Mentre ci sono cortei di protesta a Londra e manifestazioni a Berlino, Vienna e Parigi in vista del G20; mentre il Germania il governo è stato costretto a rilevare quasi il 9 percento della Hypo Real Estate, primo passo verso l'assunzione del controllo dell'importante istituto di credito; mentre negli USA si discute del salvataggio pubblico per Chrysler e Gm; mentre Paulson e Geithner mettono a punto costosissimi piani di intervento pubblico a spese dei contribuenti... c'è chi gode. E passa alla cassa!
Godono gli speculatori, che dopo averci condotto nel baratro, speculano ora nei “mini” rally delle borse mondiali. E godono i manager che ora portano all'incasso i loro contratti milionari.
Fred Goodwin, amministratore delegato della Royal Bank of Scotland, banca salvata dalla bancarotta solo grazie all'intervento del governo britannico, è stato “allontanato” dopo aver causato con la sua disastrosa gestione un buco da 30 miliardi di sterline! Ma lui ha portato lo stesso all'incasso il suo contratto: 703mila sterline l'anno di pensione. E visto che ha solo 50 anni è forse ora il più giovane e ricco pensionato della terra.
John Thain ex chairman e chief executive officer della Merrill Lynch e poi membro del consiglio di amministrazione di Bank of America (praticamente un genio!), mentre il suo istituto di credito accumulava perdite colossali (solo nel quarto trimestre 2008 più di 15 miliardi di dollari!), spendeva un milione e duecentomila dollari per arredarsi lo studio con mobili d'antiquariato (voglio sperare abbia scelto dei chippendale!) e distribuiva bellamente premi per 3,6 miliardi di dollari.
Il colosso assicurativo Aig, il cui salvataggio è costato ai contribuenti americani la bellezza di 175 miliardi di dollari, ne distribuiva intanto 165 (di miliardi) in premi agli alti dirigenti. L'amministratore delegato Edward Liddy, che in un primo tempo aveva dichiarato davanti al Congresso che i dirigenti avrebbero reso il danaro, ora ha fatto marcia indietro: il pagamento è dovuto, perché le clausole sono blindate e i contratti non possono essere violati, costerebbero di più le penali.
Bisogna riconoscerlo, magari non saranno stati granché come amministratori delegati, ma i contratti (i propri) se li sono fatti fare bene.
Richard Fuld, l'amministratore delegato che ha portato la Lehman Brothers al fallimento ha incassato in cinque anni ben 270 milioni di dollari di cui solo (si fa per dire) 3 milioni e 750 mila come “stipendio base”, il resto sono bonus, premi e gratifiche.
Sono compensi che è difficile immaginare, considerato che nel mondo ci sono 862 milioni di persone che muoiono di fame (vedi video).
Ma questo è il “neoliberismo”, baby! (D*)
Money!
La careta, el fantasma y el sueño
Yo era un hombre bueno,
si hay alguien bueno en este lugar.
Pagué todas mis deudas,
y mi oportunidad de amar.
Sin embargo estoy tirado
y nadie se acuerda de mí,
paso a través de la gente
como el fantasma de Canterville.
Me han ofendido mucho
y nadie dio una explicación.
Ay, si pudiera matarlos,
lo haría sin ningún temor
Pero siempre fui un tonto
que creyó en la legalidad
Ahora que estoy afuera,
ya sé lo que es la Libertad.
Ahora que pueda amarte,
yo voy a amarte de verdad.
Mientras me quede aire,
calor nunca te va a faltar,
y jamás volveré a fijarme
en la cara de los demás,
esa careta idiota que tira
y tira para atrás.
He muerto muchas veces,
acribillado en la ciudad,
pero es mejor que ser muerto,
que un número que viene y va,
y en mi tumba tengo discos
y cosas que no me hacen mal...
Después de muerta, nena,
vos me vendrás a visitar.
Fast Fashion (2°pt)
Quando le corporations multinazionali devono produrre beni destinati ad alimentare il mercato del consumo occidentale usano ricorrere alla tecnica del subappalto con dei partners locali che producano a basso costo. I prodotti finiti tornano poi nel mercato dei paesi ricchi per essere venduti con profitti enormi.
Se invece le corporations multinazionali intendono produrre per il mercato locale, poniamo tequila o birra da destinare al mercato interno messicano, non operano più con la tecnica del subappalto, perché questo non garantirebbe un buon profitto, ma fanno piuttosto uso di joint-venture. Aprono cioè una fabbrica direttamente sul posto dando vita ad una società mista con partners locali, privati o del governo.
In questo modo, tramite la concessione di marchi e brevetti, l'uso di licenze, la fornitura di tecnologia e processi produttivi, riescono ad assicurarsi la fetta maggiore di profitto sui consumi interni e il controllo anche di quei mercati.
Queste tecniche di sfruttamento hanno ovviamente maggiori possibilità di massimizzare il profitto là dove i regimi sono antidemocratici, autoritari o totalitari, perché impediscono ai lavoratori di sindacalizzarsi per chiedere migliori condizioni di salario e lavoro. Hanno fatto così per anni in Corea del Sud, Taiwan, Filippine, Cina, Indonesia, Pakistan...
La Reebok e la Nike sfruttavano il lavoro di 7000 bambini pakistani per cucire palloni da football e scarpe da ginnastica. Forse, come dice Oscar Shindler nel film, solo perché hanno le mani piccole e riescono per questo a lavorare meglio (ma Shindler salvava i bambini ebrei dallo sterminio!).
Appena le condizioni sociali e politiche mutano e il movimento sindacale dei lavoratori rivendica un migliore e più equo trattamento, le corporations multinazionali si trasferiscono altrove. Ma attenzione! Se migliorano le condizioni sociali vuol dire che si è messo in moto un certo processo sociale di sviluppo, il che vorrà dire che non solo i lavoratori sono divenuti consapevoli dei propri diritti, ma anche che i “padroncini” locali si sono emancipati acquisendo conoscienze e tecnologia sufficiente. Saranno questi ultimi, quindi, che sotto la pressione delle corporations, delocalizzeranno altrove.
Ecco che allora può capitare di portare ai piedi scarpe da ginnastica o indossare magliette prodotte da operai vietnamiti o thailandesi in fabbriche di imprenditori coreani o cinesi che operano per conto di multinazionali statunitensi o europee.
Anni fa scoppiò un incendio in Cina in cui morirono 87 operaie... e si scoprì che la fabbrica dove lavoravano in condizioni disumane, senza tutela e sicurezza, era di un imprenditore di Hong Kong che produceva per la Chicco! Questo va bene quando lo fa la Chicco, ché se invece la Cina decidesse di commercializzare prodotti a basso costo per bambini direttamente sui nostri mercati la cosa verrebbe percepita come una violazione della "sfera d'influenza". Si scatenerebbe sicuramente una grande campagna mediatica di informazione e terrore, per dirci che quei prodotti sono tossici e nocivi, realizzati senza sufficienti controlli di sicurezza e di qualità, senza rispetto dei diritti umani e sindacali fondamentali, sfruttando manodopera minorile, senza tutelare l'ambiente. Saremmo a una via di mezzo tra l'essere avvelenati e responsabili della fine della vita sul pianeta! La verità è che semplicemente le corporations devono tutelare le loro riserve di caccia al profitto e per farlo si servono anche di una informazione prezzolata con i soldi della pubblicità e delle sponsorizzazioni. Non fatevi illusioni, le multinazionali ragionano solo ed esclusivamente in termini di profitto, senza mai guardare al valore della vita umana. Se su quegli stessi prodotti potranno fare profitto, diverranno magicamente buoni, affidabili, garantiti e anche balsamici!
Fare qualcosa è difficile, ma non impossibile. Con la Chicco, la Reebok e la Nike le campagne di denuncia e sensibilizzazione hanno avuto qualche effetto. Lo stesso è capitato alla Gap, una grande catena di distribuzione di abbigliamento USA. Si scoprì (vedi filmato) che si riforniva di vestiario a basso costo da fabbriche di El Salvador e Onduras.
Una giacca “Liz Claiborne” venduta negli Stati Uniti a 178 dollari, veniva pagata agli operai solo 74 cent! Il tutto sfruttando lavoro minorile, retribuzioni a cottimo, orari massacranti e riposo inesistente. Insomma, rubando vite umane!
In un primo tempo la Gap si giustificò trincerandosi dietro al fatto che le fabbriche in questione non erano sue (infatti erano della Mandarin International, un'azienda sudcoreana!) e assicurò che avrebbe immediatamente sciolto il contratto. Ma le associazioni internazionali mobilitate chiesero invece che la Gap costringesse piuttosto il suo partner al rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori. Perché l'obiettivo (tanto per rispondere al Presidente del Fraser Institute nel video) non è quello di indurre le imprese che operano (male) a smettere di farlo, ma obbligarle(!) a continuare a operare (bene) nel rispetto delle regole! Nel caso della Gap il sistema di controllo venne affidato ad un gruppo di associazioni per i diritti umani e alle istituzioni ecclesiastiche del Salvador. Fine della pacchia, almeno in quel caso.
Tutto il perverso meccanismo è poi alimentato dal consumismo e dalla moda. La Nike preferisce spende centinaia di milioni di dollari l'anno in pubblicità e sponsorizzazioni piuttosto che in salari e retribuzioni per gli operai del Terzo mondo, perché sa che alimentando l'immagine, la griffe, la tendenza, lo stile in modo tanto pervasivo da farne un fatto di costume, riesce ad assicurarsi il mercato dei cretini, cioè la maggioranza.
La Nike dà 20 milioni di dollari a Michael Jordan perché sa che il giorno dopo un imbecille, che magari abita a Venegono, si va a comprare le sue belle Nike. Altri 20 milioni a Ronaldo e lo stesso farà un idiota di Macerata e come lui tantissimi altri. Il problema è che questi cretini, questi idioti, alimentano lo sfruttamento in atto all'altro capo del mondo, perché per creare quell'aura fatata di esclusività alle loro scarpe di merda si sono pagate somme enormi in pubblicità e sponsorizzazioni, che a loro volta avranno comportato una compressione dei costi e una massimizzazione della produzione per garantire ed accrescere il profitto tramite lo sfruttamento.
Risultato: la Nike aumenterà i profitti e la sua fetta di mercato, Michael Jordan e Ronaldo saranno più ricchi in cinque minuti, qualche lavoratore indonesiano dovrà lavorare 28mila anni per pagare Ronaldo e Michael Jordan e... a Venegono ci sarà un idiota a passeggio per il corso con un paio di scarpette da ginnastica nuove ai piedi. Spero si senta felice e soddisfatto! (D*)
Parte precedente: Profit über alles
¡Viva los hermanos rebeldes!
Viva Joaquin José Xavier da Silva Tiradentes (1748-1792)
Viva José Gervasio Artigas (1764-1850)
Viva José Francisco de San Martín (1778-1850)
Viva Simón Bolívar (1783-1830)
Viva José María Teclo Morelos y Pavón (1765-1815)
Viva José Julián Martí Pérez (1853-1895)
Viva Agustín Farabundo Martí Rodríguez (1893-1932)
Viva Emiliano Zapata (1879-1919)
Viva Doroteo Arango Arámbula Francisco “Pancho” Villa (1878-1923)
Viva Ernesto “Che” Guevara de la Serna (1928-1967)
¡Viva todos los hermanos rebeldes!
