Io ho una tecnica: quando partecipo ad una riunione, entro, mi metto seduto, tiro fuori la pistola e l'appoggio sul tavolo.
E' una tecnica, mi serve per andare d'accordo con l'umanità, è una cosa che faccio per me. Ed infatti ho anche delle piccole regole.
La prima regola, per esempio, è che quando entro devo subito estrarre la pistola e appoggiarla sul tavolo. Cioè, non vorrei tirarla fuori a metà del discorso e qualcuno potrebbe pensare che la tiro fuori per la piega che ha preso il discorso.
La seconda regola è non guardare mai la pistola. Cioè, non vorrei che qualcuno pensasse: ecco, sta ammiccando alla pistola, come per dire siete tutti sotto tiro. No, io non voglio che la pistola diventi oggetto di discussione.
Tant'è vero che la terza regola è non parlare mai della pistola. Sarebbe ridondante. E poi, sarebbe una debolezza, come per dire, senza la pistola quello non è nessuno, il suo discorso regge solamente perché lui è armato.
Però questo non significa che io non pensi sempre alla pistola. Anzi, io penso costantemente alla pistola quando sto in riunione. E non un pensiero generico, vago, ma proprio una cosa precisa, chiara, netta nella mia testa. Io penso alla leggerezza del grilletto, al cane che si inarca, che raggiunge il punto morto, il momento di massima estensione distanza dal pezzo, io penso al tamburo che ruota basculando in senso antiorario e mostra le camere per i proiettili, il cane che ritorna sul pezzo, colpisce l'innesco e... pom! parte il colpo. Questo è il mio pensiero.
Certo però qualcuno è convinto che la mia forza sia solamente nel fatto che mostro la pistola. Così, a scanso di equivoci, ho incominciato a partecipare alle riunioni senza mostrare la pistola, la tengo in tasca. Le regole, più o meno, sono rimaste invariate. O meglio, è cambiata la prima, cioè non tiro fuori la pistola all'inizio della riunione, però per il resto è tutto uguale, cioè non guardo alla pistola, ovviamente perché ce l'ho in tasca, non parlo della pistola e penso costantemente alla pistola.
Questo mi ha dato una grande opportunità, ovverosia girare sempre armato, con la pistola in tasca. E se giri sempre con la pistola in tasca e pensi sempre costantemente alla pistola, si verifica una piccola magia, ovverosia tutte le persone che ti circondano diventano sagome, bersagli. Sagome col bersaglio disegnato sulla fronte o sul cuore, a cui sparare, insomma.
Questo non significa che io sia violento. Io non sparo a nessuno, figuriamoci, ma ho l'alternativa, la possibilità di farlo. Questo mi fa stare in pace col resto dell'umanità.
Per esempio, mia moglie che mi dice che ha comprato una nuova crema per massaggiare i glutei alla corteccia di pioppo, capito? Io ho l'alternativa, io potrei tirare fuori la pistola e sparare, ma non lo faccio. Io massaggio la sagoma, il bersaglio.
Oppure il vicino di casa, il colonnello in pensione, che mi dice: Il mercoledì mattina, fino a mezzogiorno, al supermercato c'è lo sconto per i pensionati e faccio lo spesone, la spesa grossa. Io ho la possibilità di tirare fuori la pistola e sparare, ma non lo faccio. Io aiuto il bersaglio a portare la spesa dentro casa.
Oppure il barista, sempre con le mani a mollo nell'acqua, co' 'ste tazzine sporche, che mi dice: Dotto' che piglia, il solito? Un caffè corretto? Un caffè ristretto? Io ho la possibilità di tirare fuori la pistola e sparare, ma non lo faccio. Io accetto un caffè dal bersaglio.
Una volta ho fatto un esperimento, ho lasciato la pistola a casa, l'ho lasciata nel cassetto del comodino, vicino al letto, volutamente, sono uscito fuori senza la pistola. Ho incontrato il colonnello per le scale che mi diceva: S'è rotto l'ascensore, non funziona l'ascensore, proprio oggi che è mercoledì, che ho fatto lo spesone, la spesa grossa... Era tutto sudato, faceva schifo, e io non potevo sparare. Non è detto che avrei sparato, però almeno, se era un bersaglio... poteva essere un bersaglio, avrei potuto avere l'opportunità, l'alternativa...
Sono corso giù per le scale, sono andato al bar. Dico, mi prendo un caffè, mi passa. Appena arrivato al bar, il barista m'ha detto: Dotto' che pija, er solito? Je faccio un caffè? Come lo vole, corretto, ristretto, lungo, americano... come lo vole 'sto caffè. Io non avevo la pistola in tasca. Se non hai la pistola in tasca non hai alternativa, devi bere per forza un caffè.
Sono corso dentro casa, sono arrivato dentro casa, ho incontrato mia moglie tra la cucina e il bagno, c'aveva i capelli tutti bagnati, s'era appena fatto lo shampoo, m'ha detto: Se vede la ricrescita, me devo rifa' la tinta, se vede la ricrescita?... Io vedevo solamente la ricrescita, non vedevo il bersaglio, non era più una sagoma, non potevo sparare. Se non hai una pistola in tasca, devi guardare la ricrescita, è una cosa orrenda. Sono andato in camera mia, ho preso la pistola, l'ho tenuta un po' in mano, mi sono rilassato, ho respirato, mi sono disteso, l'ho messa in tasca.
Mia moglie mi ha detto: Caro, stai bene? Tutto a posto? Io l'ho guardata e ho pensato al grilletto, alla sua leggerezza, al cane che si inarca, che arriva al punto morto, momento di massima distanza dal pezzo, al tamburo che ruota basculando in senso antiorario, agli alloggiamenti per le pallottole, al cane che ritorna sul pezzo, colpisce l'innesco e... fa partire il colpo.
Mia moglie mi ha detto: Stai bene, caro? Io ho risposto: Sì, certo cara. Ho risposto al bersaglio, alla sagoma.
Io so per certo che voi, politici, sindacalisti, grandi imprenditori, economisti, petrolieri, quando parlate con noi dai giornali, o dalla radio, o dalla televisione, io so perfettamente a cosa state pensando. Anche se parlate di Costituzione, di democrazia, di economia, di immigrazione, voi pensate sempre alla stessa cosa, ovverosia alla pistola che tenete in tasca. Ed è per questo motivo che parlate a noi come si parla alle sagome. Ed è per questo motivo che i vostri sono discorsi a mano armata!
Ascanio Celestini
A mano armata
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