In quest’ultima parte è mia intenzione soffermarmi su quelle che, personalmente, ritengo le poesie più fortemente simboliche e rappresentative del mito di Ernesto Guevara.
Si tratta di tre poesie scelte non in base ad un criterio particolare ma per il fatto che si distinguono per diversi motivi: per la loro celebrità, il loro contenuto, il loro valore tecnico, la loro bellezza tecnica e formale. Per cui, essendo queste tre poesie già di per sé molto indicative, mi sembra opportuno riportarle integralmente con delle brevi introduzioni esplicative ma senza alcun commento.
Credo infatti che, come accade per molte opere d’arte, esistono poesie che vanno solamente lette, “gustate” mentalmente e personalmente, lasciando nel lettore, senza alcun supporto intellettuale esterno, il fascino e la possibilità di interpretarne ed apprezzarne da solo i profondi significati. Oltretutto queste tre poesie sono state anche musicate e proprio grazie alla loro versione cantata hanno ricevuto maggiori notorietà e apprezzamento.
Su tutte vale il caso della prima poesia: Hasta siempre, scritta dal compositore cubano Carlos Puebla. Hasta siempre nasce infatti proprio come canzone e rappresenta il brano musicale dedicato al Che (e allo stesso tempo la poesia) più noto nel mondo. E’ infatti l’unica canzone composta quando Guevara era ancora in vita ed a Cuba è considerata la canzone nazionale per eccellenza.
Non c’è infatti complesso musicale cubano o caraibico che non abbia un suo modo specifico di interpretare la canzone, che comunque, nella sua versione originale, viene eseguita al tempo di una guajira.
Vale la pena ricordare, come unico commento ed introduzione ad Hasta siempre, le parole che scrisse riguardo questa canzone lo scrittore cileno Manuel Rojas l’indomani della morte del Che.
En ningún otro país podía haberse escrito ni cantado esa cuarteta, más que en Cuba, en donde aquella presencia, de entrañable transparencia, vive con mucha fuerza.
Eso era en marzo. Estamos en octubre. Y ya no sólo en Cuba. Esa presencia, esa claridad y esa transparencia que alaba el poeta cubano se han extendido a toda América. La impura mano militar que mató, asesinó a ese hombre en Vallegrande, no supo hasta que punto hacía crecer esa presencia, esa claridad y esa transparencia…
Ernesto Che Guevara, “aguerrido y guerrillero”, como lo llamó su hermano Fidel, permanecerá cada día más claro, más transparente y más entrañable, en nuestros corazones y en la tierra de América.
In nessun altro paese poteva essere scritta o cantata questa quartina (si riferisce al ritornello, ndt.), più che a Cuba, dove quella presenza, quella appassionata trasparenza, vive con molta forza.
Questo accadeva a marzo. Ora siamo ad ottobre. E ormai non solo a Cuba. Questa presenza, questa fama e questa trasparenza che esaltava il poeta cubano si sono estese in tutta l’America.
L’impura mano militare che uccise, assassinò quest’uomo a Vallegrende, non sa fino a che punto è potuta crescere questa presenza, questa fama, questa trasparenza…
Ernesto Che Guevara, “agguerrito e guerrigliero”, come lo chiamò suo fratello Fidel, sopravviverà ogni giorno più chiaro, più trasparente, più appassionato, nei nostri cuori e nella terra d'America.
Hasta siempre
Aprendimos a quererte
desde la histórica altura
donde el sol de tu bravura
le puso cerco a la muerte.
Aquí se queda la clara,
la entrañable transparencia
de tu querida presencia,
comandante Che Guevara.
Tu mano gloriosa y fuerte
sobre la historia dispara
cuando todo Santa Clara
se despierta para verte.
Aquí se queda…
Vienes quemando la brisa
con soles de primavera
para plantar la bandera
con la luz de tu sonrisa.
Aquí se queda…
Tu amor revolucionario
te conduce a nueva empresa
donde esperan la firmeza
de tu brazo libertario.Aquí se queda…
Seguiremos adelante
como junto a ti seguimos
y con Fidel te decimos:
¡ Hasta siempre, comandante!
Apprendemmo ad amarti
da quella storica altezza
in cui il sole del tuo coraggio
pose l’assedio alla morte.
Qui rimane la chiara
appassionata trasparenza
della tua cara presenza
comandante Che Guevara.
La tua mano gloriosa e forte
è sulla storia che spara
quando tutta Santa Clara
si ridesta per vederti.
Qui rimane…
Arrivi infiammando la brezza
con soli di primavera
per piantare la bandiera
con la luce del tuo sorriso.
