“La verità attraversa tre fasi:
prima la si ridicolizza;
poi ci si oppone violentemente;
infine, la si accetta come ovvia.”
(Schopenhauer)
"Sulla servitù moderna" è un libro e un film documentario di 52 minuti prodotti in modo del tutto indipendente; il libro (e il DVD che contiene) è distribuito gratuitamente in alcune piazze alternative in Francia e in America Latina. Il testo è stato scritto in Giamaica nell’ottobre 2007 e il documentario è stato ultimato in Colombia nel maggio 2009. Esiste in versione francese, inglese spagnola e italiana.
L’obiettivo centrale di questo film è quello di smascherare la condizione dello schiavo moderno nel quadro del sistema totalitario mercantile e di rendere visibili le forme di mistificazione che occultano questa condizione servile. È stato realizzato con l’unico scopo di attaccare frontalmente l’organizzazione dominante del mondo.
Nell’immenso campo di battaglia della guerra civile mondiale, il linguaggio costituisce un’arma di prima scelta. Si tratta di chiamare veramente le cose con il loro nome e di far scoprire l’essenza nascosta di queste realtà tramite il modo in cui le nominiamo. La democrazia liberale è un mito perché l’organizzazione dominante del mondo non ha nulla di democratico e neanche di liberale. È quindi urgente sostituire il mito della democrazia liberale con la sua realtà concreta di sistema totalitario mercantile e di diffondere questo nuovo appellativo come una scia di polvere pronta ad incendiare le menti rivelando la natura profonda della presente dominazione.
Qualcuno spererà di trovare qui delle soluzioni o delle risposte pronte, tipo piccolo manuale “Come fare la rivoluzione?”. Non è questo il proposito del film. Qui si tratta di fare la critica esatta della società che dobbiamo combattere. Questo film è prima di tutto uno strumento militante che ha vocazione di far riflettere il più gran numero di persone e di diffondere la critica ovunque non abbia accesso. Le soluzioni, gli elementi di programma, vanno costruiti insieme. Ed è nella pratica, prima di tutto, che brillano alla luce del giorno. Non abbiamo bisogno di un guru che ci venga a spiegare come dobbiamo agire. La libertà d’azione deve essere la nostra caratteristica principale. Quelli che vogliono rimanere schiavi aspettano l’uomo provvidenziale o l’opera che basterebbe seguire alla lettera per essere più liberi. Di queste opere e uomini che si sono proposti di costituire l’avanguardia rivoluzionaria e condurre il proletariato verso la liberazione dalla sua condizione, ne abbiamo visti fin troppi nella storia del XX secolo. I risultati da incubo parlano da sé.
Tra l’altro, noi condanniamo tutte le religioni perché generatrici di illusioni che ci permettono di accettare la nostra sordida condizione di dominati e mentono o farneticano su quasi tutto. Ma condanniamo anche ogni stigmatizzazione di una religione in particolare. Gli addetti del complotto sionista o del pericolo islamista sono delle povere teste mistificate che confondono la critica radicale con l’odio e il disprezzo. Non sono capaci di produrre che fango. Se alcuni di loro si dicono rivoluzionari, è più in riferimento alle “rivoluzioni nazionali” degli anni 1930-1940 che alla vera rivoluzione liberatrice alla quale noi aspiriamo. La ricerca di un capro espiatorio in funzione della propria appartenenza religiosa o etnica è vecchia quanto la civiltà ed è solo il prodotto delle frustrazioni di quelli che cercano risposte rapide e semplici di fronte al vero male che ci opprime. Non ci può essere ambiguità sulla natura della nostra lotta. Siamo favorevoli all’emancipazione di tutta l’umanità, senza alcuna forma di discriminazione. Tutto per tutti è l’essenza del programma rivoluzionario al quale noi aderiamo.
I riferimenti che hanno ispirato questo lavoro e più in generale la mia vita sono espliciti in questo film: Diogene di Sinope, Étienne de La Boétie, Karl Marx e Guy Debord. Non li nascondo e non pretendo di aver inventato l’elettricità. Mi si riconoscerà semplicemente il merito di essere riuscito a servirmene per illuminarmi. Quanto a coloro che troveranno da ridire su questa opera perché non sufficientemente rivoluzionaria oppure troppo radicale o ancora troppo pessimista, propongano la loro visione del mondo nel quale viviamo. Più numerosi saremo a diffondere idee e più la possibilità di un cambiamento radicale potrà emergere.
La crisi economica, sociale e politica ha sancito il fallimento del sistema totalitario mercantile. Una breccia è aperta. Si tratta ora di infilarcisi senza paura, ma in modo strategico. Bisogna però agire velocemente perché il potere, perfettamente informato sullo stato della radicalizzazione della contestazione, prepara un attacco preventivo senza paragoni con quello che abbiamo conosciuto finora. L’urgenza dei tempi ci impone quindi l’unità piuttosto che la divisione, perché ciò che ci unisce è molto più profondo di ciò che ci divide. È sempre molto facile criticare quello che fanno le organizzazioni, gli individui o i vari gruppi che invocano la rivoluzione sociale. Ma in realtà, queste critiche partecipano della volontà di immobilismo che cerca di convincerci che niente è possibile. Non dobbiamo sbagliare nemico. Le vecchie guerre intestine in campo rivoluzionario devono lasciar posto all’unità di azione di tutte le nostre forze. Dobbiamo dubitare di tutto, persino del dubbio.
Il testo e il film sono liberi di diritti, possono essere copiati, diffusi, proiettati senza alcun limite. Sono totalmente gratuiti e non possono in nessun caso essere venduti o commercializzati sotto qualunque forma. Sarebbe per lo meno incoerente proporre una merce che avrebbe per vocazione di criticare l’onnipresenza della merce. La lotta contro la proprietà privata, intellettuale o altro, è la nostra forza d’urto contro la dominazione attuale.
Questo film, diffuso fuori da ogni circuito legale o commerciale, può esistere soltanto grazie al sostegno delle persone che ne organizzano la diffusione o la proiezione. Non appartiene a noi, appartiene a tutti coloro che vorranno prenderlo per gettarlo fra le fiamme dei combattimenti.
“ Toda verdad atraviesa tres estadios:
en primer lugar se le ridiculiza;
en segundo lugar se le oponen violentamente;
finalmente se le acepta como si fuese una evidencia.”
Schopenhauer
"De la servidumbre moderna" es un libro y un documental de 52 minutos producidos de manera totalmente independiente; el libro (y el DVD que contiene) es distribuido gratuitamente en algunos sitios alternativos de Francia y de América Latina. El texto fue creado en Jamaica en octubre de 2007 y el documental fue terminado en Colombia en Mayo de 2009. Existe de él una versión en francés, en inglés y en español.
El objetivo central de esta película es poner al día la condición del esclavo moderno en el marco del sistema totalitario mercantil y dar a conocer las formas de mistificación que ocultan esta condición servil. Fue concebida bajo la única intención de atacar de frente la organización dominante del mundo.
En el inmenso campo de batalla de la guerra civil mundial, el lenguaje constituye una de nuestras armas. La intención es llamar las cosas por su nombre y revelar la esencia escondida de la realidad a través de la manera como es llamada. La democracia liberal, por ejemplo, es un mito ya que la organización dominante del mundo no tiene nada de democrático ni de liberal. Es, entonces, urgente sustituir el mito de la democracia liberal por su realidad concreta de sistema totalitario mercantil; se trata de divulgar esta nueva expresión a modo de una línea de pólvora dispuesta a incendiar las mentes con el desenmascaramiento de la naturaleza profunda de la dominación presente.
Algunos querrán encontrar aquí soluciones o respuestas preconcebidas del género “¿Cómo hacer la revolución?”. Este no es el propósito de esta película. Se trata más bien de hacer la crítica precisa de la sociedad a la que debemos combatir. Esta película es ante todo una herramienta militante cuyo propósito es hacer que la mayoría se cuestione y que la crítica se propague allí donde no tiene acceso. Las soluciones y los elementos del programa debemos construirlos juntos a través de la práctica. No necesitamos un gurú que venga a explicarnos cómo debemos actuar: la libertad de acción debe ser nuestro rasgo característico. Quienes desean continuar siendo esclavos esperan su mesías o la obra que bastaría seguir al pie de la letra para lograr ser libre. Ya hemos visto muchas de esas obras o de esos hombres en la historia del siglo XX que se propusieron constituir la vanguardia revolucionaria y conducir al proletariado hacia la liberación de su condición; los resultados de esa pesadilla hablan por sí mismos.
Por otro lado, condenamos todas las religiones ya que son generadoras de ilusiones que nos invitan a aceptar nuestra sórdida condición de dominados y nos mienten o des-racionalizan casi todo. Pero también condenamos toda estigmatización de cualquier religión en particular. Los adeptos del complot sionista o del peligro islamista son mentes mistificadas que confunden la crítica radical con el odio y el desdén. Solo son capaces de producir lodo. Si algunos de ellos se llaman revolucionarios es más con respecto a las revoluciones nacionales de los años 1930 – 1940 que con respecto a la verdadera revolución liberadora a la que aspiramos. La búsqueda de un chivo expiatorio, en función de su religión o de su pertenencia étnica, es vieja como la civilización y no es más que el producto de las frustraciones de aquellos que buscan respuestas rápidas y simples para el mal que nos agobia. No puede haber ambigüedad en la naturaleza de nuestra lucha. Estamos de parte de la emancipación de la humanidad entera, y en contra de toda forma de discriminación. Todo para todos es la esencia del programa revolucionario al que nosotros adherimos.
Las referencias que inspiraron este trabajo, y en general mi vida, están explícitas en esta película: Diógenes de Sinope, Etienne de la Boétie, Karl Marx y Guy Debord. No las escondo ni pretendo haber descubierto que el agua moja. Se me reconocerá simplemente el mérito de haberme servido de ella para limpiarme de la propaganda del sistema.
Aquellos que dirán que esta obra no es lo suficientemente revolucionaria o realmente radical o incluso una incitación a la violencia, que propongan su propia visión del mundo en el que vivimos. Entre más difundamos estas ideas, más podrá surgir la posibilidad de un cambio radical.
La crisis económica, social y política ha revelado el fracaso patente del sistema totalitario mercantil. Una brecha se ha abierto. Ahora se trata de atreverse (lanzarse) sin miedo pero de manera estratégica. Sin embargo hay que reaccionar rápidamente ya que el poder, perfectamente informado sobre el estado de la radicalización de las contestaciones, prepara un ataque preventivo sin precedentes. La urgencia de los tiempos nos impone la unidad más que la división ya que lo que nos une es más profundo que lo que nos separa. Es siempre muy cómodo criticar lo que hacen las organizaciones, los individuos o los diferentes grupos inspirados por la revolución social, pero, en realidad, estas críticas provienen de la voluntad inmovilista que intenta convencernos de que nada es posible. No hay que equivocarse de enemigo. Las viejas discusiones bizantinas en el campo revolucionario deben dar lugar a la unidad de acción de todas nuestras fuerzas. Hay que dudar de todo, incluso de la duda.
El texto y la película están libres de derechos, y pueden ser copiados, difundidos y proyectados sin la menor duda. Son además gratuitos y no pueden ser vendidos ni comercializados bajo ninguna circunstancia. Sería incoherente proponer una crítica de la omnipresencia de las mercancías con otra mercancía. La lucha contra la propiedad privada, intelectual u otra, es nuestra fuerza de ataque contra la dominación presente.
Esta película, difundida por fuera de cualquier circuito legal o comercial, no puede existir sin el apoyo de las personas que organizan la difusión o la proyección. No nos pertenece, pertenece a quienes quieran tomarlo para lanzarlo a la línea de fuego.
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"Mi optimismo está basado en la certeza de que esta civilización está por derrumbarse. Mi pesimismo, en todo lo que hace por arrastrarnos en su caída."
I. La servidumbre voluntaria
“Es el mal de estos tiempos, los locos guían a los ciegos.”
(William Shakespeare)
La servidumbre moderna es una esclavitud voluntaria, consentida por la muchedumbre de esclavos que se arrastran por la faz de la tierra. Ellos mismos compran las mercancías que los esclavizan cada vez más. Ellos mismos procuran un trabajo cada vez más alienante que se les otorga si demuestran estar suficientemente amansados. Ellos mismos eligen los amos a quienes deberán servir. Para que esta tragedia absurda pueda tener lugar, ha sido necesario despojar a esa clase de la conciencia de su explotación y de su alienación. He ahí la extraña modernidad de nuestra época. Al igual que los esclavos de la antigüedad, que los siervos de la Edad Media y que los obreros de las primeras revoluciones industriales, estamos hoy en día frente a una clase totalmente esclavizada, solo que no lo sabe o más bien, no lo quiere saber. Ellos ignoran la rebelión, que debería ser la única reacción legitima de los explotados. Aceptan sin discutir la vida lamentable que se planeó para ellos. La renuncia y la resignación son la fuente de su desgracia.
He ahí la pesadilla de los esclavos modernos que no aspiran sino a ser llevados por la danza macabra del sistema de la alienación.
La opresión se moderniza expandiendo por todas partes las formas de mistificación que permiten ocultar nuestra condición de esclavos.
Mostrar la realidad tal como es y no tal como la presenta el poder, constituye la subversión más genuina.
Sólo la verdad es revolucionaria.
II. La planeación territorial y la vivienda
“El urbanismo es esta toma de posesión del medio ambiente natural y humano por el capitalismo que, desarrollándose lógicamente como dominación absoluta, puede y debe ahora rehacer la totalidad del espacio como su propio decorado.”
(Guy Debord, La Sociedad del Espectaculo)
A medida que construyen su mundo con la fuerza alienada de su trabajo, el decorado de este mundo se vuelve la cárcel donde tendrán que vivir. Un mundo sórdido, sin sabor ni olor, que lleva en sí la miseria del modo de producción dominante.
Este decorado está en permanente construcción, nada en él es constante. La remodelación continua del espacio que nos rodea está justificada por la amnesia generalizada y la inseguridad con las que tienen que vivir sus habitantes. Se trata de cambiarlo todo a la imagen del sistema: el mundo se vuelve como una fábrica, cada vez más sucio y ruidoso.
Cada parcela de este mundo es propiedad de un Estado o de un particular. Este robo social que es la apropiación exclusiva de la tierra se materializa en la omnipresencia de los muros, de las rejas, de las cercas, de las barreras y de las fronteras. Son las marcas visibles de esa separación que lo invade todo.
Pero al mismo tiempo, la unificación del espacio, según los intereses de la cultura mercantil, es el gran objetivo de nuestra triste época. El mundo debe convertirse en una inmensa autopista, absolutamente eficiente, para facilitar el transporte de las mercancías. Todo obstáculo, natural o humano, debe ser destruido.
La concentración inhumana de esa masa de esclavos es fiel reflejo de su vida: se asemeja a las jaulas, a las cárceles, a las cavernas. Pero a diferencia del esclavo o del prisionero, el explotado de la época moderna debe pagar por su jaula.
“Pues no es el hombre sino el mundo el que se ha vuelto anormal.”
(Antonin Artaud)
III. La mercancía
“A primera vista, una mercancía parece ser una cosa trivial, de comprensión inmediata. Su análisis demuestra que es un objeto endemoniado, rico en sutilezas metafísicas y reticencias teológicas.”
(Karl Marx, El Capital, capítulo I°, libro IV°)
En este estrecho y lúgubre espacio en donde vive, el esclavo acumula las mercancías, que según los mensajes publicitarios omnipresentes, deberán traerle la felicidad y la plenitud. Pero entre más acumula mercancías, más se aleja de él la posibilidad de acceder un día a la felicidad.
“De qué le sirve al hombre poseerlo todo, si a cambio pierde su alma.”
El Evangelio según San Marcos 8, 36.
La mercancía, ideológica por esencia, despoja de su trabajo al que la produce y despoja de su vida al que la consume. En el sistema económico dominante, ya no es la demanda la que condiciona la oferta, sino la oferta la que determina la demanda. Es así como, de manera periódica, surgen nuevas necesidades consideradas vitales por la inmensa mayoría de la población: primero fue el radio, luego el carro, el televisor, el computador y ahora el celular.
