La mediocridad es una costante

La mediocridad es una constante en el diario vivir de la mayoría. Aquí y en Constantinopla.
Pero ya que no me consta cómo es la mediocridad que constantinopoliza a los constantinopolitanos (y no es trabalenguas), me refiero expresamente a la mediocridad que colombianiza a los colombianos (yo mismo incluido, por supuesto), y que pareciera hacer parte de nuestra idiosincrasia.
No se trata, ojalá así fuera, de la "aurea mediocritas" (la dulce mediocridad) del poeta Horacio, o sea, esa dorada medianía y saludable moderación que nace del principio de que la virtud está en el medio, sino de la mediocridad en el sentido peyorativo de la palabra, que es como siempre se ha entendido. Basta mirar la gente, examinar sus caras y sus andares, someter a escrutinio sus actitudes, el resultado de sus trabajos, y ahí está en un rincón, como un gato adormilado, la mediocridad.
Indisciplina personal y social. Atonía vital. Indefinición, desgana, falta de vigor. Hacer las cosas a medias. O dejar las cosas a medio hacer, que no es lo mismo. Atávica resignación. No exigirse. Cumplir por cumplir. La perfección es un embeleco. Entusiasmos fáciles y extemporáneos, de un día. Mejor no meneallo. ¿Adónde va Vicente? Adonde va la gente.
Con pocas excepciones, que confirman la regla, es aterradora la mediocridad circundante. Los jóvenes se encuentran instalados en una desesperante medianía que a la larga terminará acompañándolos en todas las épocas de la vida. Sin ideales, con una rebeldía adormecida por el "rock" y las modas gringas o los "reguetones" advenedizos. Sin sentido de patria. ¿Colombia? Y eso qué es. Sufriendo a regañadientes un bachillerato que apenas los barniza con una cultura impersonal y vaga, para luego rodar por la pendiente imparable de una existencia desleída en el desencanto.
Universitarios por inercia. Profesionales porque no hay otro camino que escoger. A la postre, ya hechos humo los sueños y las ilusiones, anclados irremediablemente en la mediocridad. Trabajando para justificar un sueldo; mientras menos exigidos, mejor. Cobrando para mercar. Mercando para no morirse de hambre, aunque el alma se esté muriendo de tedio. O de risa. Envejeciendo prematuramente para que nos jubilen o porque ya nos jubilaron. Pareciera que los únicos que toman la cosa en serio, hasta el fondo, sin mediocridades, son los niños. Y los muertos, claro.
Asfixiante mediocridad en los puestos públicos. Burocracia, papeleos, demoras, incumplimiento, corrupción. Puestos públicos para ocupar, no para hacer algo. Puestos honoríficos para figurar, para hacer una "carrera fulgurante". La efectividad, la eficiencia, es lo de menos. Eso sí, hay que ser ejecutivos. Mucho ruido y pocas nueces. Venga la semana entrante. El doctor está en junta. Llame más tarde o, si ni siquiera contesta la operadora (¡manes del progreso!), resígnese a escuchar en la línea telefónica la misma musiquita y los persistentes mensajes institucionales o de una publicidad subrepticia que acaban produciendo el efecto contrario del buscado.¿Control de calidad? Eso es en teoría, en los títulos de los libros de mercadeo y administración, en la voz dolarizada de los expertos traídos de Estados Unidos a dar conferencias. No, mijo, haga lo que pueda, termine eso como sea, lo importante es cumplir a como dé. Tape y coma callado. Que se quejen después, que vengan los reclamos cuando ya no hay nada que hacer. No importa, para eso están la justicia y los fallos sempiternamente inconclusos.
La mediocridad no admite escrúpulos, téngalo como una norma. Ni tampoco remordimientos. Después de todo, la desfachatez de los mediocres que mandan, producen y conducen, cuenta para sus desafueros con la resignación de los mediocres que tienen que obedecer, consumir productos y dejarse guiar como borregos. No se olvide: perro no come perro. Mediocre no come mediocre. Mediocridad rampante y mediocridad envolvente. Lo que nada nos cuesta, hagámoslo fiesta. No se apure.
Nada de eso de que no dejes para mañana lo que puedas hacer hoy. Para el mediocre es distinto: lo que puedas hacer hoy, déjalo para mañana. Ya habrá tiempo. Tranquilo, no se preocupe. No, hombre, no es para tanto. Y quedamos agotados de tanto hacer nada. Entiéndase bien: no es no hacer nada, sino hacer nada, en positivo, a ciencia y conciencia. Y para resarcirse de esa dejadez que ocasiona la mediocridad, pues hay que descansar, dormir hasta tarde, tomar vacaciones largas. Tampoco se va a matar uno, ¿no? ¡Que viva eso que llaman mediocridad! Con razón estamos como estamos.