Qui rimane…
Il tuo amore rivoluzionario
ti conduce a nuova impresa
dove aspettano la fermezza
del tuo braccio libertario.
Qui rimane…
Proseguiremo in avanti
mentre ti restiamo accanto
e con Fidel ti diciamo
Hasta siempre, Comandante!
La seconda poesia è Si el poeta eres tú, del poeta-cantautore Pablo Milanés, autore di musica e parole. Si el poeta eres tú può essere considerato forse il brano più emotivamente toccante tra tutti quelli presi in considerazione.
Si el poeta eres tú
Si el poeta eres tú,
como dijo el poeta,
y el que ha tumbado estrellas
en mil noches de lluvias coloridas
eres tú,
¿ qué tengo yo que hablarte, Comandante?
Si el que asomó al futuro su perfil
y lo estrenó con voces de fusil
fuiste tú,
guerrero para siempre, tiempo eterno
¿ qué puedo yo cantarte, Comandante?
En vano busco en mi guitarra tu dolor,
y en mi jardín ya todo es bello:
no hay temor.
¿ Qué puedo yo dejarte, Comandante,
que no sea cambiar mi guitarra por tu suerte?
O negarle una canción al sol
o morir sin amor.
¿Qué tengo yo que hablarte, Comandante?
Si el poeta eres tú…
Se il poeta sei tu
come disse il poeta
e chi ha scagliato stelle
in mille notti di piogge colorate
sei tu
cosa dovrei dirti, Comandante?
Se chi ha mostrato il profilo dell’avvenire
e lo ha espresso con voci di fucile
sei stato tu
guerriero per sempre, tempo eterno
cosa potrei cantarti Comandante?
Invano cerco nella mia chitarra il tuo dolore
e nel mio giardino già tutto è bello
senza timore.
Cosa potrei lasciarti, Comandante
che non sia cambiare la mia chitarra con la tua sorte?
O negare una canzone al sole
o morir senza amore.
Cosa dovrei dirti, Comandante?
Se il poeta sei tu…
La terza poesia è Guitarra en duelo mayor scritta da Nicolás Guillén, meglio nota come Soldadito boliviano nella versione ed interpretazione vocale di Paco Ibañez. L’immagine del “soldatino boliviano” è ripresa dal Diario del Che in Bolivia , (il 3 giugno 1967), in cui egli così definisce i militari boliviani al servizio dei rangers statunitensi, che da mesi davano la caccia al Che e al suo piccolo gruppo di guerriglieri.
Questa definizione appare a metà strada tra l’accusa e la compassione verso quei latinoamericani incapaci di o impossibilitati a comprendere l’ideologia e la lotta rivoluzionaria di Guevara, e sottomessi agli ordini della Cia e dei militari statunitensi, i veri responsabili della povertà dell’America Latina.
La stessa definizione appare tragicamente premonitrice del destino beffardo e crudele che attendeva il Che: poiché nessun ufficiale boliviano e statunitense aveva il coraggio di eseguire la condanna, l’esecuzione fu ordinata proprio ad un soldato semplice boliviano. Vale così la pena, prima di riportare la poesia, ricordare rapidamente quella breve pagina del diario.
Alle 14,30 è transitato un camion con dei maiali che abbiamo lasciato passare, alle 16,20 una camionetta con bottiglie vuote e alle 17 un camion dell’esercito, lo stesso di ieri; nel cassone due soldatini avvolti in una coperta. Non ho avuto il coraggio di sparargli e nemmeno i riflessi abbastanza pronti per bloccarlo; così lo abbiamo lasciato passare.
Guitarra en duelo mayor
Soldadito de Bolivia,
soldadito boliviano,
armado vas de tu rifle,
que es un rifle americano,
que es un rifle americano,
soldadito de Bolivia,
que es un rifle americano.
Te lo dio el señor Barrientos,
soldadito boliviano,
regalo de míster Johnson
para matar a tu hermano,
para matar a tu hermano,
soldadito de Bolivia,
para matar a tu hermano.
¿ No sabes quién es el muerto,
soldadito boliviano?
El muerto es el Che Guevara,
y era argentino y cubano,
y era argentino y cubano,
soldadito de Bolivia,
y era argentino y cubano.
El fue tu mejor amigo,
soldadito boliviano;
él fue tu amigo de a pobre
del Oriente al altiplano,
del Oriente al altiplano,
soldadito de Bolivia,
del Oriente al altiplano.
Está mi guitarra entera,
soldadito boliviano,
de luto, pero no llora,
aunque llorar es humano,
aunque llorar es humano,
soldadito de Bolivia,
aunque llorar es humano.
