Beauty is truth, truth is beauty,
that is all Ye know on earth,
and all ye need to know.
Bellezza è verità, verità è bellezza.
A voi che vivete in terra è tutto ciò che vi è dato di sapere
e tutto quel che vi occorre sapere.
John Keats, Ode on a Grecian Urn
Il titolo vuole dire una cosa semplice, vuole ricordare che da un lato esistono la libertà e la bellezza necessarie per chi scrive e per chi vive, dall’altro esiste il loro contrario, la loro negazione [...] E’ possibile che ancora oggi, l’Uomo, nella sua accezione più ampia, debba passare necessariamente attraverso l’inferno per raggiungere la bellezza?
Roberto Saviano
Queste immagini tragiche, dolorosissime, hanno fatto il giro del mondo. La morte di Neda avviene uno dei tanti giorni che aveva visto Teheran riempirsi di ragazzi manifestare contro il governo di Ahmadinejad.
Neda è lì, insieme a dei suoi amici, molti suoi amici. E' lì col suo telefonino, un oggetto qui del tutto innocuo, anzi a volte persino insopportabile, e invece lì diventa pericoloso. Diventa pericoloso perché innanzitutto avere un cellulare, per una donna, tenerlo in pubblico, è già un elemento fastidioso per la società iraniana, viene visto come un gesto screanzato, come far uscire una ciocca di capelli dal velo o mettersi troppo trucco.
Neda quella mattina sta manifestando, ha un cellulare ed è donna: tre elementi che la condannano a morte.
Una guardia rivoluzionaria, l'élite della polizia iraniana, la vede e spara. Qualcuno dice che lei stava semplicemente telefonando, qualcun altro dice che stava riprendendo, come altri. Fatto è che il colpo la prende al petto, cade all'indietro, e chi è intorno non capisce subito che è gravissima.
Lentamente il sangue fuoriesce dal naso, riempie gli zigomi, gli occhi... C'è una frase che mi ha sempre molto colpito, che hanno detto i ragazzi che hanno commentato questo video sui blog. Hanno detto: Neda muore con gli occhi aperti facendo vergognare noi che viviamo con gli occhi chiusi.
E mi ha sempre impressionato di quel video le urla delle persone che la chiamano, la conoscevano: Neda resisti, Neda rispondi, Neda stai qui, ci siamo...
Neda muore in un attimo. Quell'immagine viene mandata in onda in un telegiornale della CNN, perché una delle giornaliste che legge il telegiornale è di origine iraniana, quindi decide di prendere quell'immagine, fatta con il telefonino, e di metterla in prima serata. A quel punto quel video arriva nelle case di milioni di persone e cambia per sempre la percezione di quello che stava succedendo in Iran. Non è più una guerra, una manifestazione lontana, non è più il solito Medio Oriente, pieno di sangue, di conflitti incomprensibili, lontani, fastidiosi, che quasi ti rendono insopportabile la cena ad ascoltarli.
Quell'immagine di quella ragazza con le scarpette da ginnastica, quel velo, quel viso, quel sangue... Neda diventa riconoscibile a tutti, una ragazza come altre. A quel punto la manifestazione contro Ahmadinejad inizia ad avere un ruolo fondamentale nella vita dell'informazione internazionale e anche per le persone.
Attraverso i blog, visto che l'informazione nei media classici, quindi i giornali, le televisioni, in Iran è tutta controllata. Allora attraverso i blog, soprattutto la dissidenza iraniana all'estero, riesce a raccontare quello che sta succedendo.
E succede che, in qualche modo, per mantenere una fiducia nella possibilità di cambiare le cose, alcuni ragazzi iraniani chiedono a Marjane Satrapi, la disegnatrice che aveva fatto un libro capolavoro, Persepolis, sulla vita in Iran, chiedono di poter utilizzare i suoi disegni per commemorare la morte di Neda.
E una bellissima vignetta viene fatta circolare sul web e rappresenta Dio, disegnato da Marjane Satrapi con in braccio questa bambina. Nel fumetto è Marjane, che continuamente dialoga con questa figura di Dio barbuto e sereno che la tiene in braccio, in realtà nei blog quella bambina è Neda. E Dio le dice in questa vignetta: non piangere, non sei morta invano.
Questa vignetta è stata il simbolo della possibilità di resistere dopo la morte di Neda, una morte così feroce. E i blog, con queste immagini, e i telefonini, con queste registrazioni, sono diventati l'elemento dissidente vero, unico, per poter raccontare quello che stava succedendo, quello che stava e sta succedendo.
Grazie ai blog si è saputo di un'altra storia, la storia di Taraneh Moussavi, coetanea di Neda. Anche lei stava manifestando. Le manifestazioni avvenivano, era stata una scelta spontanea, in maniera pacifica, mani alzate e soprattutto spesso anche grande allegria, perché in Iran è persino vietato manifestare non soltanto politicamente, ma anche fare eventi pubblici musicali, poter organizzare una festa, avere la musica troppo alta. Quindi era bello stare in strada, era bello essere molti in strada, e non per un ordine religioso, e non per commemorare i martiri.