Profit über alles (1°pt)
Si vuole trasformare il mondo in un unico mercato globale perché questo fa comodo alle enormi corporations multinazionali e risponde agli interessi del grande capitale finanziario. E per farlo si applica un solo modello, quello cosiddetto "neoliberale".
Questo modello si è visto che consente la stabilità dei rapporti di cambio e il controllo delle politiche monetarie, le transazioni economiche e le speculazioni finanziare, ma si è visto anche che crea disastri sociali, perpetua la miseria e accresce la concentrazione delle ricchezze, aumenta la disoccupazione e lo sfruttamento, riduce gli spazi di democrazia, moltiplica la corruzione e rafforza la criminalità, distrugge la natura, attenta alla salute e compromette l'ambiente. Il Sistema organizza e tutela in questo modo l'interesse economico, ma le formazioni sociali non hanno parte attiva, non c'è governance nei processi del neoliberalismo globalizzato, non esistono organismi decisionali che possano in qualche modo essere influenzati dai bisogni e dalle necessità dei più.
Le corporations multinazionali e i grandi gruppi finanziari stanno trasformando il mondo in un unico, immenso supermercato, perché questo risponde meglio ai loro scopi. E quando parlo di corporations multinazionali intendo strutture imprenditoriali e finanziarie enormi, ramificate, con una capitalizzazione e un giro d'affari che supera quello dell'economia di interi Paesi del Terzo Mondo che le ospita, con una rete di vendita così vasta che nessun mercato nazionale è in grado di assorbirla interamente e con una tale potenza economica da influire sull'andamento dei mercati e delle relazioni internazionali. Sono queste corporations multinazionali che spingono per la globalizzazione. Il guaio è che sono loro a realizzarla! Senza controllo, senza direzione, senza regole. Sono loro che hanno spinto per avere un mondo aperto e senza barriere, ma solo per quel che riguarda merci e capitali, perché per le persone, specie se miserabili, le barriere esistono eccome.
Così si possono trasferire in un secondo capitali da un capo all'altro del mondo, si possono scardinare e invadere mercati decretandone la crisi, si possono attraversare barriere daziarie e doganali, ma se poi un campesino rovinato dall'impossibilità di competere con la sua piccola attività contro quel colosso dell'agro-zootecnia che è la Monsanto (tanto per fare un nome) volesse salvare sé e la sua famiglia dalla miseria e dalla fame troverebbe un muro al confine!
Per le persone povere e disperate esistono passaporti, visti, permessi, timbri, lasciapassare, controlli. Ma questo non è sviluppo, non è economia e nemmeno progresso, questa è neocolonizzazione, sfruttamento selvaggio, furto e rapina. Per adesso, arroccati nella nostra parte di mondo ci sentiamo relativamente al sicuro e beneficiamo di un benessere usurpato, ma tra non molto quelle stesse corporations multinazionali, dopo aver creato la “globalizzazione” dei mercati e scatenato la concorrenza selvaggia, si renderanno conto, come tanti squali in un acquario, che il mercato mondiale in fondo è troppo piccolo per le loro ambizioni e la loro avidità: dopotutto i consumatori potenziali sono a malapena due miliardi.
Si tratterrà a quel punto di estendere la capacità di acquisto e consumo, e per raggiungere questo risultato causeranno un vero disastro globale. Si mangeranno letteralmente l'intero pianeta!
Per ora, nella prospettiva di incrementare i profitti si sono dati alla corsa nella produzione a basso costo. Cercano partners nel Terzo Mondo per avere manodopera a bassissimo costo e campo libero nella “gestione delle risorse umane”, quelle che loro chiamo “ore-uomo”. In pratica cercano posti dove poter “rubare” vite umane senza vincoli, controlli, tutele legislative e sindacali.
Così riescono a comprimere i costi senza ridurre il profitto, anzi incrementandolo. Per rendere la cosa cosa più accettabile alle coscienze e all'opinione pubblica e darsi un'immagine quasi da filantropi e benefattori, incrementano il “social brand” usando la pubblicità per sponsorizzazioni di iniziative umanitarie e opere di beneficenza di varia natura. Ma quello è l'obolo di Caronte!
Questo è il “neocolonialismo”: lo sfruttamento e asservimento del debole da parte del potente. Sfruttamento che in epoca coloniale veniva attuato con l'occupazione e la dominazione militare, ora con l'egemonia economica e il controllo finanziario. La popolazione di quei Paesi è disposta ad accettare qualsiasi condizione perché è alla fame e alla disperazione. E le corporations multinazionali si comportano non diversamente dai clienti nostrani delle prostitute moldave, rumene o albanesi: approfittano della loro disperazione.
Lo fanno con la tecnica del subappalto. Questo consente loro di operare senza impegnarsi direttamente in quei Paesi, a volte senza neppure mettervi mai piede, al riparo da ogni forma di compromissione e da ogni possibile danno e ricaduta negativa d'immagine. Infine, esaurito il rapporto (nel primo caso sessuale, nel secondo produttivo) finito tutto. La corporation multinazionale conserva totale libertà di azione, sia per operare in sede contrattuale pressioni sui partners locali nel contenere i costi, sia per mettersi al riparo da improvvise crisi economiche e cali nei consumi senza intaccare la propria organizzazione. (D*) [segue]
Compañera, más que nunca, la poesía
Búsquenme donde se esconde el sol,
donde exista una canción.
Búsquenme a orillas del mar
besando la espuma y la sal.
Búsquenme, me encontrará
nen el País de la Libertad.
Búsquenme donde se detiene el viento
donde haya paz o no exista el tiempo,
donde el sol seca las lágrimas
de las nubes en las mañanas.
Búsquenme, me encontrará
nen el País de la Libertad.
Búsquenme, me encontrarán
en el País de la Libertad.
¡Siempre lucha hasta que victoria vendrá!
Subcomandante Insurgente Marcos
Il sogno di una persona sola rimane un sogno... quello di tante persone insieme è la realtà che comincia!
Subcomandante Insurgente Marcos
¡Y por fin el Subcomandante Marcos llega! (2°pt.)
I falsi capi, i malgoverni, sono idioti che adorano gli anelli della catena che li soggioga. Ogni volta che un governo riceve un prestito dal capitale finanziario internazionale, lo mostra come un trionfo, lo pubblicizza su giornali, riviste, radio e televisione. I nostri attuali governi sono gli unici, in tutta la storia, che festeggiano la loro schiavitù, la ringraziano e la benedicono.
Subcomandante Insurgente Marcos
Era il luglio 1985 quando il presidente brasiliano José Ribamar Ferreira de Araùjo Costa Sarney e quello argentino Raul Ricardo Alfonsìn tennero un importante incontro per cercare di affrontare e risolvere i problemi del continente sudamericano. Le loro Nazioni uscivano stremate dal tunnel delle dittature militari instaurate in tutto il Sud America per un deliberato piano statunitense. Era il cosiddetto Piano Condor, voluto dagli USA nel 1974 e attuato dalla CIA, per contrastare in tutto il continente l'attività di partiti e movimenti politici di sinistra, o anche solo vagamente percepiti come tali, le organizzazioni sindacali, religiose e studentesche.
In Cile, Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay, Bolivia, Perù, Ecuador vennero instaurati con colpi di stato dei regimi militari e dittatoriali che, aiutati e sostenuti dagli USA e dalla CIA, ricorsero sistematicamente ad arresti, torture, stupri, sequestri, sparizioni, assassinii, attentati... Oltre un decennio di violenze e stermini, milioni di vittime massacrate con il bel sigillo USA, oggi primi paladini difensori della Democrazia!
Alla fine, quando queste Nazioni, insanguinate e divise da decenni di conflitti sociali e rivalità militari, riuscirono a liberarsi gradualmente dalle dittature, si ritrovarono ad affrontare una gravissima crisi economica. Era il conto da pagare!
E sì, perché gli USA non fanno certo beneficenza. Che si tratti di guerre o dittature usano sempre i soldi degli altri, preferibilmente quelli delle vittime di turno.
Dopo il decennio delle dittature, quindi, il cosiddetto “decennio perduto degli anni Ottanta”. I gringos devono allora aver pensato: abbiamo perso il controllo politico-militare, facciamo almeno in modo che rimangano economicamente “depressi” e avremo così il dominio economico-finanziario sul nostro bel cortiletto dietro casa.
Per far questo contavano anche sul fatto di riuscire ad alimentare conflitti e rivalità interne al continente, secondo la logica collaudata del divide et impera. Ma nel 1985 i presidenti brasiliano e argentino si incontrarono e stabilirono che era giunto il momento di fare qualcosa. Decisero di aprire e rendere pubblici gli archivi militari, incentivare i contatti politici e le collaborazioni culturali e... integrare le rispettive economie nazionali.
Tombola! Era nata l'idea di un Mercato del Sud!! Di lì a un anno si riunirono a Brasilia i rappresentanti dei governi argentino, brasiliano e uruguayano per dar vita ad accordi di integrazione economica e commerciale. A fine '91 si arriva al Trattato di Assunciòn istitutivo del Mercosur (Mercado Comun del Sur), che vede la partecipazione anche del Paraguay, liberatosi nel frattempo dalla sanguinaria dittatura di Alfredo Stroessner Matiauda (poi condannato in contumacia per crimini contro l'umanità (!) e morto comodamente in esilio grazie alla protezione degli USA!)
Gli Stati Uniti non se l'aspettavano, questa proprio non ci voleva... Ma chi credono di essere? Che si sono messi in testa? Intanto il piano Mercosur va avanti: politica tariffaria e d'importazione unificata, integrazione dei rami economici complementari, gestione comune delle politiche di sfruttamento delle risorse, abolizione dei dazi doganali interni all'area. Il bello è che il piano, nonostante tutti i boicottaggi statunitensi, funziona! (e non potevano esserci dubbi, visto che gli USA ne stanno fuori!). Nei primi anni Novanta la crescita media annua dell'interscambio commerciale trai Paesi membri tocca quasi il 22 percento ed è in costante crescita.
Quello che all'inizio sembrava l'ennesimo tentativo infruttuoso e inconcludente di quei poveri, turbolenti e confusi “latinos”, cominciava a dare frutti, dimostrava la possibilità di fare da sé (e sopratutto a meno degli USA!). Gli Stati Uniti vedono a questo punto pericolosamente minacciata, dopo la perdita del controllo geopolitico, anche la fine del dominio economico-finanziario.
Che fare? Occorre sventare l'insidia portata alla loro dominazione mondiale. Danno quindi il via all'iniziativa di un Mercato Economico Nordamericano, che sorge come associazione di libero commercio ma punta ad estendere il controllo USA sull'intero continente. Nasce così il NAFTA, North American Free Trade Agreement, che unisce in una zona comune di interscambio economico Canada, USA e... Messico. Domanda: chi è dei tre l'anello debole? Il pollo da spennare? Tra le tante condizioni che l'adesione al NAFTA impone al Messico sotto il ricatto di una pistola puntata alla sua economia, c'è la cessione dell'industria petrolifera nazionale e inoltre una riforma costituzionale che preveda l'esproprio, quindi la privatizzazione e cessione a prezzo simbolico alle grandi multinazionali nordamericane, degli ejios, le terre delle comunità indigene, i cui diritti erano stati sempre rispettati anche al tempo della dominazione coloniale. Questo segnerà definitivamente la fine per milioni di indigeni già ridotti alla fame e ora privati anche delle terre. Non ha importanza, quelle terre fanno gola al grande capitale, sono il prezzo da pagare.