No llora porque la hora,
soldadito boliviano,
no es de lágrima y pañuelo,
sino de machete en mano,
sino de machete en mano,
soldadito de Bolivia,
sino de machete en mano.
Con el cobre que te paga,
soldadito boliviano,
que te vendes, que te compra,
es lo que piensa el tirano,
es lo que piensa el tirano,
soldadito de Bolivia,
es lo que piensa el tirano.
Despierta, que ya es de día,
soldadito boliviano,
está en pie ya todo el mundo
porque el sol salió temprano,
porque el sol salió temprano,
soldadito de Bolivia,
porque el sol salió temprano.
Coge el camino derecho,
soldadito boliviano;
no es siempre camino fácil,
no es fácil siempre ni llano,
no es fácil siempre ni llano,
soldadito de Bolivia,
no es fácil siempre ni llano.
Per aprenderás seguro,
soldadito boliviano,
que a un hermano no se mata,
que no se mata un hermano,
que no se mata un hermano,
soldadito de Bolivia,
que no se mata un hermano.
Chitarra in lutto maggiore
Soldatino di Bolivia
soldatino boliviano
vai armato del tuo fucile
che è un fucile americano
che è un fucile americano
soldatino di Bolivia
che è un fucile americano.
Te l’ha dato il signor Barrientos
soldatino boliviano
regalo di mister Johnson
per uccidere tuo fratello
per uccidere tuo fratello
soldatino di Bolivia
per uccidere tuo fratello.
Non sai chi è il morto
soldatino boliviano?
Il morto è Che Guevara
che era argentino e cubano
che era argentino e cubano
soldatino di Bolivia
che era argentino e cubano.
E’ stato il tuo miglior amico
soldatino boliviano
è stato il tuo amico di povertà
dall’Oriente all’altipiano
dall’Oriente all’altipiano
soldatino di Bolivia
dall’Oriente all’altipiano.
Tutta la mia chitarra
soldatino boliviano
è in lutto, ma non piange
anche se piangere è umano
anche se piangere è umano
soldatino di Bolivia
anche se piangere è umano.
Non piange perché il momento
soldatino boliviano
non è da lacrima né fazzoletto
ma da machete in mano
ma da machete in mano
soldatino di Bolivia
ma da machete in mano.
Col rame con cui ti paga
soldatino boliviano
che ti vendi e che ti compra
pensa il tiranno
pensa il tiranno
soldatino di Bolivia
pensa il tiranno.
Svegliati, che ormai è giorno
soldatino boliviano
tutto il mondo è in piedi
perché il sole è sorto presto
perché il sole è sorto presto
soldatino di Bolivia
perché il sole è sorto presto.
Prendi la strada dritta
soldatino boliviano
non è sempre una strada facile
non è sempre facile né semplice
non è sempre facile né semplice
soldatino di Bolivia
non è sempre facile né semplice.
Ma imparerai certamente
soldatino boliviano
che un fratello non lo si uccide
che non si uccide un fratello
che non si uccide un fratello
soldatino di Bolivia
che non si uccide un fratello.
Conclusione
E’ difficile trarre una considerazione conclusiva riguardo al mito letterario di Che Guevara; anche perché non esistono criteri fissi di analisi ed interpretazione di una ideologia, di un modo di vivere e di pensare come quelli che hanno contraddistinto Ernesto Guevara. Nel caso poi di un personaggio così “umanista” come il Che, nell’accezione storica del termine, i messaggi e i significati che ognuno coglie nella sua leggenda non possono che essere soggettivi. Si può forse pretendere un giusto approccio intellettuale e morale, e dunque il meno possibile consumistico e folcloristico, all’interpretazione della vita del Che. In questo senso credo sia più utile e semplice riportare le riflessioni che fece sul Che Italo Calvino subito dopo la morte del rivoluzionario cubano.