Todas estas mercancías, distribuidas masivamente en un corto lapso de tiempo, modifican en profundidad las relaciones humanas: sirven por un lado para aislar a los hombres un poco más de sus semejantes y por otro, para difundir los mensajes dominantes del sistema.
“Las cosas que poseemos terminan por poseernos.”
IV. La alimentación
“Lo que es comida para unos, es veneno para otros.”
(Paracelso)
Pero es cuando se alimenta que el esclavo moderno ilustra mejor el estado de decadencia en que se encuentra. Disponiendo cada vez de menos tiempo para preparar la comida que ingiere, se ve reducido a consumir a la carrera lo que la industria agroquímica produce. Erra por los supermercados en busca de los ersatz que la sociedad de la falsa abundancia consiente en darle. Su elección no es más que una ilusión. La abundancia de los productos alimentarios no disimula sino su degradación y su falsificación. No son otra cosa que organismos genéticamente modificados, una mezcla de colorantes y conservantes, de pesticidas, de hormonas y de otros tantos inventos de la modernidad. El placer inmediato es la regla del modo de alimentación dominante, así como la de todas las formas de consumo. Y las consecuencias que ilustran esta manera de alimentarse se ven por todas partes.
Pero es frente a la indigencia de la mayoría que el hombre occidental se regocija de su posición y de su consumo frenético. Por tanto, la miseria está dondequiera que reine la sociedad mercantil totalitaria. La escasez es el revés de la moneda de la falsa abundancia. Aunque la producción agroquímica es suficiente para alimentar a la totalidad de la población, en un sistema que hace de la desigualdad un criterio de progreso, el hambre no deberá desaparecer jamás.
“Ellos están convencidos de que el hombre, especie pecadora por excelencia, domina la creación. Como si todas las demás criaturas no hubieran sido creadas sino para servirles de comida, de pieles, para ser martirizadas y exterminadas.”
Isaac Bashevis Singer
La otra consecuencia de la falsa abundancia alimentaria es la multiplicación de las fábricas de concentración y el exterminio bárbaro y a gran escala de las especies que sirven para alimentar a los esclavos. Esta es la esencia misma del modo de producción dominante. La vida y la humanidad no resisten más ante el afán de lucro de unos cuantos.
V. La destrucción del medio ambiente
“Qué triste es pensar que la naturaleza habla y que el género humano no la escucha.”
(Victor Hugo)
El pillaje de los recursos del planeta, la abundante producción de energía o de mercancías, los residuos y los desechos del consumo ostentoso hipotecan las posibilidades de supervivencia de nuestra tierra y de las especies que la pueblan. Pero para darle paso al capitalismo salvaje, el crecimiento no deberá parar jamás. Hay que producir, producir y volver a producir cada vez más.
Y son los mismos que contaminan quienes se presentan hoy en día como los salvadores del planeta. Esos imbéciles de la industria del espectáculo, patrocinados por las firmas multinacionales, intentan convencernos de que un simple cambio en nuestros hábitos bastará para salvar al planeta del desastre. Y mientras que nos culpan, continúan contaminando sin cesar el medio ambiente y nuestro espíritu. Esas pobres tesis seudo-ecológicas son repetidas por todos los políticos corruptos que necesitan eslóganes publicitarios. Pero se cuidan bien de no proponer un cambio radical en el sistema de producción. Se trata, como siempre, de cambiar algunos detalles para que lo esencial siga siendo igual.
VI. El trabajo
“Trabajo, del latín tri palium “tres palos”, instrumento de tortura.”
Para entrar en la ronda del consumo frenético, hay que tener dinero y para tenerlo, hay que trabajar, es decir, venderse. El sistema dominante ha hecho del trabajo su principal valor, y los esclavos deben trabajar cada vez más para pagar a crédito su vida miserable. Se agotan en el trabajo, pierden con él la mayor parte de su fuerza vital y tienen que soportar las peores humillaciones. Pasan toda su vida haciendo una actividad extenuante y molesta para el beneficio de unos cuantos. La invención del desempleo moderno tiene como propósito asustarlos y hacerles agradecer sin cesar la generosidad del poder.
¿Qué harían sin esta tortura que es el trabajo? Son estas actividades alienantes las que nos presentan como una liberación. ¡Qué mezquindad y qué desdicha!
Siempre apresurado por el cronómetro o el látigo, cada gesto de los esclavos está calculado a fin de aumentar la productividad. La organización científica del trabajo constituye la esencia misma de la desposesión de los trabajadores, del fruto de su trabajo y del tiempo que pasan en la producción automática de las mercancías o de los servicios. La actividad del trabajador se confunde con el de una máquina en las fábricas, o con el de un computador en las oficinas. El tiempo pagado no se recupera jamás.
De esta manera, a cada empleado se le asigna un trabajo repetitivo, ya sea intelectual o físico. Él es un especialista en su área de producción. Esta especialización se reproduce a escala planetaria en el marco de la división internacional del trabajo. Se concibe en Occidente, se produce en Asía, se muere en África.
VII. La colonización de todos los sectores de la vida
“El hombre entero está condicionado al comportamiento productivo por la organización del trabajo, y fuera de la fábrica, mantiene la misma piel y la misma cabeza.”
Christophe Dejours
A medida que el sistema de producción coloniza todos los sectores de la vida, el esclavo moderno, no conforme con su servidumbre en el trabajo, sigue desperdiciando su tiempo en las actividades de esparcimiento y las vacaciones planificadas. Ningún momento de su vida escapa al dominio del sistema. Cada instante de su vida ha sido invadido. Es un esclavo de tiempo completo.
VIII. la medicina mercantil
“La medicina hace morir más lentamente.”
(Plutarco)
La degradación generalizada de su medio ambiente, del aire que respira, y de la comida que consume; el stress de sus condiciones laborales y de la totalidad de su vida social son el origen de las nuevas enfermedades del esclavo moderno. Su condición servil es una enfermedad para la cual no existirá jamás ninguna medicina. Sólo la completa liberación de la condición en la que se encuentra, puede permitirle al esclavo moderno reponerse de su sufrimiento.
La medicina occidental no conoce sino un remedio contra los males que sufren los esclavos modernos: la mutilación. Es a base de cirugías, de antibióticos o de quimioterapia que se trata a los pacientes de la medicina mercantil. Nunca se ataca el origen del mal sino sus consecuencias, porque la búsqueda de las causas nos conduciría inevitablemente a la condenación implacable de la organización social en su totalidad.
Así como el sistema actual ha convertido cada elemento de nuestro mundo en una simple mercancía, también ha hecho de nuestro cuerpo una mercancía, un objeto de estudio y experimentación para los seudo-sabios de la medicina mercantil y de la biología molecular. Los amos del mundo ya están a punto de patentar todo lo viviente. La secuencia completa del ADN del genoma humano es el punto de partida de una nueva estrategia puesta en marcha por el poder. La decodificación genética no tiene otra finalidad que la de ampliar considerablemente las formas de dominación y de control.
Como tantas otras cosas, nuestro cuerpo ya no nos pertenece.
IX. la obediencia como segunda naturaleza
“A fuerza de obedecer se obtienen reflejos de sumisión.”
(Anónimo)
Lo mejor de su vida se le escurre por los dedos, pero él continúa porque tiene la costumbre de obedecer desde siempre. La obediencia se ha convertido en su segunda naturaleza. Obedece sin saber por qué, simplemente porque sabe que tiene que obedecer. Obedecer, producir y consumir, he ahí el tríptico que domina su vida. Obedece a sus padres, a sus profesores y a sus patrones, a sus propietarios y a sus mercaderes. Obedece a la ley y a las fuerzas del orden, obedece a todos los poderes porque no sabe hacer otra cosa. No hay nada que lo asuste más que la desobediencia, porque la desobediencia es el riesgo, la aventura, el cambio. Así como el niño entra en pánico apenas pierde de vista a sus padres, el esclavo moderno se siente desorientado sin el poder que lo ha creado. Por eso, continúa obedeciendo.
El miedo ha hecho de nosotros unos esclavos y nos mantiene en esa condición. Nos inclinamos ante los amos del mundo; aceptamos esta vida de humillaciones y de miseria, solamente por temor.
Sin embargo, nosotros disponemos de la fuerza numérica frente a la minoría que gobierna. Su fuerza no la obtienen de su policía sino de nuestro consentimiento. Justificamos nuestra cobardía al enfrentamiento legítimo contra las fuerzas que nos oprimen con un discurso lleno de humanismo moralizador. El rechazo a la violencia revolucionaria está anclado en los espíritus de aquellos que se oponen al sistema defendiendo unos valores que el mismo sistema les ha enseñado.
Pero cuando se trata de conservar su hegemonía, el poder no vacila nunca en utilizar la violencia.
X. Represión y vigilancia
“Bajo un gobierno que aprisiona injustamente, el lugar del hombre justo es también en prisión.”
(Henry David Thoreau, La Desobediencia Civil)
Sin embargo, existen algunos individuos que escapan al control de las conciencias, pero están bajo vigilancia. Todo acto de rebelión o de resistencia es asimilado como una actividad desviada o terrorista. La libertad no existe sino para aquellos que defienden los imperativos mercantiles. A partir de ahora, la verdadera oposición al sistema dominante es totalmente clandestina. Contra esos opositores, la represión es la regla vigente. Y el silencio de la mayoría de los esclavos frente a esta represión es justificada por el propósito mediático y político de negar el conflicto que existe en la sociedad real.
XI. El dinero
“Y aquello que hicimos antes por el amor de Dios, lo hacemos ahora por el amor al dinero, es decir, por amor a aquello que da la sensación más elevada de poder y la buena conciencia.”
(Aurora, F. W. Nietzsche)
Como todos los seres oprimidos de la historia, el esclavo moderno necesita de su mística y de su dios para anestesiar el mal que le atormenta y el sufrimiento que le agobia. Pero este nuevo dios, a quien entregó su alma, no es más que la nada. Un trozo de papel, un número que tiene sentido solo porque todos han decidido dárselo. Es por este nuevo dios que estudia, trabaja, riñe y se vende. Es por este nuevo dios que ha abandonado sus valores y está dispuesto a hacer lo que sea. Él cree que entre más plata posea más se librará de la coacción que lo sujeta. Como si la posesión fuera de la mano de la libertad. La liberación es una ascesis que proviene del dominio de sí mismo; un deseo y una voluntad de actuar. Está en el ser y no en el tener. Pero hay que decidirse a no servir ni obedecer más. Falta ser capaz de romper con unos hábitos que nadie, al parecer, osa poner en tela de juicio.
XII. No hay alternativa a la organización social dominante
Acta est fabula
(El juego terminó)
Ahora bien, el esclavo moderno está convencido de que no existe alternativa a la organización del mundo presente. Se ha resignado a esta vida porque piensa que no puede haber otra. Es ahí en donde reside la fuerza de la dominación presente: hacer creer que este sistema que ha colonizado toda la superficie de la Tierra es el fin de la historia. Ha convencido a la clase dominada que adaptarse a su ideología equivale a adaptarse al mundo tal como es y tal como ha sido siempre. Soñar con otro mundo se ha convertido en un crimen condenado al unísono por los medios y por todos los poderes. El criminal es en realidad aquel que contribuye, consciente o no, a la demencia de la organización social dominante. No hay locura más grande que la del sistema presente.
XIII. La imagen
“Pero, sabed, oh rey, que no adoraremos a tus dioses ni nos arrodillaremos ante la imagen de oro.”
(Antiguo Testamento, Daniel 3 :18)
Ante la devastación del mundo real, es necesario para el sistema colonizar la conciencia de los esclavos. Es por eso que el sistema dominante ha decidido enfocarse en la disuasión que, desde la más pequeña edad, cumple el papel preponderante en la formación de los esclavos. Ellos deben olvidar su condición servil, su prisión y su vida miserable. Basta con ver esa muchedumbre hipnótica, conectada a las pantallas que acompañan su vida cotidiana. Ellos disfrazan su insatisfacción permanente con el reflejo manipulado de una vida soñada, hecha de dinero, de gloria y de aventura. Pero sus sueños son tan lamentables como su vida miserable.
Hay imágenes para todo y para todos. Esas imágenes llevan en sí el mensaje ideológico de la sociedad moderna y sirven de instrumento de unificación y de propaganda. Se multiplican a medida que el hombre es despojado de su mundo y de su vida. Es el niño el primer blanco de esas imágenes. Hay que volverlos estúpidos y extirparles toda forma de reflexión y de crítica. Todo ello se hace, claro está, con la desconcertante complicidad de sus padres, quienes han desistido ante el impacto de los medios modernos de comunicación. Ellos mismos compran todas las mercancías necesarias para la esclavización de su progenie. Se desentienden de la educación de sus hijos y se la dejan al sistema del embrutecimiento y de la mediocridad.
Hay imágenes para todas las edades y para todas las clases sociales. Los esclavos modernos confunden esas imágenes con la cultura y, a veces, con el arte. Se recurre constantemente a los instintos más bajos para vender cualquier mercancía. Y es la mujer, doblemente esclava en la sociedad presente, la que paga el precio más alto.
Ella es presentada como simple objeto de consumo. La rebelión ha sido también reducida a una imagen desprovista de su potencial subversivo. La imagen sigue siendo la forma de comunicación más directa y más eficaz: crea modelos, embrutece a las masas, les miente, les infunde frustraciones y les insufla la ideología mercantil. Se trata, pues, una vez más y como siempre, del mismo objetivo: vender, modelos de vida o productos, comportamientos o mercancías, vender no importa qué, pero vender.
XIV. El entretenimiento
“La televisión embrutece a los que la miran, no a los que la hacen.”
(Patrick Poivre d’Arvor)
Esos pobres hombres se divierten, pero ese divertimiento no sirve más que para distraerlos del auténtico mal que los acosa. Han dejado que hicieran de su vida cualquier cosa y fingen sentirse orgullosos de ello. Intentan lucir satisfechos pero nadie les cree; ni ante al frío reflejo del espejo, alcanzan a engañarse. Pierden su tiempo delante de unos imbéciles que los hacen reír o cantar, soñar o llorar.
A través del deporte mediático, se representa el éxito y el fracaso, el esfuerzo y las victorias que el esclavo moderno ha dejado de vivir en carne propia. Su insatisfacción lo incita a vivir por encargo frente a su aparato de televisión. Mientras que los emperadores de la Antigua Roma compraban la sumisión del pueblo con pan y circo, hoy en día, es con divertimientos y consumo del vacío que se compra el silencio de los esclavos.
XV. El lenguaje
“Uno cree que domina las palabras, pero son las palabras las que lo dominan a uno.”
(Alain Rey)
El control de las conciencias es el resultado de la utilización viciada del lenguaje por la clase económica y socialmente dominante. Siendo el dueño de todos los medios de comunicación, el poder difunde la ideología mercantil a través de la definición fija, parcial y amañada que le atribuye a las palabras.
Las palabras son presentadas como si fueran neutras y su definición como evidente. Controladas por el poder, designan siempre una cosa muy distinta a la vida real.
Es ante todo un lenguaje de la resignación y de la impotencia, el lenguaje de la aceptación pasiva de las cosas tal como son y tal como deben permanecer. Las palabras actúan por cuenta de la organización dominante de la vida y el hecho mismo de utilizar el lenguaje del poder, nos condena a la impotencia.
El problema del lenguaje es el punto esencial de la lucha por la emancipación humana. No es una forma de dominación que se añada a otra sino que es el centro mismo del proyecto de sometimiento del sistema mercantil totalitario.
Es a través de la reapropiación del lenguaje y, por tanto, de la comunicación real entre las personas, que surge de nuevo la posibilidad de un cambio radical. Es en este sentido que el proyecto revolucionario converge con el proyecto poético. En la efervescencia popular, la palabra hablada es re-aprendida y reinventada por extensos grupos. La espontaneidad creativa se encuentra en cada uno y nos une a todos.
XVI. La ilusión del voto y la democracia parlamentaria
“Votar es abdicar.”
