit, e stavolta Jake, a sorpresa, sconfisse Sugar Ray ai punti, dopo averlo atterrato all’8° round. Quella vittoria assume ancor più rilevanza se si pensa che Robinson da professionista non era mai stato sconfitto e che quella rimase l'unica sconfitta subita da Ray nei suoi primi 131 incontri.
Ma appena 21 giorni dopo, sempre a Detroit, Sugar Ray si aggiudicò la “bella” vincendo sempre sulla distanza delle 10 riprese. E poi battè ancora La Motta il 23 febbraio 1945 a New York e il 26 settembre dello stesso anno a Chigago.
Sebbene sconfitto più volte da Robinson, proprio quelle sfide rivelarono lo straordinario talento di La Motta, al quale tuttavia continuava ad essere negata una chance mondiale. Egli però continuò a vincere e ad incontrare avversari di grande valore come Fritzie Zivic, due volte vincitore di Henry Armostrong. Con il croato, Jack, fra il 1943 e il 1944, sostenne ben quattro combattimenti, vincendone 3 e perdendone 1. Tutti gli incontri si conclusero con verdetto ai punti, ma quelle battaglie fra il furioso La Motta e lo sporco Zivic, sono passate alla storia come i match più scorretti della storia della boxe.
A parte una battuta d’arresto con il fortissimo francese Laurent Dauthille, agli inizi del 1949, continuò a vincere sino ad ottenere di battersi con il campione del mondo dei medi Marcel Cerdan.
Il pugile francese aveva spodestato clamorosamente Tony Zale, ed anche per questo veniva dato favorito nei riguardi dello sfidante. L’incontro si svolse il 16 giugno 1949 a Detroit, e stavolta fu La Motta a sovvertire ogni pronostico. Riuscì infatti a battere il francese che nulla potè fare contro la furia di Ruging Bull e alla fine della nona ripresa il match venne sospeso.
Jake La Motta difese per la prima volta il titolo mondiale il 12 luglio 1950 a New York contro il triestino Tiberio Mitri. Fu un match a senso unico. L’italiano, buon tecnico, sembrava avere tutte le carte per mettere in difficoltà il campione, ma di fatto non riuscì ad imbrigliare la consueta grinta di La Motta, che si aggiudicò il match ai punti in 15 riprese. Appena due mesi dopo, La Motta si ritrovò di fronte il francese Dauthille, che lo aveva precedentemente sconfitto.
Fu un incontro molto combattuto, e Laurent Dauithille si rivelò più abile di La Motta, più determinato. Al 15° round lo sfidante era nettamente in vantaggio su Jake, ma commise l’errore di continuare ad attaccare, e questo gli fu fatale. Per un attimo La Motta tornò ad essere il Toro del Bronx, e martellando con ferocia Dauthille riuscì a metterlo K.O. e a conservare il titolo in extremis.
Ma sull’orizzonte di La Motta si materializzava di nuovo l’immagine del suo antico ed implacabile avversario: Sugar Ray Robinson. Il 14 febbraio 1951 a Chigago i due si ritrovarono l’uno di fronte all’altro per la sesta volta! Fu una lotta impietosa, crudele. Robinson, al meglio della forma, fece meraviglie e dominò il combattimento da par suo, ma La Motta fu grandissimo per coraggio, stoicismo, tenacia. Investito da una valanga di pugni resistette sino al 13° round, e si sarebbe fatto ammazzare pur di non cedere a Sugar Ray. Ma l’arbitro Frank Sikora sospese quello che poi sarebbe stato chiamato “Il massacro di San Valentino”, e rimandò all’angolo Jake, che dopo quell’incontro non fu più lo stesso.
Chiuse definitivamente con la boxe nel ‘54 dopo 102 incontri e con un record di 83 vittorie, 30 delle quali per ko, quattro pareggi e 19 sconfitte.
Per tutti è Raging Bull: Toro scatenato!
Nato a New York il 10 luglio 1921 da padre italiano (di origine siciliana) e madre ebrea (all'anagrafe il suo nome era Jacob), in un'intervista raccontò che a nove anni un gruppetto di coetanei era solito prenderlo di mira talvolta picchiandolo e che, per difendersi fu costretto a portar con sé un punteruolo: "Portai con me quell'arnese e lo tirai fuori tutte le volte che il gruppo di ragazzi cercò di aggredirmi, spaventandoli, finché un giorno lo scordai a casa e fui costretto ad usare i pugni... e non ebbi più bisogno di nessun punteruolo."
Debuttò fra i professionisti nel 1941 a 19 anni. Non aveva pugno, ma in compenso era di un’aggressività unica e non lasciava respiro agli avversari. Nei primi 20 mesi di attività disputò ben 34 incontri, scalando le vette delle classifiche mondiali. Il 2 ottobre 1942, a New York, gli fu data la possibilità di battersi con il grande Sugar Ray Robinson, dal quale fu battuto in 10 riprese, pur disputando un buon combattimento. La rivincita fra i due avvenne il 5 febbraio 1943 a Detroit, e stavolta Jake, a sorpresa, sconfisse Sugar Ray ai punti, dopo averlo atterrato all’8° round. Quella vittoria assume ancor più rilevanza se si pensa che Robinson da professionista non era mai stato sconfitto e che quella rimase l'unica sconfitta subita da Ray nei suoi primi 131 incontri.