Io sono qui, seduto nel mio studio, tra i miei libri, nella finta pace e nella finta prosperità dell’Europa, dedico un breve intervallo del mio tranquillo lavoro a scrivere, senza alcun rischio, d’un uomo che ha voluto assumersi tutti i rischi, che non ha accettato la finzione d’una pace provvisoria, un uomo che chiedeva a sé e agli altri il massimo spirito di sacrificio, convinto che ogni risparmio di sacrifici oggi si pagherà domani con una somma di sacrifici ancora maggiori. Guevara è per noi questo richiamo alla gravità assoluta di tutto ciò che riguarda la rivoluzione e l’avvenire del mondo, questa critica radicale a ogni gesto che serva soltanto a mettere a posto le nostre coscienze. In questo senso egli resta al centro delle nostre discussioni e dei nostri pensieri, così ieri da vivo come oggi da morto. E’ una presenza che non chiede da noi né consensi superficiali né atti di omaggio formali; essi equivarrebbero a misconoscere, a minimizzare l’estremo rigore della sua lezione. La “linea del Che” esige molto dagli uomini; esige molto sia come metodo di lotta sia come prospettiva della società che deve nascere dalla lotta. Di fronte a tanta coerenza e coraggio nel portare alle ultime conseguenze un pensiero e una vita, mostriamoci innanzitutto modesti e sinceri, coscienti di quello che la “linea del Che” vuol dire – una trasformazione radicale non solo della società ma della “natura umana”, a cominciare da noi stessi – e coscienti di che cosa ci separa dal metterla in pratica.
[Pubblicato su un giornale italiano pochi giorni dopo la morte del Che, questo breve testo di Calvino è rimasto praticamente inedito. A Cuba, invece, il testo integrale ( Todo lo que trate de escribir ) fu tradotto e pubblicato alle pp. 9-10 del numero 46 di Casa de las Américas, genn.- febbr. 1968 ]
Calvino coglie in pieno una grande verità: “la finta pace e prosperità dell’Europa”, la convinzione occidentale di essere, in quanto figli della cultura greco-romana e in quanto creatori del cattolicesimo, gli unici destinatari della verità e del potere decisionale nel mondo, appaiono legittimare in noi europei il diritto di giudicare qualunque realtà diversa dalla nostra, qualunque mondo differente, cioè “altro”, dunque inferiore.
Anche la cultura degli Stati Uniti, del resto figlia della “grande Europa”, è molto occidentale, nel senso non geografico ma intellettuale della parola.
Questo preteso diritto giudicante senza la necessità di conoscere e comparare ha prodotto in America Latina una sottomissione politica, economica e culturale enormemente distruttiva per l’intero continente. Di conseguenza non c’è mai stato alcun bisogno di parlare dell’America Latina, della sua storia, delle sue popolazioni, delle sue origini, della sua cultura, perché ha sempre significato essere costretti allo stesso tempo a dover parlare delle colonie, degli schiavi, dei negri, degli indios, della Chiesa, degli indiani, dei meticci, dei creoli, di Arbenz, di Perón, di Somoza, di Pinochet, di Collor de Melo, della Cia ecc.
Ernesto Che Guevara con il suo pensiero, la sua parola e la sua azione, che raramente concordano nella vita di un uomo, ha ridato vita, forza e dignità all’America Latina, quella “meticcia”, quella “altra” che noi conosciamo poco; e la paura che anima gli Stati Uniti e l’Europa di fronte a questa evidenza e alla impossibilità di non riconoscere che esiste un’ “altra” America Latina, migliore e più intelligente, ne è la più eloquente conferma.
Così si può discutere all’infinito se sia fallita la lotta armata di Ernesto Guevara, la sua guerra di guerriglia, la sua spedizione in Congo e poi in Bolivia, l’idea quasi utopistica di espandere la rivoluzione in tutti i paesi sottosviluppati. Si può sicuramente pensare che la rivoluzione armata del Che è stata un fallimento; ma di certo, nel senso gramsciano del termine, non ha fallito bensì ha trionfato la sua rivoluzione culturale.
Si tratta di tre poesie scelte non in base ad un criterio particolare ma per il fatto che si distinguono per diversi motivi: per la loro celebrità, il loro contenuto, il loro valore tecnico, la loro bellezza tecnica e formale. Per cui, essendo queste tre poesie già di per sé molto indicative, mi sembra opportuno riportarle integralmente con delle brevi introduzioni esplicative ma senza alcun commento.
Credo infatti che, come accade per molte opere d’arte, esistono poesie che vanno solamente lette, “gustate” mentalmente e personalmente, lasciando nel lettore, senza alcun supporto intellettuale esterno, il fascino e la possibilità di interpretarne ed apprezzarne da solo i profondi significati. Oltretutto queste tre poesie sono state anche musicate e proprio grazie alla loro versione cantata hanno ricevuto maggiori notorietà e apprezzamento.
Su tutte vale il caso della prima poesia: Hasta siempre, scritta dal compositore cubano Carlos Puebla. Hasta siempre nasce infatti proprio come canzone e rappresenta il brano musicale dedicato al Che (e allo stesso tempo la poesia) più noto nel mondo. E’ infatti l’unica canzone composta quando Guevara era ancora in vita ed a Cuba è considerata la canzone nazionale per eccellenza.