(Élisée Reclus)
No obstante, los esclavos modernos se sienten todavía ciudadanos. Creen votar y decidir libremente quién conducirá sus asuntos, como si aún pudieran elegir. Pero, cuando se trata de escoger la sociedad en la que queremos vivir, ¿creen ustedes que existe una diferencia fundamental, entre la socialdemocracia y la derecha populista en Francia, entre demócratas y republicanos en Estados Unidos y entre laboristas y conservadores en el Reino Unido? No existe ninguna oposición, puesto que los partidos políticos dominantes están de acuerdo en lo esencial: la conservación de la presente sociedad mercantil. Ninguno de los partidos políticos que pueden acceder al poder pone en entre dicho el dogma del mercado. Y son esos mismos partidos los que, con la complicidad mediática, acaparan las pantallas; riñen por pequeños detalles con la esperanza de que todo siga igual; se disputan por saber quién ocupara los puestos que les ofrece el parlamentarismo mercantil. Esas pobres querellas son difundidas por todos los medios de comunicación con el fin de ocultar un verdadero debate sobre la elección de la sociedad en la que queremos vivir. La apariencia y la futilidad dominan sobre el profundo enfrentamiento de ideas. Todo esto no se parece en nada, ni de lejos, a una democracia.
La democracia real se define en primer lugar y ante todo por la participación masiva de los ciudadanos en la gestión de los asuntos de la ciudad. Es directa y participativa. Encuentra su expresión más autentica en la asamblea popular y en el dialogo permanente sobre la organización de la vida en común. La forma representativa y parlamentaria que usurpa el nombre de democracia limita el poder de los ciudadanos al simple derecho de votar; es decir, a nada. Escoger entre gris claro y gris oscuro no es una elección verdadera. Las sillas parlamentarias son ocupadas en su inmensa mayoría por la clase económicamente dominante, ya sea de derecha o de la pretendía izquierda social demócrata.
No hay que conquistar el poder, hay que destruirlo. Es tiránico por naturaleza, sea ejercido por un rey, un dictador o un presidente electo. La única diferencia en el caso de la “democracia” parlamentaria es que los esclavos tienen la ilusión de elegir ellos mismos al amo que deberán servir. El voto los ha hecho cómplices de la tiranía que los oprime. Ellos no son esclavos porque existen amos, sino que los amos existen porque ellos han elegido mantenerse esclavos.
XVII. El sistema mercantil totalitario
“La naturaleza no creó amos ni esclavos, yo no quiero dar ni recibir leyes.”
(Denis Diderot)
El sistema dominante se define entonces por la omnipresencia de su ideología mercantil. Ocupa a la vez todos los espacios y todos los sectores de la vida. No profesa más que: produce, vende, consume, acumula. Ha reducido todas las relaciones humanas a unas parcas relaciones mercantiles, y considera que nuestro planeta es una simple mercancía. La función que nos asigna es el trabajo servil. El único derecho que reconoce es el derecho a la propiedad privada. Al único dios que rinde culto es al dinero.
El monopolio de la apariencia es total. Solo aparecen los hombres y los discursos favorables a la ideología dominante. La crítica de este mundo se ahoga en el mar mediático que determina qué está bien y qué está mal, lo que se puede y lo que no se puede ver.
Omnipresencia de la ideología, culto al dinero, monopolio de la apariencia, partido único disfrazado de pluralismo parlamentario, ausencia de una oposición visible, represión en todas sus formas, voluntad de transformar al hombre y al mundo: He ahí la verdadera cara del totalitarismo moderno que ellos llaman “democracia liberal”, pero que es hora de llamar por su verdadero nombre: el sistema mercantil totalitario.
El hombre, la sociedad y todo nuestro planeta están al servicio de esta ideología. El sistema mercantil totalitario ha logrado lo que ningún otro totalitarismo había podido: ocupar cada resquicio del planeta. Hoy en día, ninguna forma de exilio es posible.
XVIII. Perspectivas
A medida que la opresión se expande por todos los sectores de la vida, la rebelión toma el aspecto de una guerra social. Los motines renacen y anuncian que la revolución está por llegar.
La destrucción de la sociedad mercantil totalitaria no es un asunto de opinión, es una necesidad absoluta en un mundo que se sabe condenado. Ya que el poder está en todas partes, es por todas partes y por todo el tiempo que hay que combatirlo.
La reinvención del lenguaje, el trastorno permanente de la vida cotidiana, la desobediencia y la resistencia son las palabras claves de la rebelión contra el orden establecido. Pero para que de esta rebelión surja una revolución hay que encaminar las subjetividades a un frente común.
Es en la unidad de todas las fuerzas revolucionarias que hay que obrar. Esta no se puede conseguir más que siendo conscientes de nuestros fracasos pasados: ni el reformismo estéril ni la burocracia totalitaria pueden ser una solución para nuestra inconformidad. Se trata de inventar nuevas formas de organización y de lucha.
La autogestión en las empresas y la democracia directa a escala comunal constituyen las bases de esta nueva organización que debe ser anti-jerárquica, tanto en la forma como en el contenido.
Al poder no hay que conquistarlo, hay que destruirlo.
Epílogo
“Caballeros, el tiempo de la vida es muy corto…
Si vivimos, vivimos para hollar cabezas de reyes.”
(William Shakespeare)
Jean-François Brient & Victor León Fuentes
Vedi anche: The Corporation
prima la si ridicolizza;
poi ci si oppone violentemente;
infine, la si accetta come ovvia.”
(Schopenhauer)
"Sulla servitù moderna" è un libro e un film documentario di 52 minuti prodotti in modo del tutto indipendente; il libro (e il DVD che contiene) è distribuito gratuitamente in alcune piazze alternative in Francia e in America Latina. Il testo è stato scritto in Giamaica nell’ottobre 2007 e il documentario è stato ultimato in Colombia nel maggio 2009. Esiste in versione francese, inglese spagnola e italiana.
L’obiettivo centrale di questo film è quello di smascherare la condizione dello schiavo moderno nel quadro del sistema totalitario mercantile e di rendere visibili le forme di mistificazione che occultano questa condizione servile. È stato realizzato con l’unico scopo di attaccare frontalmente l’organizzazione dominante del mondo.
Nell’immenso campo di battaglia della guerra civile mondiale, il linguaggio costituisce un’arma di prima scelta. Si tratta di chiamare veramente le cose con il loro nome e di far scoprire l’essenza nascosta di queste realtà tramite il modo in cui le nominiamo. La democrazia liberale è un mito perché l’organizzazione dominante del mondo non ha nulla di democratico e neanche di liberale. È quindi urgente sostituire il mito della democrazia liberale con la sua realtà concreta di sistema totalitario mercantile e di diffondere questo nuovo appellativo come una scia di polvere pronta ad incendiare le menti rivelando la natura profonda della presente dominazione.
Qualcuno spererà di trovare qui delle soluzioni o delle risposte pronte, tipo piccolo manuale “Come fare la rivoluzione?”. Non è questo il proposito del film. Qui si tratta di fare la critica esatta della società che dobbiamo combattere. Questo film è prima di tutto uno strumento militante che ha vocazione di far riflettere il più gran numero di persone e di diffondere la critica ovunque non abbia accesso. Le soluzioni, gli elementi di programma, vanno costruiti insieme. Ed è nella pratica, prima di tutto, che brillano alla luce del giorno. Non abbiamo bisogno di un guru che ci venga a spiegare come dobbiamo agire. La libertà d’azione deve essere la nostra caratteristica principale. Quelli che vogliono rimanere schiavi aspettano l’uomo provvidenziale o l’opera che basterebbe seguire alla lettera per essere più liberi. Di queste opere e uomini che si sono proposti di costituire l’avanguardia rivoluzionaria e condurre il proletariato verso la liberazione dalla sua condizione, ne abbiamo visti fin troppi nella storia del XX secolo. I risultati da incubo parlano da sé.
Tra l’altro, noi condanniamo tutte le religioni perché generatrici di illusioni che ci permettono di accettare la nostra sordida condizione di dominati e mentono o farneticano su quasi tutto. Ma condanniamo anche ogni stigmatizzazione di una religione in particolare. Gli addetti del complotto sionista o del pericolo islamista sono delle povere teste mistificate che confondono la critica radicale con l’odio e il disprezzo. Non sono capaci di produrre che fango. Se alcuni di loro si dicono rivoluzionari, è più in riferimento alle “rivoluzioni nazionali” degli anni 1930-1940 che alla vera rivoluzione liberatrice alla quale noi aspiriamo. La ricerca di un capro espiatorio in funzione della propria appartenenza religiosa o etnica è vecchia quanto la civiltà ed è solo il prodotto delle frustrazioni di quelli che cercano risposte rapide e semplici di fronte al vero male che ci opprime. Non ci può essere ambiguità sulla natura della nostra lotta. Siamo favorevoli all’emancipazione di tutta l’umanità, senza alcuna forma di discriminazione. Tutto per tutti è l’essenza del programma rivoluzionario al quale noi aderiamo.
I riferimenti che hanno ispirato questo lavoro e più in generale la mia vita sono espliciti in questo film: Diogene di Sinope, Étienne de La Boétie, Karl Marx e Guy Debord. Non li nascondo e non pretendo di aver inventato l’elettricità. Mi si riconoscerà semplicemente il merito di essere riuscito a servirmene per illuminarmi. Quanto a coloro che troveranno da ridire su questa opera perché non sufficientemente rivoluzionaria oppure troppo radicale o ancora troppo pessimista, propongano la loro visione del mondo nel quale viviamo. Più numerosi saremo a diffondere idee e più la possibilità di un cambiamento radicale potrà emergere.
La crisi economica, sociale e politica ha sancito il fallimento del sistema totalitario mercantile. Una breccia è aperta. Si tratta ora di infilarcisi senza paura, ma in modo strategico. Bisogna però agire velocemente perché il potere, perfettamente informato sullo stato della radicalizzazione della contestazione, prepara un attacco preventivo senza paragoni con quello che abbiamo conosciuto finora. L’urgenza dei tempi ci impone quindi l’unità piuttosto che la divisione, perché ciò che ci unisce è molto più profondo di ciò che ci divide. È sempre molto facile criticare quello che fanno le organizzazioni, gli individui o i vari gruppi che invocano la rivoluzione sociale. Ma in realtà, queste critiche partecipano della volontà di immobilismo che cerca di convincerci che niente è possibile. Non dobbiamo sbagliare nemico. Le vecchie guerre intestine in campo rivoluzionario devono lasciar posto all’unità di azione di tutte le nostre forze. Dobbiamo dubitare di tutto, persino del dubbio.
Il testo e il film sono liberi di diritti, possono essere copiati, diffusi, proiettati senza alcun limite. Sono totalmente gratuiti e non possono in nessun caso essere venduti o commercializzati sotto qualunque forma. Sarebbe per lo meno incoerente proporre una merce che avrebbe per vocazione di criticare l’onnipresenza della merce. La lotta contro la proprietà privata, intellettuale o altro, è la nostra forza d’urto contro la dominazione attuale.
Questo film, diffuso fuori da ogni circuito legale o commerciale, può esistere soltanto grazie al sostegno delle persone che ne organizzano la diffusione o la proiezione. Non appartiene a noi, appartiene a tutti coloro che vorranno prenderlo per gettarlo fra le fiamme dei combattimenti.
"Il mio ottimismo si basa sulla certezza che questa civiltà sta per crollare. Il mio pessimismo su tutto quello che fa per trascinarci nel suo vortice."
I. La servitù moderna
"Che epoca terribile quella in cui degli idioti governano dei ciechi."
(William Shakespeare)
La servitù moderna è una servitù volontaria, consentita dalla massa degli schiavi che strisciano sulla superficie terrestre. Comprano liberamente tutti i prodotti che li asservono ogni giorno di più. Si aggrappano spontaneamente ad un lavoro sempre più alienante, generosamente concesso soltanto se “fanno i bravi”. Scelgono loro stessi i padroni che dovranno servire. Perché questa assurda tragedia sia potuta accadere, prima di tutto è stato necessario sottrarre ai membri di questa classe ogni consapevolezza del proprio sfruttamento e della propria alienazione.
Questa è la strana modernità della nostra epoca. Contrariamente agli schiavi dell’antichità, ai servi del Medioevo o agli operai delle prime rivoluzioni industriali, oggi siamo di fronte ad una classe totalmente asservita ma che non sa di esserlo, anzi, che non vuole saperlo.
Ignorano quindi la ribellione, che dovrebbe essere l’unica reazione legittima degli oppressi. Accettano senza fiatare la vita pietosa che è stata decisa per loro. La rinuncia e la rassegnazione sono le cause della loro disgrazia.
Questo è il brutto sogno degli schiavi moderni che non chiedono, in definitiva, che di lasciarsi andare nella danza macabra del sistema dell’alienazione.
"L’oppressione si modernizza estendendo ovunque forme di mistificazione che consentono di occultare la nostra condizione di schiavi.
Mostrare la realtà così com’è veramente, e non come viene presentata dal potere, costituisce la sovversione più autentica.
Solo la verità è rivoluzionaria."
II. La pianificazione del territorio e l’ambiente
"L’urbanistica è la presa di possesso dell’ambiente naturale e umano da parte del capitalismo che, sviluppandosi logicamente come dominazione assoluta, può e deve ora rifare la totalità dello spazio a propria immagine."
(La Società dello Spettacolo, Guy Debord)
Man mano che costruiscono il loro mondo con la forza del loro lavoro alienato, l’ambiente circostante diventa la prigione nella quale devono vivere. Un mondo squallido, senza odore né sapore, un mondo che porta in sé la miseria del modo di produzione dominante.
Questo scenario è in perpetua costruzione. Niente è stabile. Il rifacimento permanente dello spazio circostante trova la propria giustificazione nell’amnesia generalizzata e nell’insicurezza nelle quali devono vivere gli abitanti. Si tratta di rifare tutto ad immagine del sistema: il mondo diventa sempre più sporco e rumoroso, come una fabbrica.
Ogni frammento di questo mondo è proprietà di uno Stato o di un privato. Questo furto sociale che è l’appropriazione esclusiva del suolo si materializza nell’onnipresenza dei muri, delle sbarre, delle recinzioni, dei cancelli e delle frontiere... sono il segno tangibile di questa separazione che invade tutto.
Ma parallelamente, l’unificazione dello spazio secondo gli interessi della cultura mercantile è il grande obiettivo di questa triste epoca. Il mondo deve diventare un’immensa autostrada, razionalizzata all’estremo, per facilitare il trasporto delle merci. Ogni ostacolo, naturale o umano, deve essere rimosso.
Gli insediamenti nei quali si ammucchia questa massa servile somigliano alla loro vita: sembrano delle gabbie, delle prigioni, delle caverne. Ma contrariamente agli schiavi o ai prigionieri, gli oppressi moderni devono pagare la loro gabbia.
"Perché non è l’uomo, ma il mondo che è diventato anormale".
(Antonin Artaud)
III. La merce
“Una merce sembra a prima vista qualcosa di triviale e che si risolve in se stessa. La nostra analisi ha dimostrato invece che è una cosa molto complessa, piena di sottigliezze metafisiche e di arguzie teologiche.”
(Il Capitale, libro IV, capitolo I, Karl Marx)
È dentro abitazioni anguste e lugubri che accumula le nuove merci che dovrebbero, secondo i messaggi pubblicitari onnipresenti, portargli la felicità perfetta. Ma più accumula merci e più si allontana la possibilità di essere felice.
“A che serve ad un uomo di possedere tutto se perde la sua anima.”
Marco 8;36
La merce, ideologica per essenza, spoglia dal proprio lavoro chi la produce e dalla propria vita chi la consuma. Nel sistema economico dominante, non è più la domanda a condizionare l’offerta ma è l’offerta che determina la domanda. È così che nuovi bisogni sono creati periodicamente e vengono rapidamente considerati vitali dall’immensa maggioranza della popolazione: così per la radio, poi la macchina, la televisione, il computer e ora il telefonino.
Tutte queste merci, distribuite in massa in un lasso di tempo molto limitato, modificano profondamente le relazioni umane: servono, da una parte, a isolare un po’ di più gli uomini dai loro simili, e dall’altra, a diffondere i messaggi dominanti del sistema.