Ernesto Ochoa Moreno


La mediocrità è una costante nella vita quotidiana della maggioranza. Qui come a Costantinopoli.
Ma poiché non sono a conoscenza di com'è la mediocrità che constantinopolizza i constantinopolitani (e non vuol essere uno scioglilingua), mi riferisco qui espressamente alla mediocrità che colombianizza i colombiani (me stesso compreso, ovviamente) e che sembrerebbe far parte della nostra idiosincrasia.
Non si tratta, magari fosse così, della "aurea mediocritas", (la dolce mediocrità) del poeta Orazio, cioè quella dorata mediocrità e quella salutare moderazione che nascono dal principio che vuole la virtù stia nel mezzo, bensì si tratta della mediocrità nel senso più spregiativo della parola, quello cioè nel quale s'è sempre intesa. Basta guardare la gente, le loro facce e la loro andatura, scrutare attentamente i loro atteggiamenti, il risultato dei loro lavori, ed ecco che lì se ne sta in un angolo, come un gatto insonnolito, la mediocrità.
Indisciplina personale e sociale. Atonia vitale. Indifferenza, svogliatezza, mancanza di volontà. Fare a metà le cose. O lasciare le cose fatte a metà, che non è la stessa cosa. Atavica rassegnazione. Non farsi mai domande. Fare le cose tanto per fare. La perfezione vista come un miraggio. Entusiasmi facili ed estemporanei, quelli che durano un solo giorno. Non agitare mai le acque. "Dove va Vicente?" Dove vanno tutti.
Con poche eccezioni che confermano la regola, la mediocrità che ci circonda è terrificante. I giovani si sentono relegati in un'esasperante mediocrità che alla lunga finirà per accompagnarli in tutte le fasi della loro vita. Senza ideali e con una disubbidienza assobita dal "rock" e dalle mode straniere o dai "reguetones" arricchiti. Senza sentimento patrio. "La Colombia? E quella che è." Sopportando malvolentieri un liceo che gli dà appena una verniciata di cultura impersonale e vaga, poi rotolano giù per la china inarrestabile di un'esistenza sbiadita nella disillusione.
Universitari per inerzia. Professionisti perché non hanno altra via da scegliere. Alla fine, ormai sfumati i sogni e le illusioni, restano ancorati irrimediabilmente alla mediocrità. Lavorando solo per giustificare uno stipendio; che meno ci si fa domande, meglio è. Riscuotendo uno stipendio solo per comprare. Comprando solo per non morire di fame, benché l'anima stia morendo di tedio. O di risate. Invecchiando prematuramente perché si arrivi alla pensione o perché ci sono già, in pensione. Sembrerebbe che ormai gli unici a prendere sul serio le cose, fino in fondo e senza mediocrità, siano i bambini. E i morti, è chiaro.
L'asfissiante mediocrità nei posti pubblici. Burocrazia, pratiche, ritardi, inadempimenti, corruzione. Impieghi pubblici tanto per dare occupazione, non per fare qualcosa. Cariche onorifiche solo per far bella figura, per fare una "carriera folgorante". L'effettività, l'efficienza, non è importante. Bisogna far mostra di essere attivi, questo sì. Molto rumore e poche noci. Venga la settimana entrante. Il dottore è in riunione. Richiami più tardi o, se neanche l'operatrice risponde (il bello del progresso!), ci si deve rassegnare ad ascoltare al telefono la stessa musica e i persistenti messaggi istituzionali o di una pubblicità surrettizia che finiscono per produrre l'effetto contrario di quello voluto. Controllo di qualità? Quella è solo in teoria, nei titoli dei libri di marketing ed amministrazione, nella voce dollarizzata degli esperti portati dagli Stati Uniti a far conferenze. No, figlio mio, fa quel che puoi, finisci comunque sia, la cosa importante è fare come viene viene. Nasconditi e bruca tranquillo. Che dopo si lamentino pure, che vengano i richiami quando non c'è oramai più niente da fare. Non importa, per questo ci sono la giustizia e le sentenze eternamente incompiute.
La mediocrità non ammette scrupoli, tienilo come norma. E neanche ammette rimorsi. Dopo tutto, la sfacciataggine dei mediocri che comandano, producono e dirigono, fa affidamento per le sue prepotenze sulla rassegnazione dei mediocri che devono ubbidire, consumare prodotti e lasciarsi guidare come agnellini. Non dimenticare: cane non mangia cane. Mediocre non mangia mediocre. Mediocrità rampante e mediocrità avvolgente. A quel che niente ci costa, facciamogli festa. Non ti affliggere.
Si dice: non rimandare a domani quello che si può fare oggi, ma per il mediocre è diverso. Per il mediocre quello che si può fare oggi, è meglio lo si lasci per domani. Ci sarà tempo. Tranquillo, non si preoccupi. No, non è per tanto. E così rimaniamo esausti a furia di non far nulla. Ma intendiamoci bene: non è il non fare niente, bensì fare il niente, in positivo, con scienza e coscienza. E per rifarsi di quella stanchezza che causa la mediocrità, che poi bisogna riposare, dormire fino a tardi, prendere ferie lunghe. Non ci si può mica ammazzare, no? Viva quella che chiamano mediocrità! Non c'è da meravigliarsi che poi stiamo come stiamo.