Non c’è infatti complesso musicale cubano o caraibico che non abbia un suo modo specifico di interpretare la canzone, che comunque, nella sua versione originale, viene eseguita al tempo di una guajira.
Vale la pena ricordare, come unico commento ed introduzione ad Hasta siempre, le parole che scrisse riguardo questa canzone lo scrittore cileno Manuel Rojas l’indomani della morte del Che.
En ningún otro país podía haberse escrito ni cantado esa cuarteta, más que en Cuba, en donde aquella presencia, de entrañable transparencia, vive con mucha fuerza.
Eso era en marzo. Estamos en octubre. Y ya no sólo en Cuba. Esa presencia, esa claridad y esa transparencia que alaba el poeta cubano se han extendido a toda América. La impura mano militar que mató, asesinó a ese hombre en Vallegrande, no supo hasta que punto hacía crecer esa presencia, esa claridad y esa transparencia…
Ernesto Che Guevara, “aguerrido y guerrillero”, como lo llamó su hermano Fidel, permanecerá cada día más claro, más transparente y más entrañable, en nuestros corazones y en la tierra de América.
In nessun altro paese poteva essere scritta o cantata questa quartina (si riferisce al ritornello, ndt.), più che a Cuba, dove quella presenza, quella appassionata trasparenza, vive con molta forza.
Questo accadeva a marzo. Ora siamo ad ottobre. E ormai non solo a Cuba. Questa presenza, questa fama e questa trasparenza che esaltava il poeta cubano si sono estese in tutta l’America.
L’impura mano militare che uccise, assassinò quest’uomo a Vallegrende, non sa fino a che punto è potuta crescere questa presenza, questa fama, questa trasparenza…
Ernesto Che Guevara, “agguerrito e guerrigliero”, come lo chiamò suo fratello Fidel, sopravviverà ogni giorno più chiaro, più trasparente, più appassionato, nei nostri cuori e nella terra d'America.
Hasta siempre
Aprendimos a quererte
desde la histórica altura
donde el sol de tu bravura
le puso cerco a la muerte.
Aquí se queda la clara,
la entrañable transparencia
de tu querida presencia,
comandante Che Guevara.
Tu mano gloriosa y fuerte
sobre la historia dispara
cuando todo Santa Clara
se despierta para verte.
Aquí se queda…
Vienes quemando la brisa
con soles de primavera
para plantar la bandera
con la luz de tu sonrisa.
Aquí se queda…
Tu amor revolucionario
te conduce a nueva empresa
donde esperan la firmeza
de tu brazo libertario.Aquí se queda…
Seguiremos adelante
como junto a ti seguimos
y con Fidel te decimos:
¡ Hasta siempre, comandante!
Apprendemmo ad amarti
da quella storica altezza
in cui il sole del tuo coraggio
pose l’assedio alla morte.
Qui rimane la chiara
appassionata trasparenza
della tua cara presenza
comandante Che Guevara.
La tua mano gloriosa e forte
è sulla storia che spara
quando tutta Santa Clara
si ridesta per vederti.
Qui rimane…
Arrivi infiammando la brezza
con soli di primavera
per piantare la bandiera
con la luce del tuo sorriso.
Qui rimane…
Il tuo amore rivoluzionario
ti conduce a nuova impresa
dove aspettano la fermezza
del tuo braccio libertario.
Qui rimane…
Proseguiremo in avanti
mentre ti restiamo accanto
e con Fidel ti diciamo
Hasta siempre, Comandante!
La seconda poesia è Si el poeta eres tú, del poeta-cantautore Pablo Milanés, autore di musica e parole. Si el poeta eres tú può essere considerato forse il brano più emotivamente toccante tra tutti quelli presi in considerazione.
Si el poeta eres tú
Si el poeta eres tú,
como dijo el poeta,
y el que ha tumbado estrellas
en mil noches de lluvias coloridas
eres tú,
¿ qué tengo yo que hablarte, Comandante?
Si el que asomó al futuro su perfil
y lo estrenó con voces de fusil
fuiste tú,
guerrero para siempre, tiempo eterno
¿ qué puedo yo cantarte, Comandante?
En vano busco en mi guitarra tu dolor,
y en mi jardín ya todo es bello:
no hay temor.
¿ Qué puedo yo dejarte, Comandante,
que no sea cambiar mi guitarra por tu suerte?
O negarle una canción al sol
o morir sin amor.
¿Qué tengo yo que hablarte, Comandante?
