Cari Compagni


So che voi non utilizzate più questi termini però, per me, voi disgraziati, voi pezzenti, voi umiliati ed offesi, siete sempre quei proletari di tutto il mondo che dovevano unirsi per spezzare le proprie catene, perciò vi chiamerò care compagne e cari compagni.
Vedete, io non appartengo alla vostra razza, io sono un padrone. O per dirla con un termine marxista, appartengo alla "classe dominante". O come direbbe Gramsci, faccio parte della "classe egemone".
Ma quanto sono più belle queste vostre parole. Perché le avete inventate voi, queste vostre parole, noi le abbiamo prese soltanto in prestito.
Ma non è più bello usare il binomio egemonia-subalternità, che è così antropologico? Molto meglio, rispetto a servo-padrone che nun se po senti'.
Non è molto più bello ed anche un po' attizzante, ammiccante, utilizzare il binomio dominante-dominato. Sembra quasi dire io sto sopra tu stai sotto. Molto meglio rispetto a, che ne so, vittima-carnefice, che fa accapponare la pelle.
Sono parole vostre, cari compagni e care compagne. Le abbiamo imparate da voi, cari compagni e care compagne. Noi abbiamo imparato tutto da voi.
Noi vi abbiamo strappato ai campi, vi abbiamo portato via dalle botteghe, vi abbiamo ammucchiato dentro alle fabbriche, a lavorare uno sull'altro... Pensavamo di aver fatto una furbata, e invece no. Ci avete spiegato che in questa maniera noi vi abbiamo preso come briciole da una tavola sparecchiata e vi abbiamo messo tutti insieme, stretti, come cinque dita in un pugno, e voi avete preso "coscienza di classe". Che è una parola vostra, ed è una parola bellissima, cari compagnie e care compagne.
Allora noi vi abbiamo messo a lavorare su macchine enormi, gigantesche, che voi non vi potevate permettere di comprare manco in un'intera vita di lavoro. Però erano macchine da deficienti, da scimmie ammaestrate. Bisognava spigne il bottone, tira' la leva, tira' la leva, spigne il bottone, spigne il bottone, tira' la leva... Insomma, un lavoro ripetitivo. Noi pensavamo di avervi fatto un favore, e invece no, voi vi siete offesi. Avete detto che era un lavoro umiliante, infantilizzante. Ci avete spiegato che in fabbrica, in quella fabbrica che avevamo pensato noi, non è più la macchina che serve all'operaio, ma bensì l'operaio che serve alla macchina. Capito? Come se fosse n'altra macchina, 'na macchina solo meno costosa, meno importante, fatta peggio. Ci avete detto che semilavorare un semilavorato equivale ad avere in mano un tubo e non sapere se 'sto tubo diventerà lo scarico del cesso o la canna di un fucile. Ci avete spiegato che questa cosa è “alienazione”, ed è una parola bellissima, l'avete coniata voi questa parola. Che io quando la sento, alienazione, penso sempre ai film in bianco e nero dei favolosi anni sessanta.
Noi abbiamo imparato tutto da voi, cari compagni e care compagne. Cari compagni e care compagne, noi in quel momento abbiamo pensato: vabbeh, diamogli un po' di diritti, regaliamogli la democrazia, così almeno saranno liberi di venire a votare per noi. No, peggio ancora! Ci avete spiegato che queste erano "riforme sovrastrutturali", che in un paese capitalista bisogna lavorare su quelle relazioni dove c'è di mezzo il capitale, il denaro. Ovverosia, i diritti voi non li volevate, i diritti civili, per venirci a votare. No, li volevate sul lavoro, è lì che volevate i diritti, cari compagni e care compagne. "Sovrastruttura", "struttura", sono parole meravigliose che abbiamo imparato da voi.
Poi, allora noi che abbiamo fatto? Vi abbiamo dato un po' di scuole, un po' di fogne, un po' di marciapiedi, piste ciclabili... E le case popolari, vi abbiamo ammucchiato là dentro. Voi niente, peggio ancora. Ci avete spiegato che era “paternalismo”, il nostro. Che le relazioni tra le classi dominanti e le classi dominate sono essenzialmente conflittuali, e 'sto conflitto c'avete detto che se chiama “lotta di classe”, che è 'na parola vostra, un'altra parola vostra. Ed è un'altra parola bellissima.
Cari compagni e care compagne, noi abbiamo imparato tutto da voi. Grazie, veramente. Voi ci avete spiegato come va il mondo, cos'è l'economia... Voi c'avete spiegato tutto, voi eravate i primi della classe. Tant'è vero che adesso qualcuno potrebbe dire: vabbeh, me se 'sti compagni e 'ste compagne erano tanto capoccioni, tanto intelligenti, perché non stanno al governo adesso? Perché al governo nun ce sta un giovane compagno, 'na giovane compagna, bensì un gruppo de' vecchi padroni borghesi? Per quale motivo?
Perché, cari compagni e care compagne, voi non avete fatto in tempo ad acquisirla, questa ideologia, a spiegarla a noi, che ve la siete subito scordata. Adesso la lotta di classe la facciamo noi padroni contro di voi, e la stiamo stravincendo.
Cari compagni care compagne, ma vi siete resi conto che i vostri leaders non rassomigliano manco più lontanamente ai Gramsci, ai Marx, ai Feuerbach, agli Engels, tanto meno ai Proudhon, Kropotkin, Bakunin... Ma dico io, in un paese normale se cade un governo di destra, poi dopo va al governo la sinistra. In questo piccolo paese, invece, è caduta la destra ed è andata al potere n'altra destra, con gli applausi della sinistra.
Ma dico, ma ne vogliamo parlare, cari compagni e care compagne? No, meglio di no, io non voglio affondare il dito nella piaga. Io voglio essere gentile nei vostri confronti, perché penso che un padrone, nei confronti dei suoi servi, deve comportarsi con gentilezza, ecco, con buona educazione.
Vedete, noi oggi siamo al governo e saremo molto peggio dei nostri predecessori, molto più bastardi, però... però... ci comporteremo in maniera più elegante, più seria, più sobria. Questo ve lo possiamo concedere.
Io lo dico sempre alla mia servitù, e lo dico anche a voi: vedete, cari compagnie e care compagne, cari sudditi, cari servi, come posso chiamarvi, per mettervelo - con rispetto parlando - nel culo, beh, non serve la maleducazione, non serve essere cafoni... Basta un po' di pazienza. E un dito di vasellina.

Ascanio Celestini

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