Tutto calcolato? Tutto previsto? Quasi... Non avevano previsto che un giovane professore di filosofia si mettesse un passamontagna e imbracciasse un M16 per dare voce e anima al movimento di lotta indigena: l'EZLN, l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.
Era arrivato il Subcomandante Marcos! Il più gran rompiscatole e guastafeste del neoliberismo, il leader della guerriglia di resistenza indigena, il filosofo dell'alteromondismo. I timori e le denunce di Marcos si rivelano fondati. L'adesione al NAFTA è per il Messico disastrosa e causa una delle crisi finanziarie più gravi mai viste. In quello che venne chiamato “effetto tequila”, il Messico rischiò l'insolvenza e la bancarotta. Il risultato finale fu che i ricchi divennero sempre più ricchi, mentre i poveri, la stragrande maggioranza, precipitarono nella miseria e nella fame.
Non soddisfatta dei disastri già provocati, l'amministrazione Clinton proseguì imperterrita nei suoi piani di dominazione economico-finanziaria dando vita all'ALCA ( Area de Libre Comercio de las Américas). Visto che il NAFTA di per sé aveva poco o nessun senso, considerato che Canada e USA già operavano di concerto e restava quindi solo il Messico a farne parte, con la creazione dell'ALCA gli USA puntavano ad affossare il Mercosur e dar vita ad un super-NAFTA che gli avrebbe permesso la dominazione economica dell'intero continente. L'obiettivo era abbattere le ultime barriere a difesa dei fragili mercati latino-americani, in modo da averne il completo e definitivo controllo.
In una parola, gli americani, come fa Paperon de Paperoni, vogliono organizzare un pranzo in cui tutti gli altri mettono le cibaglie e loro prestano le posate. Iniziano per questo una costante pressione sul Cile per convincerlo ad aderire, in modo da rompere il fronte latino-americano ed estendere l'influenza del NAFTA. Cercano in tutti i modi un complice nel pollaio che apra la porta alla volpe, ma purtroppo per loro anche in Cile i tempi sono cambiati e alla fine quel Paese sceglie il Mercosur. Assieme alla Bolivia decide che è meglio unirsi ai fratelli poveri, piuttosto che cedere alle lusinghe principe azzurro.
Porca miseria, vuoi vedere che le cose si mettono male per gli USA? Il Mercosur nonostante tutto continua a crescere mentre con loro non ci vuole stare più nessuno. La cosa si fa preoccupante. Come don Vito Corleone nel Padrino, iniziano a fare discrete e sotterranee forme di pressione per far capire che è ora di smetterla con quest'idea balzana di inventarsi Organismi Internazionali da cui gli USA sono esclusi, e questo proprio a casa loro! Il continente è loro: il loro cortile, una loro proprietà e pertinenza.
La lezione di Cuba doveva insegnare qualcosa, o no? Cuba, uno stato microscopico sottoposto a quarant'anni di isolamento indegno e ingiustificato. Cuba, che prima era stanza di servizio degli USA, dominio privato delle sue multinazionali; Cuba, che si ribella e resiste perfino a un'aggressione militare; Cuba che non si piega nemmeno all'embargo decretato contro di loro e imposto con metodi rapamafiosi dagli USA al resto del mondo. Porca miseria, vuoi vedere che alla fine Cuba insegna a resistere e non piegarsi?
Quando a Belo Horizonte si riunisce il Terzo Incontro delle Americhe gli USA si trovano di fronte anche la delegazione cubana! Basta, questo è troppo. I metodi dolci finiscono e si passa alle maniere forti. La delegazione statunitense sbatte sul tavolo le sue proposte e detta le condizioni. I negoziati dell'ALCA devono iniziare subito, gli accordi andranno sottoscritti col NAFTA, non si accettano negoziazioni in blocco (cosa che consentirebbe evidentemente un maggiore potere contrattuale in sede di trattative) ma solo per singoli Paesi e.... l'adesione USA sarà fast track! Cosa vuol dire? Vuol dire che tutti gli atti dell'esecutivo americano saranno soggetti alla ratifica posteriore del Congresso, che in sede di approvazione potrà liberamente (e unilateralmente!) modificarli, dettando nuove condizioni e peggiorando le clausole già approvate.
Una pacchia! E' quello che gli USA desiderano (e fanno!) sempre: fare accordi in cui siano loro a dettare le regole e loro a modificarle a piacimento! Il Brasile, appoggiato da tutti i Paesi sudamericani, risponde picche! I negoziati devono potersi svolgere tra blocchi, il NAFTA deve starne fuori e gli USA si procurassero l'avvallo del Congresso prima di fare le proposte.
Gli USA non credono alle proprie orecchie: la servitù che alza la voce? Come si permette? Per vincere le resistenze ricorrono alla minaccia di alzare barriere doganali, sopratutto contro il Brasile (che si è fatto guida della diplomazia sudamericana), e bloccare i finanziamenti dalle Organizzazioni Internazionali controllate dagli USA, Fondo Monetario e Banca Mondiale in testa.
Intanto però registrano defezioni e tradimenti nel proprio campo. Il Canada ha avviato trattative separate di apertura al Mercosur e il Messico, grazie sopratutto all'instancabile lavoro ai fianchi del Subcomandante Marcos, comincia a sganciarsi. (D*)
[fine]
Parte precedente: El arte de la dominación económica
El arte de la dominación económica (1 pt.)
La realtà mondiale risulta essere ormai divisa e frammentata sia orizzontalmente che verticalmente. Orizzontalmente perché sullo scenario globale da una parte abbiamo quei mercati definiti “emergenti”, in quanto in essi il Sistema economico-finanziario ha deciso di investire, e dall'altra i Paesi poveri in cui il grande capitale è del tutto assente.
I Paesi “emergenti”, non più di una dozzina, sono concentrati principalmente al Nord e assorbono da soli oltre l'80 percento degli investimenti mondiali. I Paesi “poveri”, la stragrande maggioranza, sono invece sopratutto al Sud e crollano, sotto il peso di un debito che non potranno mai estinguere, nel sottosviluppo e nel più totale abbandono e disinteresse. E questa è, grossomodo, la divisione Nord/Sud.
Ad essa si aggiunge poi una realtà sociale che riproduce, verticalmente e al suo interno, la stessa divisione, perché non tutta la popolazione dei paesi “emergenti” beneficia allo stesso modo delle ricadute economiche degli investimenti. Anche i Paesi “in via di sviluppo” hanno le loro élite economico-finanziarie, perfettamente inserite ed integrate nel Sistema.
Il problema si è aggravato non poco da quando, all'incirca una ventina d'anni, il grande capitale, che prima era principalmente di tipo industrial-produttivo, si è trasformato in “industrial-finanziario”. La scoperta dell'industria finanziaria ha fatto sì che la maggior parte dei capitali venisse diretta non più ad investire nelle industrie, nell'agricoltura e nelle attività di produzione di quei Paesi, ma nei loro piccoli e ancora relativamente indifesi mercati azionari, per speculare agevolmente in obbligazioni e contratti a termine su risorse e materie prime.
Questo però significa che, con grande volubilità, quegli stessi investitori internazionali posso decretare la fortuna o il collasso di intere economie, basta che considerino quel mercato sopravvalutato oppure intravedano maggiori opportunità altrove. La “fuga di capitali” in una piccola realtà economica, spesso inferiore alla capitalizzazione di una sola delle grandi multinazionali, provoca immediatamente la crisi, la svalutazione e il collasso di una intera economia, precipitando il popolo nella più nera miseria. Il sistema delle imprese nazionali, infatti, di fronte alla stretta creditizia e ad un aumento dei tassi del 50 o 100 percento, diretti a contenere l'inflazione galoppante, non avendo sedi anche all'estero in cui dislocare le proprie attività produttive, non potranno far fronte ai debiti e dovranno quindi chiudere e licenziare in massa.
A questo punto si renderà necessario l'intervento del FMI e della Banca Mondiale e un ulteriore indebitamento. Il mercato, nuovamente alimentato, tornerà allora di nuovo appetibile, e il ciclo speculativo potrà ripartire da capo. Ovviamente il saldo netto della partita di giro sarà costituito da un aumento dell'esposizione debitoria del Paese con la crescita del suo debito pubblico.
E' proprio quanto successo in Messico a metà anni novanta. I gringos, come forma di pressione per l'adesione al NAFTA, hanno ritirato i capitali e i risultati sono stati disoccupazione di massa, malnutrizione, suicidi. Insomma, è il Sistema economico-finanziario a disporre della vera arma di sterminio di massa, altro che Bin Laden o Saddam.
Per riuscire in questo, il Sistema, oltre che di Organizzazioni Internazionali come il FMI e la Banca Mondiale, si serve anche delle classi ricche e delle élite locali, perfettamente in grado di giocare allo stesso tavolo e partecipare alla transumanza finanziaria.
Ad esempio hanno fatto e fanno così da sempre nei Paesi del Golfo, nelle Filippine, in Thailandia, Brasile, Argentina, Cile e nello stesso Messico.
In Venezuela facevano, ora non più. E' arrivato un tale Chavez che ha interrotto il giochino.
Ovviamente ci sono Paesi nei quali il giochino è praticabile e Paesi in cui è impossibile, per forza di cose, giocare. Il Paese da spennare al tavolo del poker deve infatti avere una certa stabilità politica e già un minimo sviluppo delle infrastrutture in modo da garantire, alla nuova stagione speculativa, il ritorno del gregge finanziario.
Quindi in Africa, tanto per non sbagliare, dove non ci sono infrastrutture né governi stabili non si può certo giocare in quel modo...
Ma un modo, alla fine, il Sistema lo trova sempre.
Lì il gioco consiste nello sfruttamento delle risorse (uranio, oro, diamanti). Quei Paesi sono ricchissimi, ma non hanno altro che materie prime da esportare e svendere, quindi basta appropriarsene a prezzi estremamente bassi, giusto quel tanto da garantire i rifornimenti di armi per il governo al potere (e a volte anche per la fazione avversa) e per pagare gli interessi sul debito. Hanno fatto così, ad esempio, coi diamanti della Sierra Leone.
Alla fine, quindi, quegli stessi soldi torneranno sempre, in un modo o nell'altro, nelle tasche del Sistema per essere rimessi in circolo. E il tutto senza nemmeno il capitale metta piede in quei Paesi, perché dovervi investire significherebbe fare strade, servizi, trasporti, porti... tutte cose di cui lo sviluppo avrebbe bisogno. Ma quei popoli non devono mica svilupparsi? Devono restare sempre lì, in condizione di soccida, di colonìa, in prostrazione e soggezione per essere meglio sfruttati e depredati.
Alle volte succede anche che il giochino speculativo coi soldi del monopoli si inceppa perché qualcosa va storto. E' quanto successo in Messico, grazie a un rompiscatole di prim'ordine, un ribelle nato, un certo Subcomandante Marcos.