Si el poeta eres tú…
Se il poeta sei tu
come disse il poeta
e chi ha scagliato stelle
in mille notti di piogge colorate
sei tu
cosa dovrei dirti, Comandante?
Se chi ha mostrato il profilo dell’avvenire
e lo ha espresso con voci di fucile
sei stato tu
guerriero per sempre, tempo eterno
cosa potrei cantarti Comandante?
Invano cerco nella mia chitarra il tuo dolore
e nel mio giardino già tutto è bello
senza timore.
Cosa potrei lasciarti, Comandante
che non sia cambiare la mia chitarra con la tua sorte?
O negare una canzone al sole
o morir senza amore.
Cosa dovrei dirti, Comandante?
Se il poeta sei tu…
La terza poesia è Guitarra en duelo mayor scritta da Nicolás Guillén, meglio nota come Soldadito boliviano nella versione ed interpretazione vocale di Paco Ibañez. L’immagine del “soldatino boliviano” è ripresa dal Diario del Che in Bolivia , (il 3 giugno 1967), in cui egli così definisce i militari boliviani al servizio dei rangers statunitensi, che da mesi davano la caccia al Che e al suo piccolo gruppo di guerriglieri.
Questa definizione appare a metà strada tra l’accusa e la compassione verso quei latinoamericani incapaci di o impossibilitati a comprendere l’ideologia e la lotta rivoluzionaria di Guevara, e sottomessi agli ordini della Cia e dei militari statunitensi, i veri responsabili della povertà dell’America Latina.
La stessa definizione appare tragicamente premonitrice del destino beffardo e crudele che attendeva il Che: poiché nessun ufficiale boliviano e statunitense aveva il coraggio di eseguire la condanna, l’esecuzione fu ordinata proprio ad un soldato semplice boliviano. Vale così la pena, prima di riportare la poesia, ricordare rapidamente quella breve pagina del diario.
Alle 14,30 è transitato un camion con dei maiali che abbiamo lasciato passare, alle 16,20 una camionetta con bottiglie vuote e alle 17 un camion dell’esercito, lo stesso di ieri; nel cassone due soldatini avvolti in una coperta. Non ho avuto il coraggio di sparargli e nemmeno i riflessi abbastanza pronti per bloccarlo; così lo abbiamo lasciato passare.
Guitarra en duelo mayor
Soldadito de Bolivia,
soldadito boliviano,
armado vas de tu rifle,
que es un rifle americano,
que es un rifle americano,
soldadito de Bolivia,
que es un rifle americano.
Te lo dio el señor Barrientos,
soldadito boliviano,
regalo de míster Johnson
para matar a tu hermano,
para matar a tu hermano,
soldadito de Bolivia,
para matar a tu hermano.
¿ No sabes quién es el muerto,
soldadito boliviano?
El muerto es el Che Guevara,
y era argentino y cubano,
y era argentino y cubano,
soldadito de Bolivia,
y era argentino y cubano.
El fue tu mejor amigo,
soldadito boliviano;
él fue tu amigo de a pobre
del Oriente al altiplano,
del Oriente al altiplano,
soldadito de Bolivia,
del Oriente al altiplano.
Está mi guitarra entera,
soldadito boliviano,
de luto, pero no llora,
aunque llorar es humano,
aunque llorar es humano,
soldadito de Bolivia,
aunque llorar es humano.
No llora porque la hora,
soldadito boliviano,
no es de lágrima y pañuelo,
sino de machete en mano,
sino de machete en mano,
soldadito de Bolivia,
sino de machete en mano.
Con el cobre que te paga,
soldadito boliviano,
que te vendes, que te compra,
es lo que piensa el tirano,
es lo que piensa el tirano,
soldadito de Bolivia,
es lo que piensa el tirano.
Despierta, que ya es de día,
soldadito boliviano,
está en pie ya todo el mundo
porque el sol salió temprano,
porque el sol salió temprano,
soldadito de Bolivia,
porque el sol salió temprano.
Coge el camino derecho,
soldadito boliviano;
no es siempre camino fácil,
no es fácil siempre ni llano,
no es fácil siempre ni llano,
soldadito de Bolivia,
no es fácil siempre ni llano.
Per aprenderás seguro,
soldadito boliviano,
que a un hermano no se mata,
que no se mata un hermano,
que no se mata un hermano,
soldadito de Bolivia,
que no se mata un hermano.
Chitarra in lutto maggiore
Soldatino di Bolivia
soldatino boliviano
vai armato del tuo fucile
che è un fucile americano
che è un fucile americano
soldatino di Bolivia
che è un fucile americano.