"Gli oggetti che possediamo finiscono per possederci."
IV. L’alimentazione
“Quel che è un nutrimento per uno è un veleno per l’altro.”
(Paracelso)
Ma è proprio quando si alimenta che lo schiavo moderno illustra al meglio lo stato di decadenza nel quale si trova. Avendo a disposizione un tempo sempre più limitato per preparare il cibo che ingurgita, è ridotto a consumare alla svelta quello che produce l’industria agro-chimica. Vaga nei supermercati alla ricerca dei surrogati che la società della falsa abbondanza gli concede. Anche in questo caso, ha solo l’illusione della scelta. L’abbondanza dei prodotti alimentari nasconde in realtà il loro degrado e falsificazione. Si tratta notoriamente di organismi geneticamente modificati, di un miscuglio di coloranti e conservanti, di pesticidi, di ormoni e altre invenzioni della modernità. Il piacere immediato è la regola del modo di alimentazione dominante, così com’è la regola di tutte le forme di consumo. E le conseguenze si vedono e illustrano questo modo di alimentarsi.
Ma è di fronte all’indigenza dei più che l’uomo occidentale si rallegra della sua posizione e del suo consumo frenetico. Eppure, la miseria è ovunque laddove regna la società totalitaria mercantile. La scarsità è il rovescio della medaglia della falsa abbondanza. E in un sistema che erige la disuguaglianza a criterio di progresso, anche se la produzione agro-chimica è sufficiente per nutrire la totalità della popolazione mondiale, la fame non dovrà mai scomparire.
“Si sono convinti che l’uomo, specie peccatrice per eccellenza, domini la creazione. Tutte le altre creature non sarebbero state create che per procurargli del cibo, delle pellicce, per essere martoriate, sterminate.”
Isaac Bashevis Singer
L’altra conseguenza della falsa abbondanza alimentare è la generalizzazione delle fabbriche concentrazionarie e lo sterminio massiccio e barbaro delle specie che servono a nutrire gli schiavi. Qui sta l’essenza stessa del modo di produzione dominante. La vita e l’umanità non resistono di fronte alla sete di profitto di pochi.
V. La devastazione dell’ambiente
“È triste pensare che la natura parli e che il genere umano non la ascolti.”
(Victor Hugo)
Il saccheggio delle risorse del pianeta, l’abbondante produzione di energia e merci, gli scarti e altri rifiuti del consumo ostentato ipotecano gravemente le possibilità di sopravvivenza della terra e delle specie che la popolano. Ma per lasciar libero corso al capitalismo selvaggio, la crescita non deve fermarsi mai. Bisogna produrre, produrre e riprodurre ancora.
È sono proprio quelli che inquinano che si presentano oggi come i salvatori potenziali del pianeta. Questi imbecilli dello spettacolo, sponsorizzati dalle multinazionali, cercano di convincerci che un semplice cambiamento delle nostre abitudini di vita basterebbe a salvare il pianeta dal disastro. E mentre ci colpevolizzano, continuano senza tregua ad inquinare l’ambiente e la nostra mente. Queste povere tesi pseudo-ecologiche sono riprese all’unisono da tutti i politici corrotti a corto di slogan pubblicitario. Ma si guardano bene dal proporre un cambiamento radicale nel sistema di produzione. Si tratta, come sempre, di cambiare qualche dettaglio perché tutto rimanga come prima.
VI. Il lavoro
"Lavoro, dal latino Tri Palium, tre pali, strumento di tortura."
Ma per salire sulla giostra del consumo frenetico, servono soldi e per avere soldi bisogna lavorare, cioè vendersi. Il sistema dominante ha fatto del lavoro il suo principale valore. E gli schiavi devono lavorare sempre di più per pagare a credito la loro vita miserabile. Si sfiancano al lavoro, perdono la maggior parte della loro forza vitale e subiscono le peggiori umiliazioni. Dedicano tutta la vita ad un’attività faticosa e noiosa per il profitto di pochi.
L’invenzione della disoccupazione moderna è lì per spaventarli e farli ringraziare la generosità del potere. Che cosa farebbero senza la tortura del lavoro? E sono queste attività alienanti che sono presentate come una liberazione. Che decadenza e che miseria!
Sempre pressati dal cronometro o dalla frusta, ogni gesto degli schiavi è calcolato per aumentare la produttività. L’organizzazione scientifica del lavoro costituisce l’essenza stessa dell’espropriazione dei lavoratori sia dal frutto del proprio lavoro sia dal tempo che dedicano alla produzione automatizzata di merce e servizi. Il ruolo del lavoratore si confonde con quello della macchina nelle fabbriche, con quello del computer negli uffici. Il tempo retribuito non torna più.
Così, ogni lavoratore è assegnato ad un compito ripetitivo, intellettuale o fisico che sia. Egli è specialista nel proprio campo di produzione. Questa specializzazione si riscontra su scala planetaria nel quadro della divisione internazionale del lavoro. Si concepisce in occidente, si produce in Asia e si muore in Africa.
VII. La colonizzazione di tutti i settori della vita
“È l’uomo in sé che è condizionato al comportamento produttivo attraverso l’organizzazione del lavoro, e fuori dalla fabbrica tiene la stessa pelle e la stessa testa.”
(Christophe Dejours)
Lo schiavo moderno avrebbe potuto accontentarsi della propria servitù al lavoro, ma nella misura in cui il sistema di produzione colonizza tutti i settori della vita, il dominato perde il proprio tempo nelle distrazioni, nei divertimenti e nelle vacanze organizzate. Nessun momento del suo quotidiano sfugge alla morsa del sistema. Ogni attimo della sua vita è stato sequestrato. È uno schiavo a tempo pieno.
VIII. La medicina mercantile
"La medicina fa morire più a lungo."
(Plutarco)
Il degrado generalizzato del suo ambiente, dell’aria che respira e del cibo che consuma; lo stress delle sue condizioni lavorative e dell’insieme della sua vita sociale sono all’origine delle nuove malattie dello schiavo moderno. È malato della sua condizione servile e nessuna medicina potrà mai curarlo da questo male. Soltanto la liberazione più completa dalla condizione nella quale si trova prigioniero può liberare lo schiavo moderno dalle proprie sofferenze.
La medicina occidentale conosce un solo rimedio di fronte ai mali di cui soffrono gli schiavi moderni: la mutilazione. È con la chirurgia, gli antibiotici o la chemioterapia che sono trattati i pazienti della medicina mercantile. Ci si accanisce contro le conseguenze del male senza mai cercarne la causa. Le ragioni di questo accanimento sono ovvie: cercare la vera causa ci condurrebbe inevitabilmente a condannare senza appello l’organizzazione sociale nel suo complesso.
Così come ha trasformato in semplice merce ogni dettaglio del nostro mondo, il sistema attuale ha fatto del nostro corpo una merce, un oggetto di studio e sperimentazione consegnato agli apprendisti-stregoni della medicina mercantile e della biologia molecolare. E i padroni del mondo sono già pronti a brevettare la vita. Il sequenziamento completo del DNA del genoma umano è il punto di partenza di una nuova strategia messa in atto dal potere. La decodificazione genetica non ha altro scopo che amplificare considerevolmente le forme di dominazione e di controllo.
Anche il nostro corpo, come tante altre cose, ci è sfuggito.
IX. L’obbedienza come seconda natura
“A forza di obbedire si sviluppano riflessi di sottomissione.”
(Anonimo)
Il meglio della vita gli sfugge, ma lui continua perché è abituato ad obbedire da sempre. L’obbedienza è diventata una seconda natura. Obbedisce senza sapere il perché, semplicemente perché sa di dover obbedire. Obbedire, produrre e consumare, questo è il trittico che domina la sua vita. Obbedisce ai genitori, ai professori, ai datori di lavoro, ai padroni di casa, ai mercanti. Obbedisce alla legge e alle forze dell’ordine. Obbedisce a tutti i poteri perché non sa fare altro. La disobbedienza lo spaventa più di ogni altra cosa perché la disobbedienza significa rischio, avventura, cambiamento. Così come il bambino si spaventa quando perde di vista i genitori, lo schiavo moderno si sente smarrito senza il potere che lo ha creato. Quindi continua ad obbedire.
È la paura che ha fatto di noi degli schiavi e che ci mantiene in questa condizione. È per paura che ci inchiniamo davanti ai padroni del mondo e accettiamo questa vita di umiliazione e di miseria.
Abbiamo però la forza numerica in confronto alla minoranza che governa. La forza non la traggono dalla loro polizia ma proprio dal nostro consenso. Giustifichiamo la nostra vigliaccheria davanti al legittimo scontro con le forze che ci opprimono con un discorso pieno di umanesimo moralizzatore. Il rifiuto della violenza rivoluzionaria è ancorato nelle menti di quelli che si oppongono al sistema nel nome di valori che questo sistema stesso ci ha insegnato.
Il potere invece non esita mai a ricorrere alla violenza quando si tratta di conservare la propria egemonia.
X. La repressione e la sorveglianza
“Sotto un governo che imprigiona ingiustamente, anche il posto dell’uomo giusto è in prigione.”
(La disobbedienza civile, Henry David Thoreau)
Tuttavia, ci sono ancora individui che sfuggono al controllo delle coscienze. Ma sono sotto sorveglianza. Ogni forma di ribellione o di resistenza è di fatto assimilata ad un’attività deviante o terrorista. La libertà esiste soltanto per coloro che difendono gli imperativi mercantili. L’opposizione reale al sistema dominante è ormai totalmente clandestina. Per questi oppositori, la repressione è la regola in uso. E di fronte a questa repressione, il silenzio della maggioranza degli schiavi trova la propria giustificazione nell’aspirazione mediatica e politica a negare il conflitto che esiste nella società reale.
XI. Il denaro
“E quello che una volta si faceva per l’amore di Dio, ora si fa per l’amore del denaro, vale a dire per l’amore di quello che oggi dona il senso di potere più elevato e la coscienza tranquilla.”
(Aurora, F. W. Nietzsche)
Come tutti gli esseri oppressi della Storia, lo schiavo moderno ha bisogno della sua mistica e del suo dio per anestetizzare il male che lo tormenta e la sofferenza che lo opprime. Ma questo nuovo dio, al quale ha consegnato l’anima, non è altro che il Nulla. Un pezzo di carta, un numero che ha significato soltanto perché tutti hanno deciso di conferirgliene. È per questo nuovo dio che studia, lavora, si batte e si vende. È per questo nuovo dio che ha abbandonato ogni valore ed è pronto a fare qualsiasi cosa. Crede che possedendo molti soldi si libererà dagli obblighi di cui è prigioniero. Come se il possesso andasse di pari passi con la libertà. La liberazione è un’ascesi che deriva dal controllo di sé. È un desiderio e una volontà in atto. Sta nell’essere, non nell’avere. Ma allo stesso tempo bisogna essere risoluti a non servire più, a non obbedire più. Bisogna essere capaci di rompere con un’abitudine che nessuno, sembra, osa mettere in discussione.
XII. Nessuna alternativa all’organizzazione sociale dominante
Acta est fabula
(I giochi sono fatti)
Invece lo schiavo moderno è convinto che non c’è alternativa all’organizzazione del mondo attuale. Si è rassegnato a questa vita perché pensa di non poterne avere una diversa. Proprio qui sta la forza della dominazione presente: alimentare l’illusione che questo sistema, che ha colonizzato l’intero pianeta, è la fine della Storia. Ha fatto credere alla classe dominata che adattarsi alla sua ideologia significa adattarsi al mondo così com’è e com’è sempre stato. Sognare un altro mondo è diventato un crimine condannato all’unanimità da tutti i media e da tutti i poteri. Il criminale in realtà è chi contribuisce, consapevolmente o no, alla demenza dell’organizzazione sociale dominante. Non c’è follia più grande di quella del sistema attuale.
XIII. L’immagine
“Se no, sappi o re, che noi non serviremo i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto."
(Vecchio Testamento, Daniele 3:18)
Davanti alla desolazione del mondo reale, si tratta, per il sistema, di colonizzare l’insieme della coscienza degli schiavi. È così che nel sistema dominante, le forze di repressione sono precedute dalla dissuasione che, sin dalla prima infanzia, compie la sua opera di formazione degli schiavi. Devono dimenticare la loro condizione servile, la loro prigione e la loro vita misera. Basta vedere la folla ipnotica connessa davanti a tutti i monitor che accompagnano la loro vita quotidiana. Ingannano la loro insoddisfazione permanente nel riflesso manipolato di una vita sognata, fatta di denaro, di gloria e di avventura. Ma i loro sogni sono tutti penosi, quanto la loro vita miserabile.
Esistono immagini ovunque e per tutti. Portano in sé il messaggio ideologico della società moderna e servono da strumento di unificazione e di propaganda. Crescono man mano che l’uomo viene espropriato dal proprio mondo e dalla propria vita.
I bambini sono il primo bersaglio di queste immagini perché si tratta di soffocare la libertà nella culla. Bisogna abbruttirli e sradicare ogni forma di riflessione e di senso critico. Questo accade ovviamente con la complicità sconcertante dei genitori, che non provano neanche più a resistere alla forza d’urto cumulata di tutti i mezzi moderni di comunicazione. Comprano loro stessi tutte le merci utili all’asservimento dei propri figli. Si dissociano dalla loro educazione e la consegnano al sistema dell’abbrutimento e della mediocrità.
Ci sono immagini per tutte le età e per tutte le classi sociali. E gli schiavi moderni confondono queste immagini con la cultura e, talvolta, anche con l’arte. Si richiamano gli istinti più sordidi per smaltire le scorte di merci. Ed è di nuovo la donna, doppiamente schiava nella società odierna, che paga il prezzo più alto. È ridotta ad essere un semplice oggetto di consumo. La rivolta stessa è diventata un’immagine che viene venduta per meglio distruggere il suo potenziale sovversivo. Oggi l’immagine è sempre la forma di comunicazione più semplice ed efficace. Si costruiscono modelli, si abbrutiscono le masse, si divulgano menzogne, si creano frustrazioni. Si diffonde con l’immagine l’ideologia mercantile perché l’obiettivo è sempre lo stesso: vendere, modelli di vita o prodotti, comportamenti o merci, poco importa, ma bisogna vendere.
XIV. I divertimenti
“La televisione rende idioti quelli che la guardano, non chi la fa”.
(Patrick Poivre d’Arvor)
Questi poveri uomini si divertono, ma il divertimento serve soltanto a distrarli dal vero male che li soffoca. Hanno acconsentito che la loro vita fosse priva di ogni significato e fingono di esserne fieri. Provano ad ostentare la loro soddisfazione ma nessuno si lascia ingannare. Non riescono nemmeno più ad ingannare loro stessi quando si ritrovano davanti al riflesso impietoso dello specchio. Così perdono il loro tempo davanti ad imbecilli assennati a farli ridere o cantare, sognare o piangere.
Si mimano, attraverso lo sport mediatizzato, i successi e gli insuccessi, le forze e le vittorie che gli schiavi moderni hanno smesso di vivere nel proprio quotidiano. La loro insoddisfazione li incita a vivere per delega davanti al televisore. Mentre gli imperatori della Roma antica compravano la sottomissione del popolo con il pane e i giochi del circo, oggi è con i divertimenti e il consumo del vuoto che viene comprato il silenzio degli schiavi.
XV. Il linguaggio
“Si pensa che controlliamo le parole, ma sono le parole che ci controllano.”
(Alain Rey)
La dominazione sulle coscienze passa principalmente attraverso l’utilizzo viziato del linguaggio della classe economicamente e socialmente dominante. Con il monopolio dei mezzi di comunicazione, il potere diffonde l’ideologia mercantile attraverso la definizione rigida, parziale e faziosa, che dà alle parole.
Le parole sono presentate come neutre e come se la loro definizione andasse da sé. Ma sotto il controllo del potere, il linguaggio indica sempre una cosa diversa dalla vita reale.
