Banca Bassotti

È un bene che gli abitanti della nazione non capiscano abbastanza il nostro sistema bancario e monetario, perché se lo comprendessero, credo che scoppierebbe una rivoluzione prima di domattina.
Henry Ford


La crisi economica continua ad estendersi, porta alla bancarotta istituzioni prestigiose, mette in ginocchio marchi industriali e allunga di giorno in giorno la lista delle banche che si dichiarano fallite. Nonostante il Tesoro americano si ostini a definire il dissesto del sistema bancario-finanziario come un semplice “stress test”, assicurando che alla fine non vi saranno ricadute sull'intero sistema, le banche negli USA continuano a chiudere. Siamo a quota 23 nei soli primi quattro mesi del 2009 (altre 25 sono fallite l'anno scorso).
Le ultime in ordine di tempo sono la New Frontier Bank, basata a Greeley in Colorado, e la Cape Fear (omen nomen) di Wilmington, nella Carolina del Nord. La F.D.I.C. (Federal Deposit Insurance Corporation) cerca di minimizzare dicendo che si tratta di istituti regionali, piccole banche il cui fallimento avrà ricadute limitate.
Piccole? Limitate? La New Frontier Bank è la maggiore banca a fallire quest'anno e con un bilancio (l'ultimo prima del crack) di oltre 2 miliardi di dollari di patrimonio più un milardo e mezzo in depositi di certo non può dirsi piccola. La Cape Fear Bank, per il momento assorbita dalla First Federal Saving and Loans di Charleston, poteva contare (si fa per dire) su assets per 492 milioni di dollari e 403 milioni di depositi. Vaporizzati! Adesso si cerca di salvare il salvabile.
Com'è stato possibile tutto questo? Semplice, gli istituti di credito erano parte del grande Sistema della speculazione finanziaria. Non è affatto strano o inspiegabile, perché in definitiva le banche questo fanno da sempre, generano denaro virtuale. Con una minima quota di riserva obbligatoria e grazie all'effetto moltiplicatore delle operazioni di credito sul monte depositi, le banche creano del denaro che non c'è!
Ma questo fenomeno, che già dovrebbe essere visto con un certo sospetto se non addirittura censurato, è nulla se si considerano i guasti cui può dar vita congiuntamente ai meccanismi perversi della finanza creativa. Infatti si arriva a creare soldi virtuali (cioè inesistenti) grazie ai cosiddetti conti brokered. Le banche in difficoltà o che desiderano rafforzare la loro liquidità si appoggiano a degli intermediari, grandi operatori di borsa e speculatori finanziari, per far in modo di far confluire i conti gestiti dalle società di brokeraggio e investimento mobiliare nei bilanci della banca in cambio di tassi di interesse particolarmente elevati. Questo mette in moto il meccanismo piramidale che ben conosciamo (schema Ponzi, catena di Sant'Antonio, etc..), perché la banca grazie a quei conti aumenta sì le riserve (sia pur solo nominalmente) pareggiando così i conti di bilancio, accrescendo la liquidità virtuale e creando nuovo denaro garantito dalla riserva (nominale) in deposito, ma per farlo deve garantire un rendimento elevato. La banca si ripromette ovviamente di coprire i tassi con le nuove attività di credito alla finanza. Finanza che essendo trasformata dalla spinta speculativa sempre più forte, in una scatola anch'essa vuota, produrrà alla fine titoli carta straccia. Da ultimo arriva sempre inevitabile il momento in cui tutto il sistema crolla, implode, collassa su se stesso!
Questo hanno fatto in definitiva quei geni della finanza che rispondono al nome di Dick Fuld della Lehman Brothers o sir Fred “the Shred” Goodwin di RBS. La situazione derivante da questo connubio incestuoso è che adesso non c'è più certezza di nulla. I derivati, i tossic assets, i crediti immobiliari cartolarizzati sono stati accorpati, impacchettati, scambiati, spostati, confusi, sostituiti, permutati, commutati e sparpagliati vorticosamente e alla rinfusa qua e là per tutti i mercati del pianeta. E le informazioni su questi strumenti finanziari a dir poco stravaganti (...pensare che hanno messo dentro Wanna Marchi solo per un po' di sale!) non sono neppure standardizzate. Ci sono titoli, obbligazioni e certificati misti talmente atipici che si fa fatica a classificarli tassonomicamente, figurarsi capire quanto valgono, e se valgono realmente qualcosa. Alcuni sono volutamente strutturati in modo talmente sfuggente ed equivoco che nemmeno le banche riescono più a capire cosa c'è nei loro portafogli.