Gli speculatori del Sistema economico-finanziario avevano invaso quel mercato speculando in buoni del tesoro emessi in dollari e alimentando così la sopravvalutazione del peso in funzione degli accordi del NAFTA. Quando però le cose si sono messe male e il peso è crollato, gli speculatori hanno ritirato in fretta tutti i loro soldi. I mercati sono andati a picco e per salvare i ricchi possidenti messicani, ma sopratutto le multinazionali americane, quella volta sono dovuti intervenire Clinton e il FMI. Il FMI, su pressione statunitense, ha stanziato 10 miliardi di dollari e Clinton ha usato perfino un fondo speciale fuori bilancio, senza dover così neppure chiedere l'autorizzazione del Congresso.
Il che, per concludere, dovrebbe farci riflettere anche su quello che è l'attuale ruolo del FMI, diventato la longa manus economico-finanziaria della dominazione USA. Il FMI era nato in origine con il compito esclusivo di finanziare il commercio. Quando un Paese si fosse trovato in difficoltà con la bilancia dei pagamenti avrebbe potuto far ricorso al Fondo per avere quelle anticipazioni di cassa che gli consentissero le transazioni.
L'idea di per sé era valida, ma ben presto il Sistema cominciò ad utilizzare lo strumento per un altro scopo: quello di garantire e sostenere non il commercio, gli investimenti produttivi e l'industria delle esportazioni, bensì le speculazioni nelle borse valori, nelle obbligazioni e nei titoli mobiliari.
Insomma, il FMI non interviene se c'è una crisi nella vendita della canna da zucchero a Cuba o delle patate in Messico, dei prodotti tipici malesiani o dell'artigiano malgascio: di queste cose semplicemente se ne strafotte! Il FMI interviene solo se c'è una crisi del mercato finanziario. Così ha fatto in Messico, Thailandia, Argentina, Egitto..
In cambio il FMI, e con esso gli USA, hanno assunto un potere enorme nel dettare ed imporre scelte e decisioni nelle politiche economiche interne di governo di quei Paesi. Scelte e decisioni tutte orientate, ovviamente, in senso neoliberale.
Non risulta strano che un organismo internazionale sorto col compito di finanziare il commercio sia poi finito per interessarsi di politica?
Quando il FMI blocca i finanziamenti dice sempre di farlo perché interessato alla democrazia, ma la verità è che la sua missione è cambiata, o forse era diversa fin dal principio. I suoi programmi di “aggiustamento strutturale”, che dice essere diretti alla promozione della democrazia, si preoccupano in realtà solo di assicurare le misure neoliberali volte a garantire il capitale e le speculazioni del Sistema economico-finanziario, non certo a promuovere politiche sociali di sviluppo, quali commercio e attività produttive locali, miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, sistema di tutela della salute, educazione, ecc..
Tutti i Paesi interessati dagli interventi del FMI garantiranno forse i mercati, ma se devono fare tagli li fanno su sanità, educazione, ambiente....Tutti provvedimenti che poi colpiscono la popolazione. L'unica che alla fine paga. Sempre! (D*) [segue]
...¡Pero no es Izquierda!
Subcomandante Insurgente Marcos
Señor Cárdenas,
il testo pubblicato il 4 febbraio scorso su La Jornada, non dice che lei ha indicato ai senatori del PRD di votare a favore della controriforma indigena. Abbiamo visto la sua lettera del 7 gennaio indirizzata al Comandante Tacho. Per questo il testo reale dice “Sei un senatore dell’EZLN o del PRD? Vota per l’unità del partito!”, cioè, al singolare. Lei ha indicato questo a UN senatore. Noi non abbiamo motivo di raccontare menzogne, non siamo candidati a niente, quindi non ci chiami bugiardi. In ogni caso, se deve rivolgersi a qualcuno, è all’allora senatore della Repubblica, ed oggi governatore dello stato di Michoacán, Lázaro Cárdenas Batel, colui che disse, per chi voleva ascoltare, quello che accadde in occasione del voto al Senato della controriforma indigena. Quindi, i bugiardi sarebbero il signor Cárdenas Batel e tutti quelli che lo hanno ascoltato. Se le interessa, a noi non importa se fu ad uno solo o a cento persone, neppure se lo hanno ascoltato o meno (il signor Cárdenas Batel solamente può e deve rispondere delle sue azioni). Quello che ci ha ferito è che lei, che credevamo una persona impegnata per la pace e la giustizia con dignità per i popoli indios del Messico e per tutti i messicani, abbia pensato e detto questo. E’ tutto.
Dalle montagne del Sudest Messicano,
Subcomandante Insurgente Marcos.
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Señor Pablo Gómez,
Lei scrive: non è che aspiri a qualche candidatura nelle prossime elezioni, vero?
Ci risiamo!
1. Relativamente al fatto che “se Marcos fosse d’accordo con il programma e la piattaforma legislativa del PRD in materia indigena, vorrebbe dire che avrebbe un amico anche solo su questo tema”. No, mio caro Pablo, se Marcos (o qualsiasi zapatista) fosse d’accordo con il programma e la piattaforma del PRD, sarebbe già candidato a qualche posto e farebbe uno “spot” radiofonico sulla base musicale di Roberto Carlos che dice “Voglio avere un milione di amici e poter quindi cantare più forte”. Invece, poveri noi!, stiamo cantando “Non sono una monetina d’oro che piace a tutti?”
2.- Non abbiamo mai detto di essere l’unica organizzazione di sinistra, né che non ci sono partiti politici nazionali di sinistra. Abbiamo detto, e lo ripetiamo, che il PRD non è più un partito di sinistra. Ma, mi perdoni, mio caro Pablo (già mi sento musicale), ci sono partiti politici che non hanno regola.
3.- Riguardo alla sua qualificazione di “tonti” alla gente onesta e coerente del PRD, mi pare che in questo modo non otterrà molti voti alla prossima corsa alle nomine. Noi diciamo che la gente onesta e coerente del PRD sta in questo partito perché pensa che non ci sia altro e che forse si possa fare qualche cosa per cambiarlo.
4.- Incasso il rimprovero per la faccenda “dell’istituto politico”. Ma che cosa devo scrivere? “Club degli Amici?”
5.- Sulla guerra, le raccomando di non fare caso a Salinas né a Zedillo. Nella prima parte degli scontri, nel 1994, i combattimenti sono proseguiti dopo il 12 gennaio (quando Salinas decretò il cessate il fuoco) perché i federali volevano occupare posizioni migliori per, l’allora, futuro accerchiamento. Le nostre truppe distrussero un veicolo vicino a San Miguel (verso Ocosingo) il 16 gennaio e il 17 abbattemmo un velivolo militare intorno a Toniná. Se sa contare, questo fa 17 giorni. Nel 1995, il tradimento di Zedillo, ci furono scontri che durarono 3 giorni sulle alture di Nuovo Momón, per Las Margaritas (dove cadde in combattimento il Tenente Colonnello Manterola, anche se i generali dissero che lo avevano ucciso i suoi soldati) e nei dintorni di Nueva Estrella, ad Ocosingo (dove caddero 7 nostri compagni). Nel 1998, a giugno, ci scontrammo con l’esercito di Albores nel municipio di San Juan de La Libertad, ne los Altos de Chiapas ed abbattemmo un elicottero. Quindi, i giorni aumentano a 21. Questo è stato pubblicato nei giornali (tra cui quello in cui ora lei scrive) ma non nei comunicati presidenziali, ed il reportage televisivo sugli scontri di San Juan de la Libertad è valso il premio nazionale del giornalismo al giornalista Sebastián Solís, di Televisa. Sul fatto che il PRD non ha criticato l’EZLN “perché non vuole fornire armi ai nemici degli zapatisti”, le dico che la sua generosità mi commuove. Fortunatamente “l’allontanamento fisico”, mio assennato Pablo, non è allontanamento mentale. In ultimo, le dico che abbiamo letto il suo articolo con un piacere i-n-e-n-a-r-r-a-b-i-l-e. E’ la prima volta da molto tempo che qualcuno scrive per difendere il PRD senza arrossire. Sta forse arrossendo??.
Vale. Salute e un tè per il coraggio.
Dalle montagne del Sudest Messicano,
Il Subcomandante Insurgente Marcos cantando, già in carriera, “Desideratum”: Mi madre y yo lo plantamos en el límite del patio… y... hoy corté una flor y llovía, llovía…. la..la..la..laaaaa
Dalle montagne del Sudest Messicano,
Subcomandante Insurgente Marcos.
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Ed ora proviamo tutti insieme ad immaginare. Chiudete gli occhi e pensate ad un campanello che suona in uno studio televisivo tutto bianco, un maggiordomo in livrea che va ad aprire una porta e, sorpresa!, in un sottofondo di violini ecco entrare uno strano tipo in mimetica e col passamontagna che manda all'aria il bel teatrino preparato da Bruno Vespa con le sue Carfagna-Prestigiacomo-Gelmini-Meloni-Parietti. Provate ancora ad immaginare che, proprio mentre Michele Santoro coi suoi boccoli cotonati e il vestito gessato armani arringa i lavoratori, si veda arrivare uno strano tipo (sempre lo stesso!) in mimetica e con un passamontagna per dire in faccia a Fassino-Rutelli-D'Alema-Prodi-Bertinotti-Turco cos'è la Sinistra. Pensate ancora se, come nel video, davanti a un fighettino alla Giorgino si sedesse uno strano tipo in mimetica e passamontagna (ancora e sempre lui!) e gli facesse fare la figura dell'idiota (quale indubbiamente è). Provate a immaginare che a direttori, conduttori, opinionisti, onorevoli, leccapiedi e giornalisti vengano pubblicamente recapitate lettere (ironiche e corrosive) come queste, da uno strano tipo (ancora lo stesso, sempre quello!) a cui non interessa un posto, una carica pubblica, una candidatura a senatore, uno stipendio di giornalista, direttore, parlamentare o presidente. Uno con cui sono inutili i soldi, i nani (del pensiero) e le ballerine (con le loro tette). Uno che non compra e che non vende.
Ecco... Ora, provate anche a immaginare la vostra (nostra) gioia di poter un giorno finalmente aprire gli occhi e scoprire, con sorpresa, che è tutto vero!!! (D*)
Blues Horseshoe Loves Anacott Steel
La situazione innescata dalla grave crisi economica comincia a dare un'idea, non certo rassicurante, di cosa voglia dire un capitalismo globale affidato alla “finanza innovativa” di Gordon Gekko. Si cerca ora in tutti i modi di stabilizzare il sistema finanziario con forti interventi pubblici di liquidità, ma mesi dopo l'inizio della crisi siamo ancora allo stesso punto in cui è iniziata: quello di partenza!
Non si sa di quanto sia il danno effettivo. Ma ce di più: adesso anche negli Stati Uniti ci si comincia a render conto che gli squilibri finanziari potrebbero sovrastare, in un gigantesco effetto domino, lo stesso problema dei tossic assets, rendendo rischiosi anche titoli e prestiti che di per sè non sarebbero tossici. La situazione sta diventando insidiosa al punto da mettere allo scoperto, come sta a dimostrare lo scandalo Aig (un colosso assicurativo fino a ieri primo al mondo per capitalizzazione) che ha toccato il Sottosegretario al Tesoro Geithner, il conflitto di interessi tra Potere e Wall Street, tra Politica e Sistema economico finanziario.