È innanzitutto un linguaggio della rassegnazione e dell’impotenza, il linguaggio dell’accettazione passiva delle cose così come sono e come devono rimanere. Le parole lavorano per conto dell’organizzazione dominante della vita e il solo fatto di utilizzare il linguaggio del potere ci condanna all’impotenza.
Il problema del linguaggio è al centro della lotta per l’emancipazione umana. Non è una forma di dominazione che si aggiunge alle altre, è il cuore stesso del progetto di asservimento del sistema totalitario mercantile.
È con la riappropriazione del linguaggio e quindi della comunicazione reale tra le persone che emerge nuovamente la possibilità di un cambiamento radicale. È così che il progetto rivoluzionario si congiunge con il progetto poetico. Nell’effervescenza popolare, la parola è presa e reinventata da gruppi numerosi. La spontaneità creatrice s’impadronisce di ognuno e ci unisce tutti.
XVI. L’illusione del voto e della democrazia parlamentare
“Votare, è abdicare.”
(Élisée Reclus)
Tuttavia, gli schiavi moderni si sentono pur sempre cittadini. Credono di votare e decidere liberamente chi condurrà i loro affari. Come se potessero ancora scegliere. Ne hanno soltanto l’illusione. Pensate che ci sia ancora una differenza fondamentale per quanto riguarda il tipo di società nella quale vogliamo vivere tra la destra e i socialisti in Francia, tra i democratici e i repubblicani negli Stati Uniti, tra i laburisti e i conservatori nel Regno Unito? Non esiste opposizione perché i partiti politici dominanti sono d’accordo sull’essenziale e cioè sul mantenimento della società mercantile. Non esistono partiti politici che rimettono in discussione il dogma del mercato in grado di accedere al potere.
E con la complicità mediatica, questi partiti monopolizzano l’apparenza. Bisticciano su dei particolari purché tutto rimanga come prima. Litigano per sapere chi occuperà i posti offerti dal parlamentarismo mercantile.
Questi patetici battibecchi sono ripresi dai media per occultare un vero dibattito sulla scelta di società nella quale vogliamo vivere. L’apparenza e la futilità dominano sulla profondità del conflitto delle idee. Tutto questo non somiglia in nessun modo ad una democrazia.
La democrazia reale si definisce prima di tutto con la partecipazione massiccia dei cittadini alla gestione degli affari della città. È diretta e partecipativa. La sua espressione più autentica è l’assemblea popolare e il dialogo permanente sull’organizzazione della vita in comune. La forma rappresentativa e parlamentare che usurpa il nome di democrazia limita il potere dei cittadini al solo diritto di voto, vale a dire al Nulla, tant’è vero che la scelta tra il grigio chiaro e il grigio scuro non è una scelta reale. La stragrande maggioranza dei seggi parlamentari sono occupati dalla classe economica dominante, che sia di destra o della cosiddetta sinistra social-democratica.
Il potere non è da conquistare, è da distruggere. È dispotico per natura, che sia esercitato da un re, un dittatore o un presidente eletto. L’unica differenza nel caso della “democrazia” parlamentare, è che gli schiavi hanno l’illusione di scegliere liberamente il padrone che dovranno servire. Il voto ha fatto di loro i complici della tirannia che li opprime. Non sono schiavi perché esistono padroni, ma esistono padroni perché hanno scelto di rimanere schiavi.
XVII. Il sistema totalitario mercantile
“La natura non ha creato né padroni né schiavi, non voglio né consegnare né ricevere leggi.”
(Denis Diderot)
Il sistema dominante si definisce quindi con l’onnipresenza della sua ideologia mercantile. Occupa tutto lo spazio e tutti i settori della vita. Non dice altro che: “Producete, vendete, consumate, accumulate!”. Ha ridotto l’insieme dei rapporti umani a rapporti commerciali e considera il nostro pianeta una semplice merce. Il dovere che ci impone è il lavoro servile. L’unico diritto che riconosce è la proprietà privata. L’unico dio che ostenta è il denaro.
Il monopolio dell’apparenza è totale. Si vedono e si sentono soltanto uomini e discorsi favorevoli all’ideologia dominante. La critica a questo mondo è affogata nell’onda mediatica che decide ciò che è bene e ciò che è male, ciò che si può vedere e ciò che non si può vedere.
Onnipresenza dell’ideologia, culto del denaro, monopolio dell’apparenza, partito unico sotto le spoglie del pluralismo parlamentare, assenza di un’opposizione visibile, repressione in ogni forma, volontà di trasformare l’uomo e il mondo. Questa è la vera faccia del totalitarismo moderno chiamato “democrazia liberale” ma che bisogna chiamare ora con il suo vero nome: il sistema totalitario mercantile.
L’uomo, la società e tutto il pianeta sono al servizio di questa ideologia. Il sistema totalitario mercantile è quindi riuscito a compiere ciò che nessun totalitarismo era riuscito a fare prima: unificare il mondo a sua immagine. Oggi non c’è più esilio possibile.
XVIII. Prospettive
Man mano che la repressione si estende a tutti i settori della vita, la ribellione prende il volto di una guerra sociale. Le sommosse rinascono e annunciano la rivoluzione che verrà.
La distruzione della società totalitaria mercantile non è questione di opinione. È una necessità assoluta in un mondo che sappiamo condannato. Il potere è ovunque, ovunque e in ogni momento va combattuto.
La reinvenzione del linguaggio, lo sconvolgimento permanente della vita quotidiana, la disobbedienza e la resistenza sono le parole chiave di questa ribellione contro l’ordine stabilito. Ma per fare in modo che da questa rivolta nasca una rivoluzione, bisogna radunare le soggettività in un fronte comune.
Bisogna adoperarsi per unire tutte le forze rivoluzionarie. Questo si può fare soltanto partendo dalla consapevolezza degli insuccessi passati: né il riformismo sterile, né la burocrazia totalitaria può essere una soluzione alla nostra insoddisfazione. Si tratta di inventare nuove forme di organizzazione e di lotta.
L’autogestione nelle imprese e la democrazia diretta a livello comunale sono le basi di questa nuova organizzazione anti-gerarchica nella forma e nel contenuto.
Il potere non è da conquistare, è da distruggere.
Epilogo
“O Gentiluomini, la vita è breve…
Se noi viviamo, viviamo per camminare sulle teste dei re.”
(William Shakespeare)
I. La servitù moderna
"Che epoca terribile quella in cui degli idioti governano dei ciechi."
(William Shakespeare)
La servitù moderna è una servitù volontaria, consentita dalla massa degli schiavi che strisciano sulla superficie terrestre. Comprano liberamente tutti i prodotti che li asservono ogni giorno di più. Si aggrappano spontaneamente ad un lavoro sempre più alienante, generosamente concesso soltanto se “fanno i bravi”. Scelgono loro stessi i padroni che dovranno servire. Perché questa assurda tragedia sia potuta accadere, prima di tutto è stato necessario sottrarre ai membri di questa classe ogni consapevolezza del proprio sfruttamento e della propria alienazione.
Questa è la strana modernità della nostra epoca. Contrariamente agli schiavi dell’antichità, ai servi del Medioevo o agli operai delle prime rivoluzioni industriali, oggi siamo di fronte ad una classe totalmente asservita ma che non sa di esserlo, anzi, che non vuole saperlo.
Ignorano quindi la ribellione, che dovrebbe essere l’unica reazione legittima degli oppressi. Accettano senza fiatare la vita pietosa che è stata decisa per loro. La rinuncia e la rassegnazione sono le cause della loro disgrazia.
Questo è il brutto sogno degli schiavi moderni che non chiedono, in definitiva, che di lasciarsi andare nella danza macabra del sistema dell’alienazione.
"L’oppressione si modernizza estendendo ovunque forme di mistificazione che consentono di occultare la nostra condizione di schiavi.
Mostrare la realtà così com’è veramente, e non come viene presentata dal potere, costituisce la sovversione più autentica.
Solo la verità è rivoluzionaria."
II. La pianificazione del territorio e l’ambiente
"L’urbanistica è la presa di possesso dell’ambiente naturale e umano da parte del capitalismo che, sviluppandosi logicamente come dominazione assoluta, può e deve ora rifare la totalità dello spazio a propria immagine."
(La Società dello Spettacolo, Guy Debord)
Man mano che costruiscono il loro mondo con la forza del loro lavoro alienato, l’ambiente circostante diventa la prigione nella quale devono vivere. Un mondo squallido, senza odore né sapore, un mondo che porta in sé la miseria del modo di produzione dominante.
Questo scenario è in perpetua costruzione. Niente è stabile. Il rifacimento permanente dello spazio circostante trova la propria giustificazione nell’amnesia generalizzata e nell’insicurezza nelle quali devono vivere gli abitanti. Si tratta di rifare tutto ad immagine del sistema: il mondo diventa sempre più sporco e rumoroso, come una fabbrica.
Ogni frammento di questo mondo è proprietà di uno Stato o di un privato. Questo furto sociale che è l’appropriazione esclusiva del suolo si materializza nell’onnipresenza dei muri, delle sbarre, delle recinzioni, dei cancelli e delle frontiere... sono il segno tangibile di questa separazione che invade tutto.
Ma parallelamente, l’unificazione dello spazio secondo gli interessi della cultura mercantile è il grande obiettivo di questa triste epoca. Il mondo deve diventare un’immensa autostrada, razionalizzata all’estremo, per facilitare il trasporto delle merci. Ogni ostacolo, naturale o umano, deve essere rimosso.
Gli insediamenti nei quali si ammucchia questa massa servile somigliano alla loro vita: sembrano delle gabbie, delle prigioni, delle caverne. Ma contrariamente agli schiavi o ai prigionieri, gli oppressi moderni devono pagare la loro gabbia.
"Perché non è l’uomo, ma il mondo che è diventato anormale".
(Antonin Artaud)
III. La merce
“Una merce sembra a prima vista qualcosa di triviale e che si risolve in se stessa. La nostra analisi ha dimostrato invece che è una cosa molto complessa, piena di sottigliezze metafisiche e di arguzie teologiche.”
(Il Capitale, libro IV, capitolo I, Karl Marx)
È dentro abitazioni anguste e lugubri che accumula le nuove merci che dovrebbero, secondo i messaggi pubblicitari onnipresenti, portargli la felicità perfetta. Ma più accumula merci e più si allontana la possibilità di essere felice.
“A che serve ad un uomo di possedere tutto se perde la sua anima.”
Marco 8;36
La merce, ideologica per essenza, spoglia dal proprio lavoro chi la produce e dalla propria vita chi la consuma. Nel sistema economico dominante, non è più la domanda a condizionare l’offerta ma è l’offerta che determina la domanda. È così che nuovi bisogni sono creati periodicamente e vengono rapidamente considerati vitali dall’immensa maggioranza della popolazione: così per la radio, poi la macchina, la televisione, il computer e ora il telefonino.
Tutte queste merci, distribuite in massa in un lasso di tempo molto limitato, modificano profondamente le relazioni umane: servono, da una parte, a isolare un po’ di più gli uomini dai loro simili, e dall’altra, a diffondere i messaggi dominanti del sistema.
"Gli oggetti che possediamo finiscono per possederci."
IV. L’alimentazione
“Quel che è un nutrimento per uno è un veleno per l’altro.”
(Paracelso)
Ma è proprio quando si alimenta che lo schiavo moderno illustra al meglio lo stato di decadenza nel quale si trova. Avendo a disposizione un tempo sempre più limitato per preparare il cibo che ingurgita, è ridotto a consumare alla svelta quello che produce l’industria agro-chimica. Vaga nei supermercati alla ricerca dei surrogati che la società della falsa abbondanza gli concede. Anche in questo caso, ha solo l’illusione della scelta. L’abbondanza dei prodotti alimentari nasconde in realtà il loro degrado e falsificazione. Si tratta notoriamente di organismi geneticamente modificati, di un miscuglio di coloranti e conservanti, di pesticidi, di ormoni e altre invenzioni della modernità. Il piacere immediato è la regola del modo di alimentazione dominante, così com’è la regola di tutte le forme di consumo. E le conseguenze si vedono e illustrano questo modo di alimentarsi.
Ma è di fronte all’indigenza dei più che l’uomo occidentale si rallegra della sua posizione e del suo consumo frenetico. Eppure, la miseria è ovunque laddove regna la società totalitaria mercantile. La scarsità è il rovescio della medaglia della falsa abbondanza. E in un sistema che erige la disuguaglianza a criterio di progresso, anche se la produzione agro-chimica è sufficiente per nutrire la totalità della popolazione mondiale, la fame non dovrà mai scomparire.
“Si sono convinti che l’uomo, specie peccatrice per eccellenza, domini la creazione. Tutte le altre creature non sarebbero state create che per procurargli del cibo, delle pellicce, per essere martoriate, sterminate.”
Isaac Bashevis Singer
L’altra conseguenza della falsa abbondanza alimentare è la generalizzazione delle fabbriche concentrazionarie e lo sterminio massiccio e barbaro delle specie che servono a nutrire gli schiavi. Qui sta l’essenza stessa del modo di produzione dominante. La vita e l’umanità non resistono di fronte alla sete di profitto di pochi.
V. La devastazione dell’ambiente
“È triste pensare che la natura parli e che il genere umano non la ascolti.”
(Victor Hugo)
Il saccheggio delle risorse del pianeta, l’abbondante produzione di energia e merci, gli scarti e altri rifiuti del consumo ostentato ipotecano gravemente le possibilità di sopravvivenza della terra e delle specie che la popolano. Ma per lasciar libero corso al capitalismo selvaggio, la crescita non deve fermarsi mai. Bisogna produrre, produrre e riprodurre ancora.
È sono proprio quelli che inquinano che si presentano oggi come i salvatori potenziali del pianeta. Questi imbecilli dello spettacolo, sponsorizzati dalle multinazionali, cercano di convincerci che un semplice cambiamento delle nostre abitudini di vita basterebbe a salvare il pianeta dal disastro. E mentre ci colpevolizzano, continuano senza tregua ad inquinare l’ambiente e la nostra mente. Queste povere tesi pseudo-ecologiche sono riprese all’unisono da tutti i politici corrotti a corto di slogan pubblicitario. Ma si guardano bene dal proporre un cambiamento radicale nel sistema di produzione. Si tratta, come sempre, di cambiare qualche dettaglio perché tutto rimanga come prima.
VI. Il lavoro
"Lavoro, dal latino Tri Palium, tre pali, strumento di tortura."
Ma per salire sulla giostra del consumo frenetico, servono soldi e per avere soldi bisogna lavorare, cioè vendersi. Il sistema dominante ha fatto del lavoro il suo principale valore. E gli schiavi devono lavorare sempre di più per pagare a credito la loro vita miserabile. Si sfiancano al lavoro, perdono la maggior parte della loro forza vitale e subiscono le peggiori umiliazioni. Dedicano tutta la vita ad un’attività faticosa e noiosa per il profitto di pochi.
L’invenzione della disoccupazione moderna è lì per spaventarli e farli ringraziare la generosità del potere. Che cosa farebbero senza la tortura del lavoro? E sono queste attività alienanti che sono presentate come una liberazione. Che decadenza e che miseria!
Sempre pressati dal cronometro o dalla frusta, ogni gesto degli schiavi è calcolato per aumentare la produttività. L’organizzazione scientifica del lavoro costituisce l’essenza stessa dell’espropriazione dei lavoratori sia dal frutto del proprio lavoro sia dal tempo che dedicano alla produzione automatizzata di merce e servizi. Il ruolo del lavoratore si confonde con quello della macchina nelle fabbriche, con quello del computer negli uffici. Il tempo retribuito non torna più.
Così, ogni lavoratore è assegnato ad un compito ripetitivo, intellettuale o fisico che sia. Egli è specialista nel proprio campo di produzione. Questa specializzazione si riscontra su scala planetaria nel quadro della divisione internazionale del lavoro. Si concepisce in occidente, si produce in Asia e si muore in Africa.
VII. La colonizzazione di tutti i settori della vita
“È l’uomo in sé che è condizionato al comportamento produttivo attraverso l’organizzazione del lavoro, e fuori dalla fabbrica tiene la stessa pelle e la stessa testa.”