Questa gigantesca economia del nulla ha infettato tutto, al punto che un semplice default come quello dei mutui subprime della Fannie Mac contagia a catena atri titoli, creando un effetto domino che alla fine apre un buco enorme. Ora la Sec (Securities and Exchange Commission), come la bella addormentata s'è svegliata... e ubriaca spara cifre! Prima non sapeva quello che tutti sapevano, adesso fa finta di sapere quello che nessuno può con certezza sapere: quant'è grande il buco. Ha stimato il buco sia una voragine da quasi seicento miliardi di dollari (596 per la precisione). Come lo sa? Come ha fatto a calcolarlo? Questo non ce lo dice, ma pare abbiano fatto ricorso ad una famosa sfera di cristallo appartenuta alla Maga Magò e custodita gelosamente nei sotterranei di Wall Street. Seicento miliardi di dollari, comunque, non sono bruscolini, visto che sono pari a dieci volte la produzione mondiale totale annua. La Bri (Banca dei Regolamenti Internazionali) subito però corregge il tiro e fa sapere da Basilea che non di un crepaccio si tratta, bensì della faglia di San Andrea: un milione e 200mila miliardi di dollari! Ho il sospetto che presto cominceranno a parlarci del Gran Canyon...
Timoty Geithner, il segretario al Tesoro USA, di fronte a tutto questo ha messo da parte 1000 miliardi. Insomma una paletta e un secchiello per riempire il Gran Canyon! Invece, ammesso ne siano capaci, facessero come i ragionieri di una volta, quelli con le mezze lenti e la vecchia divisumma olivetti: contassero uno a uno i titoli fasulli. Non è questa la regola della partita doppia alla base del capitalismo? Oppure quando fa comodo il capitalismo cambia le sue regole? Quindi si rimboccassero le (mezze) maniche e cominciassero a individuare, registrare, tracciare, identificare, contare e sommare invece di pensare alle iniezioni di liquidità stampando carta moneta.
Certo, si può anche andare tutti dalla premiata tipografia Giuseppe Lo Turco (quella del film di Totò, La Banda degli Onesti) e farci stampare nottetempo una montagna di soldi. E' apparentemente la soluzione più semplice e immediata, ma bisogna sapere quali saranno le conseguenze. Alla fine i soldi scarseggeranno comunque, e nonostante il controllo dei tassi monetari anche il credito scarseggerà, perché la massa del credito in circolazione è costituita da moneyness, cioè titoli e diritti di credito come bond, derivati, titoli fungibili e crediti cartolarizzati che hanno alcuni attributi tipici del denaro (incorporazione del valore, trasferibilità, ecc..) senza esserlo, né poterlo mai diventare.
A meno non si voglia dar credito a quanto ipotizzato da Alan Greenspan, il quale dopo essersi squalificato come banchiere centrale e guru della grande finanza (tanto da aver dovuto fare mea culpa davanti al Congresso), per guadagnarsi credibilità come analista della crisi ha ora elaborato una specie di teoria dell'osmosi inversa applicata all'economia. Sostiene che invece di partire dalla individuazione dei titoli tossici, il processo potrebbe trovare da solo una soluzione inversa allorquando le realtà sottostanti (n.d.r. ammesso ce ne siano, sich!) passata l'ondata di deflazione dei prezzi immobiliari, troveranno definizione. Questo a suo dire stabilizzerà il valore dei titoli immobiliari che sorreggono i mutui, i quali a loro volta ridaranno sostanza alle cartolarizzazioni e infine a tutti i derivati legati ai titoli cartolarizzati. Bello, bellissimo, mitico, un colpo di genio!
Ma alt, un momento, questo mi ricorda qualcosa... Certo, mi ricorda in qualche modo la formula di Merton, il modellino che eliminava il rischio come variabile nel conteggio del prezzo delle opzioni utilizzando la funzione di tempo continuo infinito (il cosiddetto continuous-time finance) come uno stratagemma per far sì che in qualsiasi momento la determinazione di un prezzo fosse inutile in quanto già corrispondente al passato. Tutti dissero: questo signori è un genio! In effetti, usando la formula di Merton si poteva costruire un portafoglio virtualmente privo di rischi. Ma non è forse proprio questa la teoria alla base anche dell'enorme sviluppo globale del mercato dei derivati? E s'è visto com'è andata a finire.