Testimoniando davanti alla Commissione d'Inchiesta del Senato, Sheila Blair, chair dell'FDIC (la Federal Deposit Insurance Corporation) ha definito la concentrazione di poteri e relazioni delle grandi istituzioni finanziarie, tale da rendere impotenti controlli e regolamentazione, per poi concludere: “i contribuenti hanno diritto di conoscere la loro dipendenza da tali entità”. Caspita, che abbia scritto la sua relazione a quattro mani con il Subcomandante Marcos? Benvenuta nella Comandancia zapatista, compañera Sheila!
La circostanza che nessuno ha però finora avuto il coraggio di ammettere, è che gli USA da almeno due decenni in qua, seguendo la lezione del grande Gordon Gekko, hanno trovato la loro principale fonte di reddito, la loro manna, proprio nell'industria finanziaria. Già, la definizione è proprio curiosa: “industria finanziaria”. E che produrrebbe, di grazia? Ad ogni modo, l'effetto positivo di questa crisi è che col passare dei mesi sta sempre più isolando le responsabilità del Sistema economico-finanziario, mettendone in luce le collusioni e gli intrecci politici.
L'illusione della creazione del denaro con il denaro, i soldi come simbolo di valore volutamente astratto, indefinito, e come tale quindi esente da limitazioni geografiche e materiali, è diventato emblema e metafora di un capitalismo autodistruttivo, che alla fine fagocita se stesso. Adesso forse ci si renderà conto che non esistono le magie e i miracoli, non si possono fare giochi di prestigio, non esiste una ricchezza che si moltiplica e trasferisce dal nulla. Chi semina nei campi, chi lavora in officina, chi insegna nelle scuole, chi opera in ospedale lavora e produce, perdio! La casta di Wall Street specula, ed è ben altra cosa!! Senza i primi, come dice il Subcomandante Marcos, si ferma tutto, dei secondi invece si potrebbe anche fare a meno...
L'Agenzia Bloomberg ha calcolato che, tra tossic bonds e mbs (cioè le cartolarizzazioni dei titoli immobiliari) della Fannie Mae e della Freddie Mac, il danno provocato è di decine di migliaia di miliardi in dollari ed equivale a più del doppio del costo (rivalutato) della guerra in Vietnam. Di fronte ad uno sfracello di tali dimensioni gli Stati Uniti che hanno fatto? Semplice, hanno fatto come fanno sempre: hanno esportato il problema.
Adesso premono sull'Europa affinché faccia di più per riparare al danno (loro parlano di “stimolo”, come fanno i consulenti sessuali delle coppie in crisi). L'Europa risponde chiedendo regole, ma Washington, da sempre allergica alle regole, risponde picche... e chiede aiuto anche agli amici. Chi? Uno che si chiama Al-Walid e di professione fa il principe saudita. Ha preso il portafogli e ha sganciato senza scomporsi quasi 50 miliardi di dollari, superando, in percentuale Pil, la somma messa a disposizione da tutti i G20 e dagli stessi Stati Uniti. Perché?? Spirito di munificenza? Accordi per future speculazioni sul greggio? Debito di riconoscenza? La taglia di Bin Laden?
Intanto solo due giorni fa gli USA hanno dovuto nazionalizzare due cooperative bancarie californiane e tre banche regionali per un totale di quasi 60 miliardi di dollari. Si è scoperto che avevano costruito anche loro castelli di carta con le speculazioni sui derivati immobiliari e la cartolarizzazione dei mutui. Si vanno così a sommare alle oltre 50 banche già fallite da inizio anno. Ma la FDIC della compañera Sheila Blair, già alla fine dell'anno scorso, aveva calcolato che sarebbero state 252 le banche da chiudere. Che dire? Non vogliamo darle fiducia? Quindi ne mancano ancora un bel po' all'appello... (D* )
Tierras de desolación
Innanzitutto occorre partire dal dato di fatto che quello che solitamente viene chiamato Terzo Mondo non esiste, per cui sarebbe forse più corretto parlare di Quarto Mondo.
Il Terzo Mondo venne definito così perché “terra di mezzo” nel periodo della Guerra Fredda. Ai due blocchi contrapposti andavano aggiunti tutti quegli altri Paesi che non ricadevano nella sfera d'influenza dell'uno o dell'altro: da qui il Terzo Mondo, appunto. Oggi invece definirei tutti questi Paesi poveri come Quarto Mondo, a ragione del fatto che ricomprendono, in condizioni miserabili e di indigenza, i quattro quinti della popolazione mondiale.
Durante il periodo della Guerra Fredda, quella che potremmo anche definire -come ama fare Marcos- la Terza Guerra Mondiale, i paesi del Terzo mondo avevano una loro importanza in funzione strategica e geopolitica. Nell'ambito di un confronto a volte muscolare e a volte di scontro aperto tra i due blocchi contrapposti, i Paesi del Terzo mondo, volenti o nolenti, passavano spesso dall'uno schieramento all'altro. Per questo motivo l'interesse, gli aiuti, il sostegno e l'appoggio economico-militare venivano condizionati al loro ruolo e alla loro importanza strategica nello scacchiere mondiale.
Un esempio tipico è il Corno d'Africa: Etiopia, Eritrea, Somalia... Tutte queste Nazioni avevano un ruolo fondamentale nel controllo strategico di quell'importante area geografica, e USA e URSS rifornivano, appoggiavano e sostenevano quei diversi regimi sanguinari e dittatoriali della regione. Con il crollo del blocco sovietico, quando tutto questo non è più stato funzionale al suo scopo, quelle stesse Nazioni – con le loro popolazioni – sono state semplicemente scaricate, abbandonate a se stesse.
Alla funzione strategica e geopolitica si è quindi sostituito l'interesse economico-finanziario. Ergo, l'Afghanistan e il Kurdistan sono ora importanti, per via dei gasdotti e delle pipeline petrolifere. L'Iraq è importante, per via dei suoi giacimenti di greggio. La Somalia, non più. L'Eritrea, non più... Almeno fino a quando non si troveranno, in quei posti, altre risorse da sfruttare o altre fonti e nuovi giacimenti da depredare.
Questo ha precipitato quelle popolazioni, dall'oggi al domani, in una condizione se possibile ancora peggiore di prima. Alla miseria si è infatti aggiunto il caos più totale, con una guerra civile per clan dominata dai vari Signori della Guerra, i quali vengono poi riforniti di armi e sostenuti economicamente dal grande Potere economico-finanziario perché, ancora una volta, risultino funzionali ad uno scopo, in vista del quale si rivelano essere più utili di un governo ufficialmente riconosciuto, anche se dittatoriale.
Il Mondo Occidentale, e per esso il Potere economico-finanziario, hanno infatti bisogno di una "discarica" dove poter abbandonare, lontano da occhi indiscreti e dai puliti giardinetti di casa nostra, tutti i rifiuti nocivi e tossici, le scorie radioattive e inquinanti. E dove farlo meglio e senza scrupoli se non in quei Paesi? Per questo una situazione caotica e non controllabile è più utile: perché nel torbido si pesca meglio!
Questa situazione di caos e guerra civile permanente comporta che la popolazione muoia? Non c'è problema! Che gran parte degli aiuti umanitari vada a finire nelle mani delle bande di miliziani? Non c'è problema. Tanto i grandi mezzi di comunicazione hanno altro di cui occuparsi e a soffrire sono le popolazioni locali. Popolazioni che pagheranno anche in futuro, considerato che, non avendo nulla da offrire al Potere economico-finanziario, questo li ha ugualmente depredati fin d'ora dell'Ambiente, della Salute e della Vita. Anche quella futura dei loro figli!
Terre di desolazione in cui stiamo seminando dolore, fame e miseria. Avremo per questo campi sterminati coltivati a sdegno, odio e rancore. E i frutti avvelenati, anche quelli non tarderanno... (D*)
Alabanza de la rebelión creativa y humanista
Subcomandante Insurgente Marcos
Il mondo oggi è più polarizzato. È quello che prevedevamo. Che cioè la globalizzazione non stava producendo il villaggio globale ma un arcipelago mondiale che si sta acutizzando. E non solo riguardo agli interessi economici, politici e sociali di questa grande Società, del Potere in generale, come diciamo noi, di questa ripartizione, conquista e distruzione del mondo, ma anche per quanto si riferisce alla resistenza e alla ribellione, che sta crescendo in maniera autonoma e indipendente.
Non come linea di conseguenza, non come una resistenza che si possa portare in tutte le parti del mondo, ma che sta assumendo la sua forma in ogni posto. Il movimento antiglobalizzazione o, come si dice adesso, alterglobalizzazione -perché non si tratta di opporsi a che il mondo sia mondo, ma di creare un altro mondo - non pensiamo che sia un movimento lineare, con antecedenti e conseguenti, né che abbia a che vedere con situazioni geografiche e di calendario. Non è che uno preceda l'altro e lo erediti. Noi concepiamo il nostro movimento come un sintomo di qualcosa che stava succedendo o che stava per succedere.
Per usare un'immagine siamo un iceberg. Siamo la punta dell'iceberg che esce fuori e fra poco emergeranno punte da altre parti, di qualcosa che sta sotto, manifestazione di quella ribellione mondiale che sta nascendo fuori dei partiti politici, fuori dei canali tradizionali dell'attività politica. Siamo un sintomo e pensiamo che è nostro dovere mantenerci il più possibile come pretesto o riferimento, ma non come un modello da seguire.
Per questo non abbiamo mai rivendicato, né mai lo faremo, che l'inizio fu il Chiapas. La ribellione che c'è in Chiapas si chiama zapatista, ma a Seattle si chiama in un altro modo, nell'Unione Europea in un modo e in Asia in un altro modo, in Oceania in un altro ancora. Perfino in Messico, da altre parti la ribellione si chiama in altri modi.
Noi vediamo molto bene questo movimento alterglobalizzatore, nel senso che non ripete la verticalità delle decisioni, e questo lo aiuta a non avere un comando centrale, organi di direzione o simili. E che il movimento abbia saputo rispettare le differenti forme che si manifestano al suo interno, i pensieri, le correnti, i modi, gli interessi e le forme in cui si prendono le decisioni. Questa dinamica si mantiene e fa sì che continui ad essere un movimento plurale, non molto di massa, però spiega anche perchè si muovono da ogni parte del mondo.
Non è lo stesso mobilitarsi qui, in Chiapas, per qualcuno molto vicino, e mobilitarsi per qualcuno che sta in Corea del Sud. Però rimane questa pluralità di interessi, questa diversità e ricchezza, e anche queste forme di lotta e di manifestarsi. In questo senso, vediamo che il movimento antiglobalizzazione o alterglobalizzazione continua ad essere ricco di esperienze, ha ancora molto da dare e pensiamo che darà molto, a condizione che non cada nella tentazione delle strutture o delle passerelle.
Il rischio che c'è sempre è che un movimento si trasformi in una passerella di personalità, senza che quelle personalità abbiano il sostegno di mobilitazioni nei loro posti. Noi pensiamo che questo movimento si stia manifestando non più solo nella critica al modello che rappresenta in questo caso il TWO, ma che, sotto molti aspetti, si stiano costruendo alternative non sulla carta, ma in forme di organizzazione sociale in vari luoghi, dove si può già dire che ci sono i germi di un altro mondo possibile.