(Christophe Dejours)
Lo schiavo moderno avrebbe potuto accontentarsi della propria servitù al lavoro, ma nella misura in cui il sistema di produzione colonizza tutti i settori della vita, il dominato perde il proprio tempo nelle distrazioni, nei divertimenti e nelle vacanze organizzate. Nessun momento del suo quotidiano sfugge alla morsa del sistema. Ogni attimo della sua vita è stato sequestrato. È uno schiavo a tempo pieno.
VIII. La medicina mercantile
"La medicina fa morire più a lungo."
(Plutarco)
Il degrado generalizzato del suo ambiente, dell’aria che respira e del cibo che consuma; lo stress delle sue condizioni lavorative e dell’insieme della sua vita sociale sono all’origine delle nuove malattie dello schiavo moderno. È malato della sua condizione servile e nessuna medicina potrà mai curarlo da questo male. Soltanto la liberazione più completa dalla condizione nella quale si trova prigioniero può liberare lo schiavo moderno dalle proprie sofferenze.
La medicina occidentale conosce un solo rimedio di fronte ai mali di cui soffrono gli schiavi moderni: la mutilazione. È con la chirurgia, gli antibiotici o la chemioterapia che sono trattati i pazienti della medicina mercantile. Ci si accanisce contro le conseguenze del male senza mai cercarne la causa. Le ragioni di questo accanimento sono ovvie: cercare la vera causa ci condurrebbe inevitabilmente a condannare senza appello l’organizzazione sociale nel suo complesso.
Così come ha trasformato in semplice merce ogni dettaglio del nostro mondo, il sistema attuale ha fatto del nostro corpo una merce, un oggetto di studio e sperimentazione consegnato agli apprendisti-stregoni della medicina mercantile e della biologia molecolare. E i padroni del mondo sono già pronti a brevettare la vita. Il sequenziamento completo del DNA del genoma umano è il punto di partenza di una nuova strategia messa in atto dal potere. La decodificazione genetica non ha altro scopo che amplificare considerevolmente le forme di dominazione e di controllo.
Anche il nostro corpo, come tante altre cose, ci è sfuggito.
IX. L’obbedienza come seconda natura
“A forza di obbedire si sviluppano riflessi di sottomissione.”
(Anonimo)
Il meglio della vita gli sfugge, ma lui continua perché è abituato ad obbedire da sempre. L’obbedienza è diventata una seconda natura. Obbedisce senza sapere il perché, semplicemente perché sa di dover obbedire. Obbedire, produrre e consumare, questo è il trittico che domina la sua vita. Obbedisce ai genitori, ai professori, ai datori di lavoro, ai padroni di casa, ai mercanti. Obbedisce alla legge e alle forze dell’ordine. Obbedisce a tutti i poteri perché non sa fare altro. La disobbedienza lo spaventa più di ogni altra cosa perché la disobbedienza significa rischio, avventura, cambiamento. Così come il bambino si spaventa quando perde di vista i genitori, lo schiavo moderno si sente smarrito senza il potere che lo ha creato. Quindi continua ad obbedire.
È la paura che ha fatto di noi degli schiavi e che ci mantiene in questa condizione. È per paura che ci inchiniamo davanti ai padroni del mondo e accettiamo questa vita di umiliazione e di miseria.
Abbiamo però la forza numerica in confronto alla minoranza che governa. La forza non la traggono dalla loro polizia ma proprio dal nostro consenso. Giustifichiamo la nostra vigliaccheria davanti al legittimo scontro con le forze che ci opprimono con un discorso pieno di umanesimo moralizzatore. Il rifiuto della violenza rivoluzionaria è ancorato nelle menti di quelli che si oppongono al sistema nel nome di valori che questo sistema stesso ci ha insegnato.
Il potere invece non esita mai a ricorrere alla violenza quando si tratta di conservare la propria egemonia.
X. La repressione e la sorveglianza
“Sotto un governo che imprigiona ingiustamente, anche il posto dell’uomo giusto è in prigione.”
(La disobbedienza civile, Henry David Thoreau)
Tuttavia, ci sono ancora individui che sfuggono al controllo delle coscienze. Ma sono sotto sorveglianza. Ogni forma di ribellione o di resistenza è di fatto assimilata ad un’attività deviante o terrorista. La libertà esiste soltanto per coloro che difendono gli imperativi mercantili. L’opposizione reale al sistema dominante è ormai totalmente clandestina. Per questi oppositori, la repressione è la regola in uso. E di fronte a questa repressione, il silenzio della maggioranza degli schiavi trova la propria giustificazione nell’aspirazione mediatica e politica a negare il conflitto che esiste nella società reale.
XI. Il denaro
“E quello che una volta si faceva per l’amore di Dio, ora si fa per l’amore del denaro, vale a dire per l’amore di quello che oggi dona il senso di potere più elevato e la coscienza tranquilla.”
(Aurora, F. W. Nietzsche)
Come tutti gli esseri oppressi della Storia, lo schiavo moderno ha bisogno della sua mistica e del suo dio per anestetizzare il male che lo tormenta e la sofferenza che lo opprime. Ma questo nuovo dio, al quale ha consegnato l’anima, non è altro che il Nulla. Un pezzo di carta, un numero che ha significato soltanto perché tutti hanno deciso di conferirgliene. È per questo nuovo dio che studia, lavora, si batte e si vende. È per questo nuovo dio che ha abbandonato ogni valore ed è pronto a fare qualsiasi cosa. Crede che possedendo molti soldi si libererà dagli obblighi di cui è prigioniero. Come se il possesso andasse di pari passi con la libertà. La liberazione è un’ascesi che deriva dal controllo di sé. È un desiderio e una volontà in atto. Sta nell’essere, non nell’avere. Ma allo stesso tempo bisogna essere risoluti a non servire più, a non obbedire più. Bisogna essere capaci di rompere con un’abitudine che nessuno, sembra, osa mettere in discussione.
XII. Nessuna alternativa all’organizzazione sociale dominante
Acta est fabula
(I giochi sono fatti)
Invece lo schiavo moderno è convinto che non c’è alternativa all’organizzazione del mondo attuale. Si è rassegnato a questa vita perché pensa di non poterne avere una diversa. Proprio qui sta la forza della dominazione presente: alimentare l’illusione che questo sistema, che ha colonizzato l’intero pianeta, è la fine della Storia. Ha fatto credere alla classe dominata che adattarsi alla sua ideologia significa adattarsi al mondo così com’è e com’è sempre stato. Sognare un altro mondo è diventato un crimine condannato all’unanimità da tutti i media e da tutti i poteri. Il criminale in realtà è chi contribuisce, consapevolmente o no, alla demenza dell’organizzazione sociale dominante. Non c’è follia più grande di quella del sistema attuale.
XIII. L’immagine
“Se no, sappi o re, che noi non serviremo i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto."
(Vecchio Testamento, Daniele 3:18)
Davanti alla desolazione del mondo reale, si tratta, per il sistema, di colonizzare l’insieme della coscienza degli schiavi. È così che nel sistema dominante, le forze di repressione sono precedute dalla dissuasione che, sin dalla prima infanzia, compie la sua opera di formazione degli schiavi. Devono dimenticare la loro condizione servile, la loro prigione e la loro vita misera. Basta vedere la folla ipnotica connessa davanti a tutti i monitor che accompagnano la loro vita quotidiana. Ingannano la loro insoddisfazione permanente nel riflesso manipolato di una vita sognata, fatta di denaro, di gloria e di avventura. Ma i loro sogni sono tutti penosi, quanto la loro vita miserabile.
Esistono immagini ovunque e per tutti. Portano in sé il messaggio ideologico della società moderna e servono da strumento di unificazione e di propaganda. Crescono man mano che l’uomo viene espropriato dal proprio mondo e dalla propria vita.
I bambini sono il primo bersaglio di queste immagini perché si tratta di soffocare la libertà nella culla. Bisogna abbruttirli e sradicare ogni forma di riflessione e di senso critico. Questo accade ovviamente con la complicità sconcertante dei genitori, che non provano neanche più a resistere alla forza d’urto cumulata di tutti i mezzi moderni di comunicazione. Comprano loro stessi tutte le merci utili all’asservimento dei propri figli. Si dissociano dalla loro educazione e la consegnano al sistema dell’abbrutimento e della mediocrità.
Ci sono immagini per tutte le età e per tutte le classi sociali. E gli schiavi moderni confondono queste immagini con la cultura e, talvolta, anche con l’arte. Si richiamano gli istinti più sordidi per smaltire le scorte di merci. Ed è di nuovo la donna, doppiamente schiava nella società odierna, che paga il prezzo più alto. È ridotta ad essere un semplice oggetto di consumo. La rivolta stessa è diventata un’immagine che viene venduta per meglio distruggere il suo potenziale sovversivo. Oggi l’immagine è sempre la forma di comunicazione più semplice ed efficace. Si costruiscono modelli, si abbrutiscono le masse, si divulgano menzogne, si creano frustrazioni. Si diffonde con l’immagine l’ideologia mercantile perché l’obiettivo è sempre lo stesso: vendere, modelli di vita o prodotti, comportamenti o merci, poco importa, ma bisogna vendere.
XIV. I divertimenti
“La televisione rende idioti quelli che la guardano, non chi la fa”.
(Patrick Poivre d’Arvor)
Questi poveri uomini si divertono, ma il divertimento serve soltanto a distrarli dal vero male che li soffoca. Hanno acconsentito che la loro vita fosse priva di ogni significato e fingono di esserne fieri. Provano ad ostentare la loro soddisfazione ma nessuno si lascia ingannare. Non riescono nemmeno più ad ingannare loro stessi quando si ritrovano davanti al riflesso impietoso dello specchio. Così perdono il loro tempo davanti ad imbecilli assennati a farli ridere o cantare, sognare o piangere.
Si mimano, attraverso lo sport mediatizzato, i successi e gli insuccessi, le forze e le vittorie che gli schiavi moderni hanno smesso di vivere nel proprio quotidiano. La loro insoddisfazione li incita a vivere per delega davanti al televisore. Mentre gli imperatori della Roma antica compravano la sottomissione del popolo con il pane e i giochi del circo, oggi è con i divertimenti e il consumo del vuoto che viene comprato il silenzio degli schiavi.
XV. Il linguaggio
“Si pensa che controlliamo le parole, ma sono le parole che ci controllano.”
(Alain Rey)
La dominazione sulle coscienze passa principalmente attraverso l’utilizzo viziato del linguaggio della classe economicamente e socialmente dominante. Con il monopolio dei mezzi di comunicazione, il potere diffonde l’ideologia mercantile attraverso la definizione rigida, parziale e faziosa, che dà alle parole.
Le parole sono presentate come neutre e come se la loro definizione andasse da sé. Ma sotto il controllo del potere, il linguaggio indica sempre una cosa diversa dalla vita reale.
È innanzitutto un linguaggio della rassegnazione e dell’impotenza, il linguaggio dell’accettazione passiva delle cose così come sono e come devono rimanere. Le parole lavorano per conto dell’organizzazione dominante della vita e il solo fatto di utilizzare il linguaggio del potere ci condanna all’impotenza.
Il problema del linguaggio è al centro della lotta per l’emancipazione umana. Non è una forma di dominazione che si aggiunge alle altre, è il cuore stesso del progetto di asservimento del sistema totalitario mercantile.
È con la riappropriazione del linguaggio e quindi della comunicazione reale tra le persone che emerge nuovamente la possibilità di un cambiamento radicale. È così che il progetto rivoluzionario si congiunge con il progetto poetico. Nell’effervescenza popolare, la parola è presa e reinventata da gruppi numerosi. La spontaneità creatrice s’impadronisce di ognuno e ci unisce tutti.
XVI. L’illusione del voto e della democrazia parlamentare
“Votare, è abdicare.”
(Élisée Reclus)
Tuttavia, gli schiavi moderni si sentono pur sempre cittadini. Credono di votare e decidere liberamente chi condurrà i loro affari. Come se potessero ancora scegliere. Ne hanno soltanto l’illusione. Pensate che ci sia ancora una differenza fondamentale per quanto riguarda il tipo di società nella quale vogliamo vivere tra la destra e i socialisti in Francia, tra i democratici e i repubblicani negli Stati Uniti, tra i laburisti e i conservatori nel Regno Unito? Non esiste opposizione perché i partiti politici dominanti sono d’accordo sull’essenziale e cioè sul mantenimento della società mercantile. Non esistono partiti politici che rimettono in discussione il dogma del mercato in grado di accedere al potere.
E con la complicità mediatica, questi partiti monopolizzano l’apparenza. Bisticciano su dei particolari purché tutto rimanga come prima. Litigano per sapere chi occuperà i posti offerti dal parlamentarismo mercantile.
Questi patetici battibecchi sono ripresi dai media per occultare un vero dibattito sulla scelta di società nella quale vogliamo vivere. L’apparenza e la futilità dominano sulla profondità del conflitto delle idee. Tutto questo non somiglia in nessun modo ad una democrazia.
La democrazia reale si definisce prima di tutto con la partecipazione massiccia dei cittadini alla gestione degli affari della città. È diretta e partecipativa. La sua espressione più autentica è l’assemblea popolare e il dialogo permanente sull’organizzazione della vita in comune. La forma rappresentativa e parlamentare che usurpa il nome di democrazia limita il potere dei cittadini al solo diritto di voto, vale a dire al Nulla, tant’è vero che la scelta tra il grigio chiaro e il grigio scuro non è una scelta reale. La stragrande maggioranza dei seggi parlamentari sono occupati dalla classe economica dominante, che sia di destra o della cosiddetta sinistra social-democratica.
Il potere non è da conquistare, è da distruggere. È dispotico per natura, che sia esercitato da un re, un dittatore o un presidente eletto. L’unica differenza nel caso della “democrazia” parlamentare, è che gli schiavi hanno l’illusione di scegliere liberamente il padrone che dovranno servire. Il voto ha fatto di loro i complici della tirannia che li opprime. Non sono schiavi perché esistono padroni, ma esistono padroni perché hanno scelto di rimanere schiavi.
XVII. Il sistema totalitario mercantile
“La natura non ha creato né padroni né schiavi, non voglio né consegnare né ricevere leggi.”
(Denis Diderot)
Il sistema dominante si definisce quindi con l’onnipresenza della sua ideologia mercantile. Occupa tutto lo spazio e tutti i settori della vita. Non dice altro che: “Producete, vendete, consumate, accumulate!”. Ha ridotto l’insieme dei rapporti umani a rapporti commerciali e considera il nostro pianeta una semplice merce. Il dovere che ci impone è il lavoro servile. L’unico diritto che riconosce è la proprietà privata. L’unico dio che ostenta è il denaro.
Il monopolio dell’apparenza è totale. Si vedono e si sentono soltanto uomini e discorsi favorevoli all’ideologia dominante. La critica a questo mondo è affogata nell’onda mediatica che decide ciò che è bene e ciò che è male, ciò che si può vedere e ciò che non si può vedere.
Onnipresenza dell’ideologia, culto del denaro, monopolio dell’apparenza, partito unico sotto le spoglie del pluralismo parlamentare, assenza di un’opposizione visibile, repressione in ogni forma, volontà di trasformare l’uomo e il mondo. Questa è la vera faccia del totalitarismo moderno chiamato “democrazia liberale” ma che bisogna chiamare ora con il suo vero nome: il sistema totalitario mercantile.
L’uomo, la società e tutto il pianeta sono al servizio di questa ideologia. Il sistema totalitario mercantile è quindi riuscito a compiere ciò che nessun totalitarismo era riuscito a fare prima: unificare il mondo a sua immagine. Oggi non c’è più esilio possibile.
XVIII. Prospettive
Man mano che la repressione si estende a tutti i settori della vita, la ribellione prende il volto di una guerra sociale. Le sommosse rinascono e annunciano la rivoluzione che verrà.
La distruzione della società totalitaria mercantile non è questione di opinione. È una necessità assoluta in un mondo che sappiamo condannato. Il potere è ovunque, ovunque e in ogni momento va combattuto.