Taraneh è lì e viene arrestata. C'è un blitz, arrestano una decina di loro. La parte maggiore viene portata in carcere, Taraneh no. La Guardia Rivoluzionaria la porta in un edificio. E' spaventatissima. La Guardia Rivoluzionaria carica con ogni cosa: manganelli, con le moto, calci dei fucili, caschi... Per pestare. E' spaventatissima. La rinchiudono in una stanza. Alcuni testimoni dicono: è stata violentata più volte al giorno, per una decina di giorni, da più soldati.
Lo stupro è uno strumento sistematico del governo iraniano, secondo quanto dichiarano i dissidenti, non soltanto per ferire, non soltanto per torturare, ma per distruggere l'immagine di chi manifesta.
Chi è in carcere, quando verrà scarcerato, non avrà un'aura da rivoluzionario, da ribelle, da uno che ce l'ha fatta, ma da stuprato. Uomini e donne, vengono stuprati. Vogliono che lo stupro sia una sorta di certezza, per chi viene arrestato. Ma una certezza che non arriva dalla denuncia di una cosa del genere. Deve arrivare dalla silenziosa comunicazione. La persona che lo subisce, poi, lo deve raccontare in silenzio, al buio, ad un'altra persona, che poi la racconterà ad un'altra, e a un'altra, e a un'altra... E così il terrore dev'essere un terrore silenziosissimo.
Taraneh, dopo aver subito queste violenze, sta avendo un'emorragia. Allora i poliziotti la prendono e la portano in ospedale, In ospedale il medico vuole fare referto, ma loro non possono permettere una cosa del genere, perché non vogliono che ci sia tracce di questa cosa. Allora la portano via, un'altra volta. Un'altra volta in quell'edificio, vicino al palazzo di governo di Teheran. La famiglia, avvertita da una telefonata anonima, andrà in quest'ospedale e chiederà conto. Parlerà solo un'infermiera e dirà: Taraneh è stata portata qui, aveva l'ano sfondato e l'utero lacerato.
La famiglia non sa cosa fare. Oggi, tra l'altro, ha addirittura negato questa storia, terrorizzata. Pochi giorni dopo questa notizia che viene data alla madre, verrà ritrovato nella periferia di Teheran il corpo di Taraneh, bruciato a metà, dalla vita in giù.
Perché si brucia un corpo. Si brucia un corpo, a Teheran come a Scampia. A Scampia successe – mi capitò di occuparmene in prima persona – che bruciarono una ragazza, si chiamava Gelsomina Verde, fidanzata di un camorrista, perché non aveva voluto svelare il rifugio del suo fidanzato. Non si sa cosa le hanno fatto, però poi hanno bruciato il corpo. Perché un corpo torturato è un corpo che porta la testimonianza della barbarie. Un corpo bruciato è un corpo bruciato, si possono fare solo ipotesi, ma non ci sono prove. E così Taraneh muore dissanguata per lo stupro e viene bruciata.
Tantissime volte mi sono chiesto perché? Perché questo a Taraneh? Qual è la ragione che spinge tanta cattiveria, tanta ferocia a una ragazza innocua. La risposta me la sono data, e forse condividerete, guardando la sua foto.
Taraneh è bellissima. Era bellissima. Bellissima, curata, un filo di trucco, sempre orgogliosa della sua bellezza. Quella ha attirato, ma soprattutto, è proprio quella che doveva essere stuprata, fermata, perché e proprio la bellezza che ha messo paura al regime, in qualche modo. E' proprio la bellezza che sottrae all'inferno.
Taraneh era bellissima. Era bellissima Neda. Anche lei curata, anche lei sceglieva di potersi truccare. Certo costretta al velo, ma cosciente della sua bellezza. E anche lei, anche lei dà fastidio. Lei ha il telefono, lei sta manifestando, è una donna che decide di vivere. E infatti sarebbe un errore gravissimo chiamarle martiri, perché in Iran si vive in questo dannato culto dei martiri, ma loro non volevano affatto morire, come i martiri di cui raccontano le gesta in Iran, nelle scuole. Non volevano morire per nessuna causa, volevano vivere. E hanno manifestato per un unico grande obiettivo, poter essere felici. Organizzare una festa, vestirsi come vogliono, truccarsi come vogliono, guidare, parlare al telefono, stare meglio. E stare meglio significava protestare contro il governo di Ahmadinejad. E il governo di Ahmadinejad, come dicono i dissidenti, ha le impronte digitali sulla loro morte.
Guardando Taraneh, guardando Neda, in qualche modo si raggiunge una verità: che la loro bellezza è la vittoria di chi in questo momento sta cercando di portare i diritti civili e i diritti democratici in Iran.
Roberto Saviano
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