Te l’ha dato il signor Barrientos
soldatino boliviano
regalo di mister Johnson
per uccidere tuo fratello
per uccidere tuo fratello
soldatino di Bolivia
per uccidere tuo fratello.
Non sai chi è il morto
soldatino boliviano?
Il morto è Che Guevara
che era argentino e cubano
che era argentino e cubano
soldatino di Bolivia
che era argentino e cubano.
E’ stato il tuo miglior amico
soldatino boliviano
è stato il tuo amico di povertà
dall’Oriente all’altipiano
dall’Oriente all’altipiano
soldatino di Bolivia
dall’Oriente all’altipiano.
Tutta la mia chitarra
soldatino boliviano
è in lutto, ma non piange
anche se piangere è umano
anche se piangere è umano
soldatino di Bolivia
anche se piangere è umano.
Non piange perché il momento
soldatino boliviano
non è da lacrima né fazzoletto
ma da machete in mano
ma da machete in mano
soldatino di Bolivia
ma da machete in mano.
Col rame con cui ti paga
soldatino boliviano
che ti vendi e che ti compra
pensa il tiranno
pensa il tiranno
soldatino di Bolivia
pensa il tiranno.
Svegliati, che ormai è giorno
soldatino boliviano
tutto il mondo è in piedi
perché il sole è sorto presto
perché il sole è sorto presto
soldatino di Bolivia
perché il sole è sorto presto.
Prendi la strada dritta
soldatino boliviano
non è sempre una strada facile
non è sempre facile né semplice
non è sempre facile né semplice
soldatino di Bolivia
non è sempre facile né semplice.
Ma imparerai certamente
soldatino boliviano
che un fratello non lo si uccide
che non si uccide un fratello
che non si uccide un fratello
soldatino di Bolivia
che non si uccide un fratello.
Conclusione
E’ difficile trarre una considerazione conclusiva riguardo al mito letterario di Che Guevara; anche perché non esistono criteri fissi di analisi ed interpretazione di una ideologia, di un modo di vivere e di pensare come quelli che hanno contraddistinto Ernesto Guevara. Nel caso poi di un personaggio così “umanista” come il Che, nell’accezione storica del termine, i messaggi e i significati che ognuno coglie nella sua leggenda non possono che essere soggettivi. Si può forse pretendere un giusto approccio intellettuale e morale, e dunque il meno possibile consumistico e folcloristico, all’interpretazione della vita del Che. In questo senso credo sia più utile e semplice riportare le riflessioni che fece sul Che Italo Calvino subito dopo la morte del rivoluzionario cubano.
Io sono qui, seduto nel mio studio, tra i miei libri, nella finta pace e nella finta prosperità dell’Europa, dedico un breve intervallo del mio tranquillo lavoro a scrivere, senza alcun rischio, d’un uomo che ha voluto assumersi tutti i rischi, che non ha accettato la finzione d’una pace provvisoria, un uomo che chiedeva a sé e agli altri il massimo spirito di sacrificio, convinto che ogni risparmio di sacrifici oggi si pagherà domani con una somma di sacrifici ancora maggiori. Guevara è per noi questo richiamo alla gravità assoluta di tutto ciò che riguarda la rivoluzione e l’avvenire del mondo, questa critica radicale a ogni gesto che serva soltanto a mettere a posto le nostre coscienze. In questo senso egli resta al centro delle nostre discussioni e dei nostri pensieri, così ieri da vivo come oggi da morto. E’ una presenza che non chiede da noi né consensi superficiali né atti di omaggio formali; essi equivarrebbero a misconoscere, a minimizzare l’estremo rigore della sua lezione. La “linea del Che” esige molto dagli uomini; esige molto sia come metodo di lotta sia come prospettiva della società che deve nascere dalla lotta. Di fronte a tanta coerenza e coraggio nel portare alle ultime conseguenze un pensiero e una vita, mostriamoci innanzitutto modesti e sinceri, coscienti di quello che la “linea del Che” vuol dire – una trasformazione radicale non solo della società ma della “natura umana”, a cominciare da noi stessi – e coscienti di che cosa ci separa dal metterla in pratica.
[Pubblicato su un giornale italiano pochi giorni dopo la morte del Che, questo breve testo di Calvino è rimasto praticamente inedito. A Cuba, invece, il testo integrale ( Todo lo que trate de escribir ) fu tradotto e pubblicato alle pp. 9-10 del numero 46 di Casa de las Américas, genn.- febbr. 1968 ]
Calvino coglie in pieno una grande verità: “la finta pace e prosperità dell’Europa”, la convinzione occidentale di essere, in quanto figli della cultura greco-romana e in quanto creatori del cattolicesimo, gli unici destinatari della verità e del potere decisionale nel mondo, appaiono legittimare in noi europei il diritto di giudicare qualunque realtà diversa dalla nostra, qualunque mondo differente, cioè “altro”, dunque inferiore.