La reinvenzione del linguaggio, lo sconvolgimento permanente della vita quotidiana, la disobbedienza e la resistenza sono le parole chiave di questa ribellione contro l’ordine stabilito. Ma per fare in modo che da questa rivolta nasca una rivoluzione, bisogna radunare le soggettività in un fronte comune.
Bisogna adoperarsi per unire tutte le forze rivoluzionarie. Questo si può fare soltanto partendo dalla consapevolezza degli insuccessi passati: né il riformismo sterile, né la burocrazia totalitaria può essere una soluzione alla nostra insoddisfazione. Si tratta di inventare nuove forme di organizzazione e di lotta.
L’autogestione nelle imprese e la democrazia diretta a livello comunale sono le basi di questa nuova organizzazione anti-gerarchica nella forma e nel contenuto.
Il potere non è da conquistare, è da distruggere.
Epilogo
“O Gentiluomini, la vita è breve…
Se noi viviamo, viviamo per camminare sulle teste dei re.”
(William Shakespeare)
“ Toda verdad atraviesa tres estadios:
en primer lugar se le ridiculiza;
en segundo lugar se le oponen violentamente;
finalmente se le acepta como si fuese una evidencia.”
Schopenhauer
"De la servidumbre moderna" es un libro y un documental de 52 minutos producidos de manera totalmente independiente; el libro (y el DVD que contiene) es distribuido gratuitamente en algunos sitios alternativos de Francia y de América Latina. El texto fue creado en Jamaica en octubre de 2007 y el documental fue terminado en Colombia en Mayo de 2009. Existe de él una versión en francés, en inglés y en español.
El objetivo central de esta película es poner al día la condición del esclavo moderno en el marco del sistema totalitario mercantil y dar a conocer las formas de mistificación que ocultan esta condición servil. Fue concebida bajo la única intención de atacar de frente la organización dominante del mundo.
En el inmenso campo de batalla de la guerra civil mundial, el lenguaje constituye una de nuestras armas. La intención es llamar las cosas por su nombre y revelar la esencia escondida de la realidad a través de la manera como es llamada. La democracia liberal, por ejemplo, es un mito ya que la organización dominante del mundo no tiene nada de democrático ni de liberal. Es, entonces, urgente sustituir el mito de la democracia liberal por su realidad concreta de sistema totalitario mercantil; se trata de divulgar esta nueva expresión a modo de una línea de pólvora dispuesta a incendiar las mentes con el desenmascaramiento de la naturaleza profunda de la dominación presente.
Algunos querrán encontrar aquí soluciones o respuestas preconcebidas del género “¿Cómo hacer la revolución?”. Este no es el propósito de esta película. Se trata más bien de hacer la crítica precisa de la sociedad a la que debemos combatir. Esta película es ante todo una herramienta militante cuyo propósito es hacer que la mayoría se cuestione y que la crítica se propague allí donde no tiene acceso. Las soluciones y los elementos del programa debemos construirlos juntos a través de la práctica. No necesitamos un gurú que venga a explicarnos cómo debemos actuar: la libertad de acción debe ser nuestro rasgo característico. Quienes desean continuar siendo esclavos esperan su mesías o la obra que bastaría seguir al pie de la letra para lograr ser libre. Ya hemos visto muchas de esas obras o de esos hombres en la historia del siglo XX que se propusieron constituir la vanguardia revolucionaria y conducir al proletariado hacia la liberación de su condición; los resultados de esa pesadilla hablan por sí mismos.
Por otro lado, condenamos todas las religiones ya que son generadoras de ilusiones que nos invitan a aceptar nuestra sórdida condición de dominados y nos mienten o des-racionalizan casi todo. Pero también condenamos toda estigmatización de cualquier religión en particular. Los adeptos del complot sionista o del peligro islamista son mentes mistificadas que confunden la crítica radical con el odio y el desdén. Solo son capaces de producir lodo. Si algunos de ellos se llaman revolucionarios es más con respecto a las revoluciones nacionales de los años 1930 – 1940 que con respecto a la verdadera revolución liberadora a la que aspiramos. La búsqueda de un chivo expiatorio, en función de su religión o de su pertenencia étnica, es vieja como la civilización y no es más que el producto de las frustraciones de aquellos que buscan respuestas rápidas y simples para el mal que nos agobia. No puede haber ambigüedad en la naturaleza de nuestra lucha. Estamos de parte de la emancipación de la humanidad entera, y en contra de toda forma de discriminación. Todo para todos es la esencia del programa revolucionario al que nosotros adherimos.
Las referencias que inspiraron este trabajo, y en general mi vida, están explícitas en esta película: Diógenes de Sinope, Etienne de la Boétie, Karl Marx y Guy Debord. No las escondo ni pretendo haber descubierto que el agua moja. Se me reconocerá simplemente el mérito de haberme servido de ella para limpiarme de la propaganda del sistema.
Aquellos que dirán que esta obra no es lo suficientemente revolucionaria o realmente radical o incluso una incitación a la violencia, que propongan su propia visión del mundo en el que vivimos. Entre más difundamos estas ideas, más podrá surgir la posibilidad de un cambio radical.
La crisis económica, social y política ha revelado el fracaso patente del sistema totalitario mercantil. Una brecha se ha abierto. Ahora se trata de atreverse (lanzarse) sin miedo pero de manera estratégica. Sin embargo hay que reaccionar rápidamente ya que el poder, perfectamente informado sobre el estado de la radicalización de las contestaciones, prepara un ataque preventivo sin precedentes. La urgencia de los tiempos nos impone la unidad más que la división ya que lo que nos une es más profundo que lo que nos separa. Es siempre muy cómodo criticar lo que hacen las organizaciones, los individuos o los diferentes grupos inspirados por la revolución social, pero, en realidad, estas críticas provienen de la voluntad inmovilista que intenta convencernos de que nada es posible. No hay que equivocarse de enemigo. Las viejas discusiones bizantinas en el campo revolucionario deben dar lugar a la unidad de acción de todas nuestras fuerzas. Hay que dudar de todo, incluso de la duda.
El texto y la película están libres de derechos, y pueden ser copiados, difundidos y proyectados sin la menor duda. Son además gratuitos y no pueden ser vendidos ni comercializados bajo ninguna circunstancia. Sería incoherente proponer una crítica de la omnipresencia de las mercancías con otra mercancía. La lucha contra la propiedad privada, intelectual u otra, es nuestra fuerza de ataque contra la dominación presente.
Esta película, difundida por fuera de cualquier circuito legal o comercial, no puede existir sin el apoyo de las personas que organizan la difusión o la proyección. No nos pertenece, pertenece a quienes quieran tomarlo para lanzarlo a la línea de fuego.
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"Mi optimismo está basado en la certeza de que esta civilización está por derrumbarse. Mi pesimismo, en todo lo que hace por arrastrarnos en su caída."
I. La servidumbre voluntaria
“Es el mal de estos tiempos, los locos guían a los ciegos.”
(William Shakespeare)
La servidumbre moderna es una esclavitud voluntaria, consentida por la muchedumbre de esclavos que se arrastran por la faz de la tierra. Ellos mismos compran las mercancías que los esclavizan cada vez más. Ellos mismos procuran un trabajo cada vez más alienante que se les otorga si demuestran estar suficientemente amansados. Ellos mismos eligen los amos a quienes deberán servir. Para que esta tragedia absurda pueda tener lugar, ha sido necesario despojar a esa clase de la conciencia de su explotación y de su alienación. He ahí la extraña modernidad de nuestra época. Al igual que los esclavos de la antigüedad, que los siervos de la Edad Media y que los obreros de las primeras revoluciones industriales, estamos hoy en día frente a una clase totalmente esclavizada, solo que no lo sabe o más bien, no lo quiere saber. Ellos ignoran la rebelión, que debería ser la única reacción legitima de los explotados. Aceptan sin discutir la vida lamentable que se planeó para ellos. La renuncia y la resignación son la fuente de su desgracia.
He ahí la pesadilla de los esclavos modernos que no aspiran sino a ser llevados por la danza macabra del sistema de la alienación.
La opresión se moderniza expandiendo por todas partes las formas de mistificación que permiten ocultar nuestra condición de esclavos.
Mostrar la realidad tal como es y no tal como la presenta el poder, constituye la subversión más genuina.
Sólo la verdad es revolucionaria.
II. La planeación territorial y la vivienda
“El urbanismo es esta toma de posesión del medio ambiente natural y humano por el capitalismo que, desarrollándose lógicamente como dominación absoluta, puede y debe ahora rehacer la totalidad del espacio como su propio decorado.”
(Guy Debord, La Sociedad del Espectaculo)
A medida que construyen su mundo con la fuerza alienada de su trabajo, el decorado de este mundo se vuelve la cárcel donde tendrán que vivir. Un mundo sórdido, sin sabor ni olor, que lleva en sí la miseria del modo de producción dominante.
Este decorado está en permanente construcción, nada en él es constante. La remodelación continua del espacio que nos rodea está justificada por la amnesia generalizada y la inseguridad con las que tienen que vivir sus habitantes. Se trata de cambiarlo todo a la imagen del sistema: el mundo se vuelve como una fábrica, cada vez más sucio y ruidoso.
Cada parcela de este mundo es propiedad de un Estado o de un particular. Este robo social que es la apropiación exclusiva de la tierra se materializa en la omnipresencia de los muros, de las rejas, de las cercas, de las barreras y de las fronteras. Son las marcas visibles de esa separación que lo invade todo.
Pero al mismo tiempo, la unificación del espacio, según los intereses de la cultura mercantil, es el gran objetivo de nuestra triste época. El mundo debe convertirse en una inmensa autopista, absolutamente eficiente, para facilitar el transporte de las mercancías. Todo obstáculo, natural o humano, debe ser destruido.
La concentración inhumana de esa masa de esclavos es fiel reflejo de su vida: se asemeja a las jaulas, a las cárceles, a las cavernas. Pero a diferencia del esclavo o del prisionero, el explotado de la época moderna debe pagar por su jaula.
“Pues no es el hombre sino el mundo el que se ha vuelto anormal.”
(Antonin Artaud)
III. La mercancía
“A primera vista, una mercancía parece ser una cosa trivial, de comprensión inmediata. Su análisis demuestra que es un objeto endemoniado, rico en sutilezas metafísicas y reticencias teológicas.”
(Karl Marx, El Capital, capítulo I°, libro IV°)
En este estrecho y lúgubre espacio en donde vive, el esclavo acumula las mercancías, que según los mensajes publicitarios omnipresentes, deberán traerle la felicidad y la plenitud. Pero entre más acumula mercancías, más se aleja de él la posibilidad de acceder un día a la felicidad.
“De qué le sirve al hombre poseerlo todo, si a cambio pierde su alma.”
El Evangelio según San Marcos 8, 36.
La mercancía, ideológica por esencia, despoja de su trabajo al que la produce y despoja de su vida al que la consume. En el sistema económico dominante, ya no es la demanda la que condiciona la oferta, sino la oferta la que determina la demanda. Es así como, de manera periódica, surgen nuevas necesidades consideradas vitales por la inmensa mayoría de la población: primero fue el radio, luego el carro, el televisor, el computador y ahora el celular.
Todas estas mercancías, distribuidas masivamente en un corto lapso de tiempo, modifican en profundidad las relaciones humanas: sirven por un lado para aislar a los hombres un poco más de sus semejantes y por otro, para difundir los mensajes dominantes del sistema.
“Las cosas que poseemos terminan por poseernos.”
IV. La alimentación
“Lo que es comida para unos, es veneno para otros.”
(Paracelso)
Pero es cuando se alimenta que el esclavo moderno ilustra mejor el estado de decadencia en que se encuentra. Disponiendo cada vez de menos tiempo para preparar la comida que ingiere, se ve reducido a consumir a la carrera lo que la industria agroquímica produce. Erra por los supermercados en busca de los ersatz que la sociedad de la falsa abundancia consiente en darle. Su elección no es más que una ilusión. La abundancia de los productos alimentarios no disimula sino su degradación y su falsificación. No son otra cosa que organismos genéticamente modificados, una mezcla de colorantes y conservantes, de pesticidas, de hormonas y de otros tantos inventos de la modernidad. El placer inmediato es la regla del modo de alimentación dominante, así como la de todas las formas de consumo. Y las consecuencias que ilustran esta manera de alimentarse se ven por todas partes.
Pero es frente a la indigencia de la mayoría que el hombre occidental se regocija de su posición y de su consumo frenético. Por tanto, la miseria está dondequiera que reine la sociedad mercantil totalitaria. La escasez es el revés de la moneda de la falsa abundancia. Aunque la producción agroquímica es suficiente para alimentar a la totalidad de la población, en un sistema que hace de la desigualdad un criterio de progreso, el hambre no deberá desaparecer jamás.
“Ellos están convencidos de que el hombre, especie pecadora por excelencia, domina la creación. Como si todas las demás criaturas no hubieran sido creadas sino para servirles de comida, de pieles, para ser martirizadas y exterminadas.”
Isaac Bashevis Singer
La otra consecuencia de la falsa abundancia alimentaria es la multiplicación de las fábricas de concentración y el exterminio bárbaro y a gran escala de las especies que sirven para alimentar a los esclavos. Esta es la esencia misma del modo de producción dominante. La vida y la humanidad no resisten más ante el afán de lucro de unos cuantos.
V. La destrucción del medio ambiente
“Qué triste es pensar que la naturaleza habla y que el género humano no la escucha.”
(Victor Hugo)
El pillaje de los recursos del planeta, la abundante producción de energía o de mercancías, los residuos y los desechos del consumo ostentoso hipotecan las posibilidades de supervivencia de nuestra tierra y de las especies que la pueblan. Pero para darle paso al capitalismo salvaje, el crecimiento no deberá parar jamás. Hay que producir, producir y volver a producir cada vez más.
Y son los mismos que contaminan quienes se presentan hoy en día como los salvadores del planeta. Esos imbéciles de la industria del espectáculo, patrocinados por las firmas multinacionales, intentan convencernos de que un simple cambio en nuestros hábitos bastará para salvar al planeta del desastre. Y mientras que nos culpan, continúan contaminando sin cesar el medio ambiente y nuestro espíritu. Esas pobres tesis seudo-ecológicas son repetidas por todos los políticos corruptos que necesitan eslóganes publicitarios. Pero se cuidan bien de no proponer un cambio radical en el sistema de producción. Se trata, como siempre, de cambiar algunos detalles para que lo esencial siga siendo igual.
VI. El trabajo
“Trabajo, del latín tri palium “tres palos”, instrumento de tortura.”
Para entrar en la ronda del consumo frenético, hay que tener dinero y para tenerlo, hay que trabajar, es decir, venderse. El sistema dominante ha hecho del trabajo su principal valor, y los esclavos deben trabajar cada vez más para pagar a crédito su vida miserable. Se agotan en el trabajo, pierden con él la mayor parte de su fuerza vital y tienen que soportar las peores humillaciones. Pasan toda su vida haciendo una actividad extenuante y molesta para el beneficio de unos cuantos. La invención del desempleo moderno tiene como propósito asustarlos y hacerles agradecer sin cesar la generosidad del poder.
¿Qué harían sin esta tortura que es el trabajo? Son estas actividades alienantes las que nos presentan como una liberación. ¡Qué mezquindad y qué desdicha!
Siempre apresurado por el cronómetro o el látigo, cada gesto de los esclavos está calculado a fin de aumentar la productividad. La organización científica del trabajo constituye la esencia misma de la desposesión de los trabajadores, del fruto de su trabajo y del tiempo que pasan en la producción automática de las mercancías o de los servicios. La actividad del trabajador se confunde con el de una máquina en las fábricas, o con el de un computador en las oficinas. El tiempo pagado no se recupera jamás.
De esta manera, a cada empleado se le asigna un trabajo repetitivo, ya sea intelectual o físico. Él es un especialista en su área de producción. Esta especialización se reproduce a escala planetaria en el marco de la división internacional del trabajo. Se concibe en Occidente, se produce en Asía, se muere en África.
VII. La colonización de todos los sectores de la vida
“El hombre entero está condicionado al comportamiento productivo por la organización del trabajo, y fuera de la fábrica, mantiene la misma piel y la misma cabeza.”