Si dice che vari movimenti, sia in Messico che in altre parti del mondo, hanno visto nello zapatismo un esempio di lotta e, addirittura, che alcuni hanno ripreso i suoi principi per la costruzione delle loro resistenze.
Noi diciamo a quelli che seguono il nostro esempio, che non lo seguano. Riteniamo che ognuno debba costruire la propria esperienza e non ripetere modelli. In questo senso, quello che offre loro lo zapatismo è uno specchio. Anche se uno specchio non sei tu, in ogni caso ti aiuta per vedere come stai, per pettinarti in un certo modo, per aggiustarti.
Allora, diciamo loro che vedano nei nostri errori e nei nostri successi, se ce ne sono, le cose che gli possano servire per costruire i propri processi, ma non si tratta di esportare lo zapatismo o di importarlo. Pensiamo che la gente abbia abbastanza coraggio e sapienza da costruire il proprio processo e il proprio movimento, perché ha la propria storia.
Subcomandante Insurgente Marcos
¡Saludos Compañeros!
Saludos compañeros
de mi vida e de mi muerte,
forse un po' rincoglioniti
dalla coca e dalla suerte:
Felipe è diventato
un un pezzo grosso della Destra,
Sebastiano vende idee,
Ramon lattine di minestra,
Juliano ha il suo giornale
di previste previsioni,
Pancho è l'unico rimasto
sulla nuvola in calzoni.
E in fondo a quella strada
non ci sono mai arrivati,
per malinconia del tempo,
o, forse, il tempo li ha ingannati.
Avevan gli occhi stretti
a furia di guardare il sole,
il sole,
che non sorgeva mai sul mare.
Avevan mani grandi
a furia di abbracciare il mondo,
e il mondo
non si faceva mai abbracciare:
parlavano cantando
e innamoravano ragazze belle
e perse dentro i loro occhi
scintillanti come stelle,
compañeros.
Però non v'illudete,
non passiamo mai la mano,
nella luce del tramonto
più ne partono e più siamo.
Compañeri si è di dentro
e non abbiamo vie d'uscita:
è il sogno d'esser Uomo
in questa e non nell'altra vita.
Amore, Amore, Amore
metti un fiore alla finestra,
che continuino a vederlo
e che chinino la testa:
in fondo a quella strada
c'è un campo di mimose;
forse non ci arriveremo...
ma non cambiano le cose.
Abbiamo gli occhi stretti
a furia di guardare il sole,
e questo è solo un modo di guardare,
abbiamo mani grandi
a furia di abbracciare il mondo,
e questo è il solo modo
di abbracciare:
e siamo in ogni strada
in ogni angolo del tempo, vivi,
e ci riconosciamo da un sorriso
che non è mai spento...
¡SALUDOS COMPAÑEROS!
Debito di sangue!
Fratelli nostri che vivete nel Primo mondo:
affinché il Suo nome non venga ingiuriato,
affinché venga a noi il Suo Regno, e sia fatta la Sua volontà,
non solo in Cielo, ma anche in Terra,
rispettate il nostro pane quotidiano,
rinunciando, VOI, allo sfruttamento quotidiano;
non fate di tutto per riscuotere il debito che non abbiamo fatto
e che vi stanno pagando i nostri bambini,
i nostri affamati, i nostri morti;
non cadete più nella tentazione
del lucro, del razzismo, della guerra;
noi faremo il possibile per non cadere nella tentazione
dell’odio o della sottomissione,
e liberiamoci, gli uni gli altri, da ogni male.
Solo così potremo recitare assieme
la preghiera della famiglia che il fratello Gesù ci insegnò.
Padre nostro, Madre nostra, che sei in Cielo e sei in Terra.
dom Pedro Casaldaliga
Il cuore dell'Impero del Denaro è rappresentato dalla Finanza, cioè un'attività che non è di produzione, bensì di pura speculazione. In questo ambito la questione del debito pubblico estero delle nazioni rappresenta e costituisce da sempre un nodo cruciale per la tenuta dell'intero Sistema. Metterlo in discussione significa scatenare le reazioni dell'intero mondo economico-monetario.
Questo perché il sistema economico-finanziario è un sistema che, come s'è potuto vedere anche in occasione della recente crisi economica mondiale, si autoalimenta e tende a riprodurre e perpetrare se stesso. Far notare questo significa passare per eretici, ma è un dato di fatto: tutti sono indebitati con tutti!
Non solo: i più indebitati di tutti sono proprio gli Stati Uniti! La sola differenza è che il loro enorme debito pubblico serve a finanziare il motore sovralimentato della loro economia e garantire il loro dominio geopolitico, mentre il debito dei Paesi poveri serve solo ad accrescerne l'asservimento e, in definitiva, lo sfruttamento.
Si sa anche, pur se nessuno è disposto ad ammetterlo, che dal punto di vista puramente economico un sistema finanziario e monetario impostato sul debito non può reggere, perché genera, in un sistema chiuso, un insieme di rapporti in cui alla fine tutti sono indebitati con tutti. L'esito a un certo punto non può essere che il “default”, come negli schemi delle finanziarie piramidali. E' insomma la vecchia catena di Sant'Antonio, nota negli ambienti economici anche come “schema Ponzi”, solo che questa è su scala planetaria.
Sembra una cosa vecchia come il cucco? Ebbene, Bernard Madoff, considerato fino a ieri un genio della finanza, uno dei guru di Wall Street ed ex presidente del Nasdaq, semplicemente questo ha fatto: ha creato dal nulla, partendo con una somma irrisoria di soli 5000 dollari, una delle più incredibili realtà di speculazione hedge funds della storia. Un sistema che riusciva magicamente a garantire ai clienti performance incredibili. La media di rendimento di questi hedge funds era di circa il 10% all’anno, malgrado le volatilità e le difficoltà di mercato. Madoff sosteneva di essere un genio! Si riempiva la bocca di puttanate parlando di “gestione del portafoglio”, “diversificazione degli investimenti”, “utilizzo di titoli a larga capitalizzazione”, tecniche sofisticate di trading, hedging, butterfly, srangle, straddle, e chi più ne inventa ne metta. Alla fine si è scoperto che era invece lo stesso sistema utilizzato dalle società finanziarie albanesi: si pagavano gli investimenti dei sottoscrittori più vecchi utilizzando il denaro delle nuove sottoscrizioni. Il bello è che in tutto questo la SEC, la Securities and Exchange Commision statunitense, ha dichiarato di non averci mai visto nulla di strano. Credevano anche loro che i soldi si potessero moltiplicare magicamente dal nulla, come per gli zecchini di Pinocchio nel Campo dei Miracoli.
La bolla si è gonfiata a dismisura fino a quando, alla fine, è scoppiata causando una catastrofe immane. Ma... Ma... Sorpresa! A differenza dell’Albania post-comunista o dell'Argentina, questa volta gli USA e l'UE, con i loro governi e tramite le Organizzazioni finanziarie internazionali controllate dagli USA (FMI, Banca Mondiale, G20, etc..), sono subito corsi ai ripari e rifinanziato il buco.
Ora, provate a immaginare qualcosa di ancora più grande, di enorme e su scala planetaria. Ecco, quello è il Sistema. Il debito mondiale è stratosferico e nessuno sa in effetti quanto sia il suo reale ammontare. Si sparano cifre a casaccio, anche perché, come detto, tutti sono indebitati con tutti. In totale i debiti dei Paesi poveri del Terzo mondo costituiscono, ovviamente, la fetta più consistente. Quando ci fu la mobilitazione generale per la cancellazione del debito dei paesi poveri, il G8 si riunì a Colonia e cancellò, udite udite, l'uno percento(!) del loro debito. Che sforzo! La Banca Mondiale impone a quei paesi tassi da strozzinaggio e loro tolgono l'uno percento!! I dati ufficiali poi, ci dicono di più. Ci dicono che per ogni dollaro che i Paesi ricchi investono nei Paesi poveri, ne ricavano 13(!). E questo è lo sfruttamento che va a sommarsi allo strozzinaggio.
Ogni anno, quindi, i Paesi poveri oltre ad essere depredati in termini di risorse, materie prime e forza lavoro, devono anche dissanguarsi per pagare gli interessi sul debito: un debito che non potranno mai estinguere!! A completare la beffa i Paesi ricchi, USA in testa, fanno poi credere anche di essere magnanimi, buoni e solidali, tanto per sentirsi la coscienza a posto e tacitare l'opinione pubblica interna. Mettono in piedi, qua e là, grandi operazioni di aiuto umanitario per distribuire soccorsi sotto forma di cibo e medicinali. E' vergognoso, indegno!!
La Verità è che sono invece i Paesi poveri a foraggiare e sostenere il tenore di vita dei Paesi ricchi, e non viceversa!! L'Africa è il continente più ricco del pianeta, ma le sue popolazioni sono le più povere e muoiono di fame e malattie. E alla fine resteranno anche privati delle loro fonti, delle loro risorse e del loro futuro!
Viene naturale chiedersi: si può fare qualcosa? Certo che si può, ma per farlo bisognerebbe rimettere in discussione le politiche del FMI e operare modifiche strutturali nella Banca Mondiale, ma questo, senza il beneplacito degli USA, è impossibile. E gli USA, ovviamente, non vogliono!
Di più. Gli Usa hanno fatto sì da condizionare la cancellazione dei debiti e il rilascio di nuovi finanziamenti all'accettazione dei Piani Economici Strutturali. Piani formalmente dettati dagli organismi finanziari internazionali (TWO, FMI, Banca Mondiale, etc..), ma che vengono pensati ed elaborati dai Paesi ricchi, USA in testa, e accettati dai governi creditori, corrotti e spesso complici. Il tutto per strozzare ulteriormente quei Paesi e rendere le loro economie in tutto e per tutto funzionali alle esigenze economiche dei Paesi ricchi e totalmente dipendenti dalla loro iniziativa e dai loro capitali.
Si ottiene in tal modo la quadratura del cerchio con un quadruplice risultato: si creano economie secondarie e sussidiarie alla propria (con relativi mercati); si rendono quei Paesi totalmente asserviti e incapaci di affrancarsi politicamente ed economicamente; si evitano le insidie del sorgere di realtà economiche antagoniste; si alimenta il meccanismo piramidale mondiale di nuovi debiti. Una genialata!!
I Paesi poveri così “incaprettati” non scappano più. Anche se il debito fosse interamente cancellato, tempo un anno e sarebbero punto e a capo. Inoltre, la loro esposizione debitoria serve a garantire e sostenere, nel gioco della catena di Sant'Antonio, il mastodontico debito pubblico americano. Questo a sua volta va ad alimentare le enormi spese del suo apparato militare che a sua volta assicura il controllo strategico geopolitico. E il cerchio si chiude!
L'unico dettaglio penoso in tutto questo giro dell'oca è che i debiti dei Paesi poveri non sono pagati dai loro governi, spesso corrotti e collusi, ma dai poveri stessi, appunto. Tutto si gioca in definitiva sulla loro pelle, sulla loro Vita! Ogni obeso americano (e occidentale, italiano compreso) la mattina si alza e fa la sua ricca colazione pagata da uno che sta morendo di fame all'altro capo del mondo. E nemmeno se ne rende conto, e nemmeno gli è riconosciente o si sente (lui) in debito. Anzi si sente magnanimo e a posto con la coscienza quando si parla di aiuti alimentari per il terzo mondo (oppure se è leghista pensa anche che debbano essere lasciati morire al loro paese)!