Ma appena 21 giorni dopo, sempre a Detroit, Sugar Ray si aggiudicò la “bella” vincendo sempre sulla distanza delle 10 riprese. E poi battè ancora La Motta il 23 febbraio 1945 a New York e il 26 settembre dello stesso anno a Chigago.
Sebbene sconfitto più volte da Robinson, proprio quelle sfide rivelarono lo straordinario talento di La Motta, al quale tuttavia continuava ad essere negata una chance mondiale. Egli però continuò a vincere e ad incontrare avversari di grande valore come Fritzie Zivic, due volte vincitore di Henry Armostrong. Con il croato, Jack, fra il 1943 e il 1944, sostenne ben quattro combattimenti, vincendone 3 e perdendone 1. Tutti gli incontri si conclusero con verdetto ai punti, ma quelle battaglie fra il furioso La Motta e lo sporco Zivic, sono passate alla storia come i match più scorretti della storia della boxe.
A parte una battuta d’arresto con il fortissimo francese Laurent Dauthille, agli inizi del 1949, continuò a vincere sino ad ottenere di battersi con il campione del mondo dei medi Marcel Cerdan.
Il pugile francese aveva spodestato clamorosamente Tony Zale, ed anche per questo veniva dato favorito nei riguardi dello sfidante. L’incontro si svolse il 16 giugno 1949 a Detroit, e stavolta fu La Motta a sovvertire ogni pronostico. Riuscì infatti a battere il francese che nulla potè fare contro la furia di Ruging Bull e alla fine della nona ripresa il match venne sospeso.
Jake La Motta difese per la prima volta il titolo mondiale il 12 luglio 1950 a New York contro il triestino Tiberio Mitri. Fu un match a senso unico. L’italiano, buon tecnico, sembrava avere tutte le carte per mettere in difficoltà il campione, ma di fatto non riuscì ad imbrigliare la consueta grinta di La Motta, che si aggiudicò il match ai punti in 15 riprese. Appena due mesi dopo, La Motta si ritrovò di fronte il francese Dauthille, che lo aveva precedentemente sconfitto.
Fu un incontro molto combattuto, e Laurent Dauithille si rivelò più abile di La Motta, più determinato. Al 15° round lo sfidante era nettamente in vantaggio su Jake, ma commise l’errore di continuare ad attaccare, e questo gli fu fatale. Per un attimo La Motta tornò ad essere il Toro del Bronx, e martellando con ferocia Dauthille riuscì a metterlo K.O. e a conservare il titolo in extremis.
Ma sull’orizzonte di La Motta si materializzava di nuovo l’immagine del suo antico ed implacabile avversario: Sugar Ray Robinson. Il 14 febbraio 1951 a Chigago i due si ritrovarono l’uno di fronte all’altro per la sesta volta! Fu una lotta impietosa, crudele. Robinson, al meglio della forma, fece meraviglie e dominò il combattimento da par suo, ma La Motta fu grandissimo per coraggio, stoicismo, tenacia. Investito da una valanga di pugni resistette sino al 13° round, e si sarebbe fatto ammazzare pur di non cedere a Sugar Ray. Ma l’arbitro Frank Sikora sospese quello che poi sarebbe stato chiamato “Il massacro di San Valentino”, e rimandò all’angolo Jake, che dopo quell’incontro non fu più lo stesso.
Chiuse definitivamente con la boxe nel ‘54 dopo 102 incontri e con un record di 83 vittorie, 30 delle quali per ko, quattro pareggi e 19 sconfitte.
Per tutti è Raging Bull: Toro scatenato!
Dapprima ho pensato che nessuno è solo come Jake La Motta in quella scena.
E nessuno è bello come lui
...se un giorno mi accadrà di essere così solo, così pazzescamente solo, lo sarò come lui.
Io danzerò.
E sarò bellissimo.
E se mai scriverò una storia...vorrò che la gente la legga poi, e ci pensi della neve, dentro.
Io la neve non ce l'avrò messa, ma loro ce la vedranno.
Voglio neve, nei miei libri. senza metterecela.
Negli occhi della gente.
Alessandro Baricco
E nessuno è bello come lui
...se un giorno mi accadrà di essere così solo, così pazzescamente solo, lo sarò come lui.
Io danzerò.
E sarò bellissimo.
E se mai scriverò una storia...vorrò che la gente la legga poi, e ci pensi della neve, dentro.
Io la neve non ce l'avrò messa, ma loro ce la vedranno.
Voglio neve, nei miei libri. senza metterecela.
Negli occhi della gente.
Alessandro Baricco
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