Christophe Dejours
A medida que el sistema de producción coloniza todos los sectores de la vida, el esclavo moderno, no conforme con su servidumbre en el trabajo, sigue desperdiciando su tiempo en las actividades de esparcimiento y las vacaciones planificadas. Ningún momento de su vida escapa al dominio del sistema. Cada instante de su vida ha sido invadido. Es un esclavo de tiempo completo.
VIII. la medicina mercantil
“La medicina hace morir más lentamente.”
(Plutarco)
La degradación generalizada de su medio ambiente, del aire que respira, y de la comida que consume; el stress de sus condiciones laborales y de la totalidad de su vida social son el origen de las nuevas enfermedades del esclavo moderno. Su condición servil es una enfermedad para la cual no existirá jamás ninguna medicina. Sólo la completa liberación de la condición en la que se encuentra, puede permitirle al esclavo moderno reponerse de su sufrimiento.
La medicina occidental no conoce sino un remedio contra los males que sufren los esclavos modernos: la mutilación. Es a base de cirugías, de antibióticos o de quimioterapia que se trata a los pacientes de la medicina mercantil. Nunca se ataca el origen del mal sino sus consecuencias, porque la búsqueda de las causas nos conduciría inevitablemente a la condenación implacable de la organización social en su totalidad.
Así como el sistema actual ha convertido cada elemento de nuestro mundo en una simple mercancía, también ha hecho de nuestro cuerpo una mercancía, un objeto de estudio y experimentación para los seudo-sabios de la medicina mercantil y de la biología molecular. Los amos del mundo ya están a punto de patentar todo lo viviente. La secuencia completa del ADN del genoma humano es el punto de partida de una nueva estrategia puesta en marcha por el poder. La decodificación genética no tiene otra finalidad que la de ampliar considerablemente las formas de dominación y de control.
Como tantas otras cosas, nuestro cuerpo ya no nos pertenece.
IX. la obediencia como segunda naturaleza
“A fuerza de obedecer se obtienen reflejos de sumisión.”
(Anónimo)
Lo mejor de su vida se le escurre por los dedos, pero él continúa porque tiene la costumbre de obedecer desde siempre. La obediencia se ha convertido en su segunda naturaleza. Obedece sin saber por qué, simplemente porque sabe que tiene que obedecer. Obedecer, producir y consumir, he ahí el tríptico que domina su vida. Obedece a sus padres, a sus profesores y a sus patrones, a sus propietarios y a sus mercaderes. Obedece a la ley y a las fuerzas del orden, obedece a todos los poderes porque no sabe hacer otra cosa. No hay nada que lo asuste más que la desobediencia, porque la desobediencia es el riesgo, la aventura, el cambio. Así como el niño entra en pánico apenas pierde de vista a sus padres, el esclavo moderno se siente desorientado sin el poder que lo ha creado. Por eso, continúa obedeciendo.
El miedo ha hecho de nosotros unos esclavos y nos mantiene en esa condición. Nos inclinamos ante los amos del mundo; aceptamos esta vida de humillaciones y de miseria, solamente por temor.
Sin embargo, nosotros disponemos de la fuerza numérica frente a la minoría que gobierna. Su fuerza no la obtienen de su policía sino de nuestro consentimiento. Justificamos nuestra cobardía al enfrentamiento legítimo contra las fuerzas que nos oprimen con un discurso lleno de humanismo moralizador. El rechazo a la violencia revolucionaria está anclado en los espíritus de aquellos que se oponen al sistema defendiendo unos valores que el mismo sistema les ha enseñado.
Pero cuando se trata de conservar su hegemonía, el poder no vacila nunca en utilizar la violencia.
X. Represión y vigilancia
“Bajo un gobierno que aprisiona injustamente, el lugar del hombre justo es también en prisión.”
(Henry David Thoreau, La Desobediencia Civil)
Sin embargo, existen algunos individuos que escapan al control de las conciencias, pero están bajo vigilancia. Todo acto de rebelión o de resistencia es asimilado como una actividad desviada o terrorista. La libertad no existe sino para aquellos que defienden los imperativos mercantiles. A partir de ahora, la verdadera oposición al sistema dominante es totalmente clandestina. Contra esos opositores, la represión es la regla vigente. Y el silencio de la mayoría de los esclavos frente a esta represión es justificada por el propósito mediático y político de negar el conflicto que existe en la sociedad real.
XI. El dinero
“Y aquello que hicimos antes por el amor de Dios, lo hacemos ahora por el amor al dinero, es decir, por amor a aquello que da la sensación más elevada de poder y la buena conciencia.”
(Aurora, F. W. Nietzsche)
Como todos los seres oprimidos de la historia, el esclavo moderno necesita de su mística y de su dios para anestesiar el mal que le atormenta y el sufrimiento que le agobia. Pero este nuevo dios, a quien entregó su alma, no es más que la nada. Un trozo de papel, un número que tiene sentido solo porque todos han decidido dárselo. Es por este nuevo dios que estudia, trabaja, riñe y se vende. Es por este nuevo dios que ha abandonado sus valores y está dispuesto a hacer lo que sea. Él cree que entre más plata posea más se librará de la coacción que lo sujeta. Como si la posesión fuera de la mano de la libertad. La liberación es una ascesis que proviene del dominio de sí mismo; un deseo y una voluntad de actuar. Está en el ser y no en el tener. Pero hay que decidirse a no servir ni obedecer más. Falta ser capaz de romper con unos hábitos que nadie, al parecer, osa poner en tela de juicio.
XII. No hay alternativa a la organización social dominante
Acta est fabula
(El juego terminó)
Ahora bien, el esclavo moderno está convencido de que no existe alternativa a la organización del mundo presente. Se ha resignado a esta vida porque piensa que no puede haber otra. Es ahí en donde reside la fuerza de la dominación presente: hacer creer que este sistema que ha colonizado toda la superficie de la Tierra es el fin de la historia. Ha convencido a la clase dominada que adaptarse a su ideología equivale a adaptarse al mundo tal como es y tal como ha sido siempre. Soñar con otro mundo se ha convertido en un crimen condenado al unísono por los medios y por todos los poderes. El criminal es en realidad aquel que contribuye, consciente o no, a la demencia de la organización social dominante. No hay locura más grande que la del sistema presente.
XIII. La imagen
“Pero, sabed, oh rey, que no adoraremos a tus dioses ni nos arrodillaremos ante la imagen de oro.”
(Antiguo Testamento, Daniel 3 :18)
Ante la devastación del mundo real, es necesario para el sistema colonizar la conciencia de los esclavos. Es por eso que el sistema dominante ha decidido enfocarse en la disuasión que, desde la más pequeña edad, cumple el papel preponderante en la formación de los esclavos. Ellos deben olvidar su condición servil, su prisión y su vida miserable. Basta con ver esa muchedumbre hipnótica, conectada a las pantallas que acompañan su vida cotidiana. Ellos disfrazan su insatisfacción permanente con el reflejo manipulado de una vida soñada, hecha de dinero, de gloria y de aventura. Pero sus sueños son tan lamentables como su vida miserable.
Hay imágenes para todo y para todos. Esas imágenes llevan en sí el mensaje ideológico de la sociedad moderna y sirven de instrumento de unificación y de propaganda. Se multiplican a medida que el hombre es despojado de su mundo y de su vida. Es el niño el primer blanco de esas imágenes. Hay que volverlos estúpidos y extirparles toda forma de reflexión y de crítica. Todo ello se hace, claro está, con la desconcertante complicidad de sus padres, quienes han desistido ante el impacto de los medios modernos de comunicación. Ellos mismos compran todas las mercancías necesarias para la esclavización de su progenie. Se desentienden de la educación de sus hijos y se la dejan al sistema del embrutecimiento y de la mediocridad.
Hay imágenes para todas las edades y para todas las clases sociales. Los esclavos modernos confunden esas imágenes con la cultura y, a veces, con el arte. Se recurre constantemente a los instintos más bajos para vender cualquier mercancía. Y es la mujer, doblemente esclava en la sociedad presente, la que paga el precio más alto.
Ella es presentada como simple objeto de consumo. La rebelión ha sido también reducida a una imagen desprovista de su potencial subversivo. La imagen sigue siendo la forma de comunicación más directa y más eficaz: crea modelos, embrutece a las masas, les miente, les infunde frustraciones y les insufla la ideología mercantil. Se trata, pues, una vez más y como siempre, del mismo objetivo: vender, modelos de vida o productos, comportamientos o mercancías, vender no importa qué, pero vender.
XIV. El entretenimiento
“La televisión embrutece a los que la miran, no a los que la hacen.”
(Patrick Poivre d’Arvor)
Esos pobres hombres se divierten, pero ese divertimiento no sirve más que para distraerlos del auténtico mal que los acosa. Han dejado que hicieran de su vida cualquier cosa y fingen sentirse orgullosos de ello. Intentan lucir satisfechos pero nadie les cree; ni ante al frío reflejo del espejo, alcanzan a engañarse. Pierden su tiempo delante de unos imbéciles que los hacen reír o cantar, soñar o llorar.
A través del deporte mediático, se representa el éxito y el fracaso, el esfuerzo y las victorias que el esclavo moderno ha dejado de vivir en carne propia. Su insatisfacción lo incita a vivir por encargo frente a su aparato de televisión. Mientras que los emperadores de la Antigua Roma compraban la sumisión del pueblo con pan y circo, hoy en día, es con divertimientos y consumo del vacío que se compra el silencio de los esclavos.
XV. El lenguaje
“Uno cree que domina las palabras, pero son las palabras las que lo dominan a uno.”
(Alain Rey)
El control de las conciencias es el resultado de la utilización viciada del lenguaje por la clase económica y socialmente dominante. Siendo el dueño de todos los medios de comunicación, el poder difunde la ideología mercantil a través de la definición fija, parcial y amañada que le atribuye a las palabras.
Las palabras son presentadas como si fueran neutras y su definición como evidente. Controladas por el poder, designan siempre una cosa muy distinta a la vida real.
Es ante todo un lenguaje de la resignación y de la impotencia, el lenguaje de la aceptación pasiva de las cosas tal como son y tal como deben permanecer. Las palabras actúan por cuenta de la organización dominante de la vida y el hecho mismo de utilizar el lenguaje del poder, nos condena a la impotencia.
El problema del lenguaje es el punto esencial de la lucha por la emancipación humana. No es una forma de dominación que se añada a otra sino que es el centro mismo del proyecto de sometimiento del sistema mercantil totalitario.
Es a través de la reapropiación del lenguaje y, por tanto, de la comunicación real entre las personas, que surge de nuevo la posibilidad de un cambio radical. Es en este sentido que el proyecto revolucionario converge con el proyecto poético. En la efervescencia popular, la palabra hablada es re-aprendida y reinventada por extensos grupos. La espontaneidad creativa se encuentra en cada uno y nos une a todos.
XVI. La ilusión del voto y la democracia parlamentaria
“Votar es abdicar.”
(Élisée Reclus)
No obstante, los esclavos modernos se sienten todavía ciudadanos. Creen votar y decidir libremente quién conducirá sus asuntos, como si aún pudieran elegir. Pero, cuando se trata de escoger la sociedad en la que queremos vivir, ¿creen ustedes que existe una diferencia fundamental, entre la socialdemocracia y la derecha populista en Francia, entre demócratas y republicanos en Estados Unidos y entre laboristas y conservadores en el Reino Unido? No existe ninguna oposición, puesto que los partidos políticos dominantes están de acuerdo en lo esencial: la conservación de la presente sociedad mercantil. Ninguno de los partidos políticos que pueden acceder al poder pone en entre dicho el dogma del mercado. Y son esos mismos partidos los que, con la complicidad mediática, acaparan las pantallas; riñen por pequeños detalles con la esperanza de que todo siga igual; se disputan por saber quién ocupara los puestos que les ofrece el parlamentarismo mercantil. Esas pobres querellas son difundidas por todos los medios de comunicación con el fin de ocultar un verdadero debate sobre la elección de la sociedad en la que queremos vivir. La apariencia y la futilidad dominan sobre el profundo enfrentamiento de ideas. Todo esto no se parece en nada, ni de lejos, a una democracia.
La democracia real se define en primer lugar y ante todo por la participación masiva de los ciudadanos en la gestión de los asuntos de la ciudad. Es directa y participativa. Encuentra su expresión más autentica en la asamblea popular y en el dialogo permanente sobre la organización de la vida en común. La forma representativa y parlamentaria que usurpa el nombre de democracia limita el poder de los ciudadanos al simple derecho de votar; es decir, a nada. Escoger entre gris claro y gris oscuro no es una elección verdadera. Las sillas parlamentarias son ocupadas en su inmensa mayoría por la clase económicamente dominante, ya sea de derecha o de la pretendía izquierda social demócrata.
No hay que conquistar el poder, hay que destruirlo. Es tiránico por naturaleza, sea ejercido por un rey, un dictador o un presidente electo. La única diferencia en el caso de la “democracia” parlamentaria es que los esclavos tienen la ilusión de elegir ellos mismos al amo que deberán servir. El voto los ha hecho cómplices de la tiranía que los oprime. Ellos no son esclavos porque existen amos, sino que los amos existen porque ellos han elegido mantenerse esclavos.
XVII. El sistema mercantil totalitario
“La naturaleza no creó amos ni esclavos, yo no quiero dar ni recibir leyes.”
(Denis Diderot)
El sistema dominante se define entonces por la omnipresencia de su ideología mercantil. Ocupa a la vez todos los espacios y todos los sectores de la vida. No profesa más que: produce, vende, consume, acumula. Ha reducido todas las relaciones humanas a unas parcas relaciones mercantiles, y considera que nuestro planeta es una simple mercancía. La función que nos asigna es el trabajo servil. El único derecho que reconoce es el derecho a la propiedad privada. Al único dios que rinde culto es al dinero.
El monopolio de la apariencia es total. Solo aparecen los hombres y los discursos favorables a la ideología dominante. La crítica de este mundo se ahoga en el mar mediático que determina qué está bien y qué está mal, lo que se puede y lo que no se puede ver.
Omnipresencia de la ideología, culto al dinero, monopolio de la apariencia, partido único disfrazado de pluralismo parlamentario, ausencia de una oposición visible, represión en todas sus formas, voluntad de transformar al hombre y al mundo: He ahí la verdadera cara del totalitarismo moderno que ellos llaman “democracia liberal”, pero que es hora de llamar por su verdadero nombre: el sistema mercantil totalitario.
El hombre, la sociedad y todo nuestro planeta están al servicio de esta ideología. El sistema mercantil totalitario ha logrado lo que ningún otro totalitarismo había podido: ocupar cada resquicio del planeta. Hoy en día, ninguna forma de exilio es posible.
XVIII. Perspectivas
A medida que la opresión se expande por todos los sectores de la vida, la rebelión toma el aspecto de una guerra social. Los motines renacen y anuncian que la revolución está por llegar.
La destrucción de la sociedad mercantil totalitaria no es un asunto de opinión, es una necesidad absoluta en un mundo que se sabe condenado. Ya que el poder está en todas partes, es por todas partes y por todo el tiempo que hay que combatirlo.
La reinvención del lenguaje, el trastorno permanente de la vida cotidiana, la desobediencia y la resistencia son las palabras claves de la rebelión contra el orden establecido. Pero para que de esta rebelión surja una revolución hay que encaminar las subjetividades a un frente común.
Es en la unidad de todas las fuerzas revolucionarias que hay que obrar. Esta no se puede conseguir más que siendo conscientes de nuestros fracasos pasados: ni el reformismo estéril ni la burocracia totalitaria pueden ser una solución para nuestra inconformidad. Se trata de inventar nuevas formas de organización y de lucha.
La autogestión en las empresas y la democracia directa a escala comunal constituyen las bases de esta nueva organización que debe ser anti-jerárquica, tanto en la forma como en el contenido.
Al poder no hay que conquistarlo, hay que destruirlo.
Epílogo
“Caballeros, el tiempo de la vida es muy corto…
Si vivimos, vivimos para hollar cabezas de reyes.”
(William Shakespeare)
Jean-François Brient & Victor León Fuentes
Vedi anche: The Corporation
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