I governi dei Paesi poveri spesso tacciono, perché sono parte del sistema di corruzione e preferiscono avere garantita la perpetuazione del potere grazie all'appoggio politico e il sostegno militare da parte degli USA (il primo trafficante di armi al mondo!). Gli unici che fanno con forza sentire la loro voce a livello internazionale, anche perché hanno poco da perdere visto l'embargo e il boicottaggio indegno attuato nei confronti delle loro economie, sono Fidel Castro e Chavez. Ma quelli, si sa, sono sanguinari dittatori comunisti, mentre invece Bush - lui sì un criminale di guerra - ha l'animo candido di una crocerossina delle vincenziane.
La Verità è che quel debito – per le ragioni spiegate - è scandaloso, immorale, indegno! E se eliminarlo del tutto significa far crollare il sistema economico-finanziario piramidale internazionale, compromettendo così lo stile di vita occidentale, ma sopratutto il Nuovo Ordine Mondiale voluto dagli USA, io dico: chissenefotte!! Sarebbe solo un'opera di giustizia socio-economica e di integrità morale.
La Verità è che i poveri non hanno bisogno della nostra carità, ma meritano Giustizia! Senza promesse e speranze fraudolente, ma con un'operazione trasparenza. E sarebbe ora: è troppo che aspettano e muoiono! (D*)
Yo creo realmente en la causa del Hombre
CREDO VERAMENTE NELLA CAUSA DELL'UOMO
Credo in un'Umanità diversa, più fraterna.
Il mondo ha bisogno di respirare armoniosamente in maniera Umana.
Gli uomini tutti devono arrivare a riconoscersi gli uni gli altri come uomini, come fratelli, nell'Utopia della Fede.
Credo nell'impossibile e necessario Uomo Nuovo!
Non credo nella segregazione razziale e classista.
(Perché una sola è l'immagine di Dio nell'Uomo).
Non credo in nessuna schiavitù.
(Perché tutti abbiamo il diritto e il dovere di vivere nella libertà di figli con cui Cristo ci ha liberati).
Non credo in nessun capitalismo
(Perché il vero capitale umano è l'Uomo).
Non credo nello sviluppo delle minoranze né nello sviluppo "riformista" della maggioranza.
(Perché questo sviluppo non è più l'Uomo Nuovo della pace).
Non credo nel progresso a qualsiasi prezzo.
(Perché l'Uomo è stato comprato al prezzo del sangue di Cristo).
Non credo nella logorante società dei consumi.
(Perché soltanto sono beati quelli che hanno fame e sete di Giustizia).
Non credo nel cosiddetto ordine dello status quo.
(Perché il regno di Dio e degli uomini è un cielo nuovo e una nuova terra).
Non credo nella città celeste a spese della città terrena.
(Perché la terra è l'unica strada che ci può portare al cielo).
Non credo nella città terrena a spese di quella celeste.
(Perché "non abbiamo qui una città permanente e andiamo verso quella che deve venire").
Non credo nell'uomo vecchio.
(Perché credo nell'Uomo Nuovo).
Amen.
Dom Pedro Casaldaliga
Alma Rebelde
Subcomandante Insurgente Marcos
Sorelle e fratelli, attraverso la mia voce, parla la voce dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. E con la mia voce salutiamo uomini, donne, bambini ed anziani zapatisti, indigeni di radici maya che vivono e lottano nelle montagne del sudest messicano.
Salutiamo i popoli, le nazioni e le tribù che sono radici e sostegno di questo continente. Salutiamo i molti colori che trova in loro il colore della terra. Salutiamo i popoli indios del Nordovest del Messico che ci accolgono: i Kumiai, i Pai Pai, i Kiliwa, i Cucapá, i Tohono Odham, i Comcaá, i Pima, i Mayo Yoreme, i Raramuri, i Guarijío.
E salutiamo in particolare l’uomo e la donna Yaqui che ci ricevono e nelle cui terre e cieli si incontrano le parole delle culture originarie d’America. Salutiamo le autorità tradizionali di Vicam e degli altri popoli presenti della tribù Yaqui. Salutiamo il Congresso Nazionale Indigeno, voce e ascolto che ci convocano. Salutiamo le donne e gli uomini di Sonora, del Messico, d’America, del Mondo, che ci aiutano, appoggiano ed accompagnano.
A questo Incontro dei Popoli Indios d’America si arriva con tutto contro: le distanze, le lingue, le frontiere, i governi, le bugie, le persecuzioni, le morti e le false divisioni che colui che sta in alto ci impone. E come tutti i nostri sogni nella veglia che dall’alto ci impongono, sembrava impossibile alla vigilia, alcune ore fa, alcuni giorni fa, alcuni mesi fa, circa 515 anni fa!
Sono presenti delegazioni e rappresentanze di popoli, nazioni e tribù che danno vita all’America, dall’Alaska fino alla Patagonia. Da molti angoli arrivano l’ascolto e la parola. A volte ascolteremo il loro canto, a volte il loro silenzio. A volte vedremo il loro colore, a volte il loro ricordo. Per questo salutiamo coloro che essendoci ci sono e coloro che pur essendo qui non ci sono.
E con la memoria salutiamo, con la storia. All’altro estremo della terra messicana, nelle montagne del sudest, racconta una leggenda che, quando la luna è appena un’ombra ferita da un curvo graffio di luce, una domanda si disegna nello spazio che fecero i primi dei, quelli che partorirono il mondo, affinché la pelle crescesse sotto la carezza che allevia stancando. E racconta la leggenda che la domanda si ripete nel notturno tetto dei popoli indios di tutto il continente, quando la luna è nuova nei nostri cieli.
La stessa domanda appare nel cielo del nord dell’America, in terra Haudenosaunee, delle Nazioni Mohawk, Oneida, Cayuga, Onondaga, Seneca e Tuscarora, sul Tsoneratasekowa, il Grande Albero dalle foglie sempre nuove, passa per la terra del Wayúu e si estende fino al cielo del Mapuche, nell’estremo sud del continente.
Ogni luna nuova, una domanda antica: "Ci sarà vita per la terra, la prima madre?"
E raccontano i nostri più anziani, i guardiani della memoria, che la risposta non è stata creata quando i primi dei partorirono il mondo. Raccontano che fu lasciata da loro, dei e dee, dai creatori, come pezzo fondamentale del rompicapo del mondo.
Raccontano che la lasciarono sul tetto della terra e fecero in modo che ogni tanto apparisse, affinché non si perdesse la memoria. Dopo venne il denaro, che manda la morte, a comandare in queste terre. Portò distruzione e la chiamò “modernità”. Portò furto ed esproprio e li chiamò “civiltà”. Portò imposizione e la chiamò “democrazia”. Portò oblio e lo chiamò “moda”.
Perché, raccontano i nostri saggi, che non si riesce neanche a scorgere la domanda nelle volte del denaro in Wall Street, nelle torri di vetro delle grandi corporazioni, nei bunker dei malgoverni che feriscono tutto il continente. E raccontano che, per questo, solo i popoli originari possono leggere nel cielo questa ed altre domande che lasciò l’inizio del mondo, il primo cammino della terra.
Da allora, raccontano i nostri più antichi, molte risposte si trovano, si fanno canto, danza, lingua, colore su tessuto e pelle, parola, storia, cultura, memoria. Quello che sta in alto, il Prepotente, il denaro, ha una sola risposta, solida come il suo conto in banca, abbondante come la sua avidità, crescente come la sua ambizione. "No – risponde il denaro – non ci sarà vita per la terra". "Ci saranno affari", argomenta per non dire: "Ci sarà morte".
Invece, nei nostri popoli, nazioni e tribù originarie, la risposta è rotta, divisa in molti pezzi, sparsa nei calendari e nelle geografie, persa tra le frontiere che la morte erige e governa. 515 anni fa, il dominatore ci scoprì a volte in contrasto, divisi altre, frammentati sempre. Conquistò così il sangue diviso che era unito dalla terra. 515 anni durante i quali i nostri popoli, nazioni e tribù hanno cercato di resistere, di sopravvivere, di lottare.
Queste storie di dolore e di ribelle dignità, ora saranno ascoltate. Ci faremo ascolto e parola, per sapere ciò che siamo e dove stiamo. Sarà nominato il dolore del nostro sangue e sarà nominato il responsabile: il denaro. Saranno nominate l’esperienza e la saggezza e saranno nominati i nostri popoli. Saranno nominate le nostre richieste: la giustizia che vogliamo, la democrazia che necessitiamo, la libertà che ci meritiamo. Sarà nominato ciò che ci appartiene e fu nostro e che ci è stato portato via. Si ascolteranno i nostri cuori e quelli della nostra gente.
Impareremo allora, forse, che la risposta che la terra, la prima madre, si aspetta, il "sì" alla vita che reclama, incomincerà a scorgersi nei nostri cieli quando sarà collettiva, quando questo continente recupererà la voce che oggi ammutoliscono con fuoco, oblio e rumore. La prima voce, quella originaria, la nostra.
Allora, forse, come la luna nuova che dà oggi il suo passo dall’ombra alla luce, incomincerà a scorgersi nelle nostre bambine e nei nostri bambini la risposta che ci sarà Vita nella loro strada, nel loro passo, in loro compagnia.
Per questo, forse, bisognerà guardare indietro e molto lontano, perché così chiamano i nostri la memoria; bisognerà essere degni oggi e qui, perché così chiamano i nostri la ribellione; e bisognerà camminare mondi che ancora non esistono ma aspettano la mano che dia loro forma, la bocca che li canti, il passo che li cammini, perché è così che i nostri chiamano la lotta.
Sorelle e fratelli, è nostra decisione che in questa occasione la nostra storia taccia, di zapatisti quali siamo. Sappiamo che i nostri dolori saranno nominati nei dolori di altre sorelle e di altri fratelli indigeni, come saranno nominati anche i nostri sogni e le nostre speranze, e le lotte che portano, per renderli reali. Oggi, come altre volte, ci tocca fare da ponte affinché le vostre voci vadano da una parte all’altra, affinché trovino un ascolto sincero, affinché i vostri colori si vedano e le vostre memorie si mostrino.
Così hanno detto le nostre ed i nostri capi, i guardiani: che parlino l’altro e l’altra, che ascolti il nostro cuore. Che insegnino l’una e l’altro, che il nostro cuore impari. Che il nostro silenzio sia saluto, omaggio, rispetto e gratitudine per coloro che, dal Canada fino al Cile, ci ricordano che non ci hanno vinti, che la battaglia continua e che la vittoria sarà vita in un altro mondo, un mondo dove ci stiano tutti i mondi che siamo e che saremo. Che sia così.
Subcomandante Insurgente Marcos
Baby, è un mondo super!