Se poi si pensa al fatto che chi avanza la teoria in questione è un ex-banchiere centrale come Greenspan, allora diventa la cazzata del secolo e chi la sostiene è un asino, perché significa sperare che il Tus (il Tasso ufficiale di sconto, cioè il costo del denaro) stia fermo e praticamente pari a zero per tre o quattr'anni. Allora tanto vale prendere la paletta e il secchiello Geithner e darsi da fare a spalare.
Non so di quali elementi disponga Alan Greenspan nè come voglia sostenere in dettaglio la sua tesi, ma a questo punto non mi stupirei più di nulla. Merton era arrivato alla sua partendo da Achille e la tartaruga di Zenone e applicando gli algoritmi complessi usati per definire la posizione e la velocità dei vettori spaziali. La follia totale! Aveva frazionato la vita di un titolo infinite volte in modo da trasformare la sua valutazione in una funzione continua che sfuggiva alla volatilità dei mercati e poter così sostenere alla fine che il rischio era azzerato. Forse avrebbe fatto bene a calcolare anche la velocità e la traiettoria di rientro del suo razzo, visto ch'è tornato indietro come un boomerang.
La verità è che tutte queste belle favolette hanno finito per creare un mercato dove più c'è negoziazione più c'è, o si pensava vi fosse, aumento di garanzia, stabilità, diminuzione di rischi, crescita economica e ricchezza, trasformando tutto in una contrattazione continua, in un vorticoso giro di compravendite senza contabilità o riscontro, e con l'unica garanzia (implicita) del movimento dei titoli stessi.
Una storiella yiddish racconta con sottile e pungente umorismo più o meno la stessa cosa. Un tale si reca un giorno da un ricco commerciante ebreo per comprare all'ingrosso una partita di 1000 confezioni di tonno in scatola. Dopo una settimana però torna a reclamare, sostenendo di essere stato truffato. Il commerciante allora, protestando la sua specchiata onestà, gli chiede meravigliato: -Forse che le confezioni non erano di tonno in scatola, come richiesto? E l'uomo deve ammettere: -No, erano effettivamente di tonno in scatola, su questo non si discute. Il commerciante sempre più sconcertato insiste: -Forse che non erano esattamente mille, come richiesto? Ancora una volta l'uomo è costretto ad annuire: -No, erano giusto mille, nè una di più nè una di meno. Il commerciante, allora, spazientito sbotta: -Ma si può sapere, dunque, qual è il benedetto problema!? -Il problema è -replica l'acquirente- che le ho aperte e... sono tutte guaste!! Il commerciante a questo punto sorride divertito e dice: -Ma allora, amico mio, si spiega tutto! Quelle non sono mica da mangiare, sono da comprare-vendere, comprare-vendere, comprare-vendere...
Ecco come stanno oggi le cose, i fatidici derivati, gli Mbs (mortgage backed securities), questo hanno fatto, hanno comprato-venduto, comprato-venduto fino a scaricare su qualcun altro l'insolvibilità sottostante. Ed è questo che ha poi innescato tutto il processo distruttivo di massa. Il sistema funziona infatti solo se (o fino a quando) nessuno apre le scatolette di tonno. Tutto il mondo dei derivati è una realtà che vive di cosiddetto “leverage”, cioè di soldi inesistenti a prestito Non appena le banche, già appesantite di proprio, cominciato a chiedere di rientrare (quello che in termine tecnico si dice margin calls) si scopre che dietro a tutto c'è solo un mucchio di tonno guasto! Ma a quel punto c'è poco da fare, perché i mercati, drogati di numeri, chiedono di essere nutriti con quantità sempre maggiori di cifre da masticare, digerire e risputare... fino -si spera- all'avvelenamento da avidità, ingordigia e... tonno marcio!
(D*)

2 commenti:

  1. il video? una chicca.....la storiella? tanto storiella non mi pare.... speriamo cha gli vada di traverso a loro..il tonno marcio....e credo ..invece... che dovremmo sapere tutti come stanno le cose....e credere meno alle favole.... poi non so ..la gente... cosa predilige.... ciaoR.

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  2. La prima cosa da fare per cambiare le cose è conoscerle. Bisogna informarsi, sapere, imparare. La conoscenza è un'arma potente, che non si può controllare nè fermare. Ed è anche quella che alla fine riesce a cambiare le cose, per il singolo e per la collettività.
    Ciao, D.

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