Anche la cultura degli Stati Uniti, del resto figlia della “grande Europa”, è molto occidentale, nel senso non geografico ma intellettuale della parola.
Questo preteso diritto giudicante senza la necessità di conoscere e comparare ha prodotto in America Latina una sottomissione politica, economica e culturale enormemente distruttiva per l’intero continente. Di conseguenza non c’è mai stato alcun bisogno di parlare dell’America Latina, della sua storia, delle sue popolazioni, delle sue origini, della sua cultura, perché ha sempre significato essere costretti allo stesso tempo a dover parlare delle colonie, degli schiavi, dei negri, degli indios, della Chiesa, degli indiani, dei meticci, dei creoli, di Arbenz, di Perón, di Somoza, di Pinochet, di Collor de Melo, della Cia ecc.
Ernesto Che Guevara con il suo pensiero, la sua parola e la sua azione, che raramente concordano nella vita di un uomo, ha ridato vita, forza e dignità all’America Latina, quella “meticcia”, quella “altra” che noi conosciamo poco; e la paura che anima gli Stati Uniti e l’Europa di fronte a questa evidenza e alla impossibilità di non riconoscere che esiste un’ “altra” America Latina, migliore e più intelligente, ne è la più eloquente conferma.
Così si può discutere all’infinito se sia fallita la lotta armata di Ernesto Guevara, la sua guerra di guerriglia, la sua spedizione in Congo e poi in Bolivia, l’idea quasi utopistica di espandere la rivoluzione in tutti i paesi sottosviluppati. Si può sicuramente pensare che la rivoluzione armata del Che è stata un fallimento; ma di certo, nel senso gramsciano del termine, non ha fallito bensì ha trionfato la sua rivoluzione culturale.
Marco Galice
Puntate precedenti:
Ernesto "Che" Guevara (1 pt.)
Ernesto "Che" Guevara (2 pt.)
Ernesto "Che" Guevara (3 pt.)
Ernesto "Che" Guevara (4 pt.)
Ernesto "Che" Guevara (5 pt.)
Ciao,
RispondiEliminasono un 23enne fiorentino ed il mio interesse per l'America Latina e per il suo ruolo di avanguardia mondiale nella lotta all'imperialismo è andato ultimamente amplificandosi. Approfondendo un po' avevo sentito che non esisterebbe la documentazione che testimonia il conseguimento della lauera in medicina da parte di Ernesto Che Guevara, ma nel video "El Che vive" che tu hai qui pubblicato, al minuto 1 e 46 secondi, c'è una strana immagine: è la laurea di Ernesto? Se si, ti prego, mandami quell'immagine con le informazioni che hai, tipo quando è stata conseguita eccetera, perchè sarebbe per me una favolosa scoperta ed una prova strepitosa da poter impugnare nella lotta ai delatori del Che. Ti ringrazio davvero anticipatamente per la disponibilità e mi scuso per il disturbo. Questo è il mio indirizzo email: marcovalisano@gmail.com.
Grazie davvero. Marco Valisano
Sì caro Marco, è la laurea.
RispondiEliminaErnesto Guevara Lynch si iscrisse alla Facoltà di Medicina dell'UBA (Universidad de Buenos Aires) nel 1947, prima solo come uditore in attesa dell'esito dell'esame d'ammissione, poi regolarizzando la sua situazione il mese di novembre di quello stesso anno.
Successivamente, a causa del trasloco dei suoi genitori a Rosario, frequentò anche alcune materie e sostenne alcuni esami all'Università del Litorial (che anni dopo si divise in Università del Litorial ed Università Nazionale di Rosario).
L'ultimo esame fu quello di "clinica neurologica", sostenuto l'11 aprile del 1953 e conseguì la laurea di Medico Specialista in Dermatologia il 12 giugno 1953 presso l'UBA, libretto universitario n. 910; fasc. 1058, reg. 1116, n. 153 (Nro. de libreta 910; registrado bajo el legajo 1058, registro 1116, folio 153 Facultad de Ciencias Médicas de la Universidad de Buenos Aires).
Se vuoi vedere la laurea si trova esposta nella casa del "Che" a Cardoba, in Argentina. Se riesco a farne una copia scanner di ottima qualità te la invierò o pubblicherò.
Hola, D.
Ps Un domani spero non si dubiti della mia laurea.