Cercate una Verità che non abbia il sentore della menzogna o della risposta di comodo? Provate allora a farvi le domande in modo che risultino poste con correttezza e rigore. Ed eccola, allora, la Verità forse cinica ma lucidissima:
1) la responsabilità oggettiva dello stato del pianeta e della sua popolazione è dei Paesi ricchi. E' un dato di fatto, senza sconti o attenuanti. Deriva da un loro sistema di dominio e sfruttamento attuato con tecniche predatorie e/o metodi di oppressione e dipendenza militare, economica e culturale;
2) l'esportazione del nostro catastrofico modello di sviluppo e dell'insensato stile di vita occidentale non è praticabile e sostenibile. E in ogni caso non serve a risolvere i problemi del Terzo e Quarto Mondo, ma anzi li aggrava. Serve solo a seminare maggiore disagio, sofferenza e sdegno;
3) la situazione vive di un equilibrio instabile e precario, ma è l'unico praticabile senza una nostra Rivoluzione Culturale e Umanista. E' una verità spaventosa e agghiacciante, ma è così. Perché è una situazione che vive in equilibrio, ma un equilibrio collaudato e funzionale, almeno finché dura. Quindi, non verrà cambiata. Ma nemmeno sarebbe possibile o utile farlo, neppure per gli stessi poveri e disperati. Un esempio? Se anche potessimo, in ipotesi, eliminare da domani lo sfruttamento del lavoro minorile in tutto il Terzo mondo, cosa cambierebbe? Come risultato cosa otterremmo? Solo un peggioramento della situazione a livello locale, perché intere fasce di popolazione si ritroverebbero rigettate indietro, in una miseria ancora più nera.
Ecco perché è impossibile cambiare il quadro d'insieme semplicemente cambiando o spostando le singole tessere del mosaico. Sarebbe, in termini di sofferenza umana, un'equazione a risultato zero. La soluzione, per quanto difficile e faticosa, è maturare invece una nuova coscienza e consapevolezza. E' necessaria una Rivoluzione Culturale Umanista qui nel Primo mondo, ancor prima che nel Terzo o Quarto. Diversamente non se ne esce...
E teniamo presente che il mondo non è a compartimenti stagni, come pensano nella loro ingenuità i leghisti. Il mondo è un sistema unico dominato dall'effetto farfalla e quello che ora sta succedendo in Africa, Sud America, Asia o Medio Oriente prima o poi ci investirà tutti, con la forza di un ciclone 10, 100, 1000 volte superiore all'undici settembre! Noi vediamo punte di iceberg che affondano la loro parte nascosta nel cuore del mondo. Ed è un cuore che soffre e sanguina. Potrebbe arrivare il giorno in cui conoscere quel cuore per noi potrebbe essere ferocemente istruttivo! (D*)
¡Ya Basta!
That's enough!
Maintenant c'est assez!
Tеперь это - достаточно!
Es reicht jetzt!
Tώρα είναι αρκετό!
Nu is het genoeg!
Agora é bastante!
Nå er det nok !
An Heaven in Hell
- Tortillas
- E ieri sera?
- Niente
- E a scuola ti danno da mangiare?
- No
- Sei triste?
- Sì
- Cosa pensi, dimmi?
- Ieri non abbiamo mangiato niente, perchè non abbiamo soldi...
- Quanti anni hai?
- Otto
- Da grande cosa ti piacerebbe fare?
- NULLA
Siamo ancora capaci di indignazione? Riusciamo ancora provare sdegno e collera? Oppure siamo diventati indifferenti?
Si fa finta di non vedere, di non sapere. Il marciume dell'ingiustizia, l'offesa dell'ineguaglianza, il sopruso dello sfruttamento, la violenza della guerra, per i grandi mezzi di comunicazione sono realtà da non evocare e per l'uomo occidentale rifiuti da lasciare in apposite discariche poste ben lontane dalle immacolate pareti di casa, coi suoi color pastello e i mobili ikea.
Intontiti e satolli si vive come in un giardino incantato, un'isola di benessere e opulenza. Il sistema alimenta e stabilizza la prosperità, attenuando le frizioni sociali, anestetizzando gli scrupoli morali e i sensi di colpa mediante il buon senso e la moderazione sinistrorsa. Da noi D'Alema si fa la barca e Bertinotti porta il chachemire e le cravatte “marinella”, mentre l'operaio aspira solo a cambiare il telefonino e la macchina. Le poche incrinature sociali di un sistema in cui tutti, bene o male, trovano il proprio benessere, risultano in fondo gestibili e tollerabili. Il virtuoso riformismo è alla fine lo strumento migliore e più efficiente di conservazione. Bertinotti for president!
E poi il sistema politico-economico, che pende ormai dalle labbra dei banchieri, a cui s'è dato fiducia attribuendo loro il ruolo di profeti e guide del progresso. S'è visto dove ci hanno portato! Gli intellettuali? Quelli dormono. Ogni tanto si svegliano per andare a ritirare un premio, magari il Nobel... I mercati e le borse? A volte vanno giù e a volte su, ma guadagnano sempre, statene certi. Il circo dei media? I giornali parlano delle tette di questa e del nuovo amante di quell'altra. La televisione fa ogni sera il tutto esaurito con le troniste della De Filippi, il Grande Fratello, Isole, Fattorie e idiozie a iosa per un popolo bue.
Non è forse questo il Paradiso? Il Mondo non è bello? La Vita non è bella?
No, in realtà non lo è, ma è sempre più difficile anche solo ricordarselo e rendersene conto. Perché per farlo lo sguardo deve andare lontano, oltre la Casa del Grande Fratello, oltre il Giardino, oltre l'isola incantata.
E se non si guarda oltre, se non si cerca lontano, non si riesce a vedere, non si riesce a capire... (D*)
¿Pobreza de qué? (la lógica de la desigualdad)
Dare vita ad una globalizzazione animata da una corretta cultura dello scambio significa mettere in atto un processo che non si traduca in una radice mortifera di esclusione e di emarginazione dei sempre più poveri, ma si proponga come una sorgente di inclusione progressiva di tutti nella partecipazione solidale allo scambio dei beni prodotti, nella convinzione che la grandezza di una civiltà si misura anche dalla sua capacità di condivisione delle proprie risorse con chi ne ha bisogno. Occorre riconoscere i limiti intrinseci della stessa economia, nella convinzione che essa è solo un aspetto e una dimensione della complessa attività umana, è soltanto un elemento della libertà umana e deve quindi avere la persona umana, ogni persona umana e tutte le persone umane, come soggetto, fondamento e fine. A tal fine, è necessario dare vita ad adeguati meccanismi di controllo della logica intrinseca al mercato come meccanismo di scambio: è lo stesso bene universale ad esigerlo. Ne segue l'importanza e l'urgenza di riscoprire il primato della politica, intesa come reale servizio al bene comune e al bene comune universale. Ciò comporta che si abbia a incamminare verso forme adeguate di governo mondiale, perché a una comunità economica internazionale deve poter corrispondere una società civile internazionale.
Card. Carlo Maria Martini
Un mondo diverso è possibile, ma per farlo è necessario riequilibrare il pianeta e migliorare le condizioni di vita dei quattro quinti dell'umanità che, come scrive Jeremy Rifkin, sono “disconnessi” e perciò non contano o, come dice Marcos, non hanno carta di credito e quindi non esistono. Occorre denunciare l'inaccettabilità dello sterminio in atto nel Sud del mondo, piuttosto che pensare di erigere barriere tutt'intorno al mondo occidentale per difendersi dall'assalto dei disperati. Bisogna esigere che i media e i mezzi d'informazione siano responsabili e primi nel rifiutare l'asservimento cieco e complice a questo sistema politico-economico irresponsabile. Chi concepisce, realizza, partecipa e guarda il Grande Fratello (oltre il 30% di ascolti!) andrebbe messo nei CPT (centri di permanenza temporanea) e non i migranti disperati! E' necessario un diverso governo della globalizzazione che sia più equo, tollerante e democratico. Occorre pensare a globalizzare non solo la finanza, il capitale e i mezzi di comunicazione, ma anche i diritti, la solidarietà e il benessere.
Il no-global non serve più, dire di no non serve più. Dobbiamo pretendere un new-global! Un new-global di riflessione, di partecipazione, di proposta e trasformazione che attui una Rivoluzione Culturale e Umanista. C'è bisogno urgente di Global Governance per ripensare il futuro. E non solo il nostro, ma quello di tutti. Il passaggio dalle comunità nazionali alla società globale, che lo si voglia o no, è già in atto. La globalizzazione attraversa orizzontalmente nazioni, società e popoli. La crisi dello Stato-nazione è un dato di fatto, ma non si intravede la nascita di realtà extranazionali che siano democratiche e rappresentative. Le attuali realtà sovrastatali non sono inclusive, ma servono a rappresentare solo gli interessi di alcune nazioni ricche ed escludere tutto il resto del mondo. C'è bisogno invece di ripensare i rapporti internazionali, il concetto di democrazia, la funzione di rappresentanza, l'idea di maggioranza e minoranza.
Questa non è più la società di massa, ma una società planetaria. E se la prima s'è pasciuta all'interno di stati che hanno fatto del loro primo obiettivo quello di soddisfarne i bisogni di beni di consumo e alimentarne il benessere sociale, in modo da controllare il dissenso interno e armonizzare i contrasti, la società planetaria non potrà essere gestita allo stesso modo. Quello che fa girare il mondo è un motore ormai vecchio e inadeguato. Il grande capitale e soprattutto il potere economico-finanziario, invece, si spostano, trasformano e crescono a velocità impressionante e per farlo stravolgono, consumano e annientano risorse, ambiente e umanità.
In questa situazione non c'è chi non capisca come il “neoliberismo”, la regola cioè di non porre regole, è fallimentare e suicida! Gli squilibri aumenteranno fino all'implosione, al crack, perché se tutto viene lasciato all'economia del libero mercato le disuguaglianze aumenteranno fino al punto in cui, invece che tanti focolai di ribellione e resistenza nelle varie parti del mondo, vi sarà un'unica grande ribellione violenta che non produrrà nulla di alternativo, ma solo il caos. Sarà la lotta di tutti contro tutti per accaparrarsi il benessere, le risorse, le fonti, i beni, la terra, la ricchezza. I disequilibri, trascurati e compressi, determinano instabilità con forza esponenziale: è un principio quasi matematico!
Non deve essere l'economia a guidare il mondo, ma la politica! La politica pone regole e governa i processi, l'economia invece si autoregola e autoalimenta. La politica guarda ai mutamenti della società, l'economia solo a quelli del mercato. La politica pensa al bene sociale, l'economia al profitto. La politica ha come suo cardine la democrazia, l'economia invece l'avidità. La politica poggia sul primato della persona umana e i suoi diritti fondamentali e inalienabili, l'economia sulla forza del capitale e i principi della finanza. L'economia deve stare al servizio della politica e non viceversa!
Se vorremo creare il new-global, anche se sembra paradossale e di segno contrario al processo di globalizzazione, occorre riguadagnare identità individuale e rispetto assoluto della diversità e del valore della vita umana, di ogni vita, di ogni persona. Solo questo dovrebbe guidare le idee e i progetti. Provate a pensarci! Adottando questa diversa prospettiva, questo diverso punto di riferimento, tutti i problemi che ci affliggono e assediano – i migranti clandestini, la povertà e la fame, il terrorismo e la sicurezza, lo sviluppo e la tutela dell'ambiente – per quanto complessi sarebbero risolvibili. Se invece continuiamo così lasceremo ai nostri figli o nipoti solo un mondo di squallore, macerie e desolazione. (D*)