Ernesto Ochoa Moreno

4 commenti:

  1. ce ne sono molti di mediocri, non lo discuto...ma non è tutto così... le scelte più facili portano a questo.. la " fatica" si è persa per strada perchè molti genitori hanno paura che i figli si facciano male alle mani.. ma non sono tutti così... anche se è la minoranza.. ciao R.

    RispondiElimina
  2. Il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? Mi sa che viste le proporzioni del fenomeno la teoria consola poco, qua stiamo arrivando al fondo...
    Certo, poi ci si può consolare pensando al proprio orticello, ma nessun uomo (o famiglia, o società) è un'isola. Io dico invece diamoci una mossa, inneschiamo una reazione, facciamo in modo che si crei un meccanismo emulativo, una massa critica, una reazione a catena... Facciamo in modo di non essere più "minoranza".
    Ciao, D.

    RispondiElimina
  3. "Nessun uomo è un'isola, completo in sé stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto.
    Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare, l'Europa ne sarebbe diminuita, come se le mancasse un promontorio, come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi, o la tua stessa casa.
    La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell'umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te"
    (J.Donne)

    Dovremmo essere tutti come quel pastore che piantava querce e non importa se saremo "pezzi unici" dislocati qua e là nel Mondo.
    Ognuno faccia qualcosa, perchè qualcosa cambi presto..
    E presto avvertiremo la vitale esigenza di unirci a chi è simile a noi. Alcune volte mi chiedo se siamo arrivati davvero al fondo del barile o se ce ne sia ancora da raschiare.
    A.

    RispondiElimina
  4. "Io sono un piccolo mondo abilmente fatto di elementi e di uno spirito angelico." (J. Donne)

    Siamo pezzi, tasselli di un mosaico, tessere di un puzzle. Ciascuno, con la sua forma e colore, parte di un puzzle di miliardi di pezzi.
    Il disegno è quello che insieme componiamo, nell'amore (due tasselli), nella famiglia (un po' più di tasselli), nella società (un sacco di tasselli), nel mondo (tutti i tasselli della scatola).
    Il gioco consiste nel "dare senso". Senso a tutto, perché senza senso non c'è nulla. Senso perché, come diceva John Donne, chi ama e non si propone quello che è il vero senso dell'amore, è come uno che si mette in mare al solo fine di patire la nausea.
    La nostra è una realtà "disgregata" che ha smarrito il senso. Non combaciano i pezzi, i tasselli sono sparsi, le tessere a casaccio. Dobbiamo ridare senso e valore, poi comporre il quadro sarà semplice. E il senso è in noi stessi, nella nostra "umanità". Niente leggi, religioni, ideologie, oroscopi, new-age, filosofie... ma solo questa grande grande Umanità.
    Ciao, D.

    RispondiElimina