A prova di crash

[nella Borsa di Londra, la London Stock Exchange, ndr] l'ebreo, il musulmano e il cristiano trattano l'uno con l'altro come se fossero della stessa religione; le uniche persone che considerano come infedeli sono quelle che fanno bancarotta. Voltaire

Abbiamo sottovalutato il rischio, ma le bolle non sono controllabili. Le misure per farle sgonfiare sono destinate a fallire. Alan Greenspan



Si cerca di evitare l'implosione da default dei mercati finanziari sotto il peso della crisi. Non si cerca però di farlo, come pure si ostinano, pateticamente e contro ogni evidenza, a ripetere gli oracoli del capitalismo, grazie alle miracolose capacità di autoregolamentazione dei mercati. Si sta cercando invece di contenerla coi governi che buttano nella voragine trilioni di dollari o euro a debito di noi tutti, contribuenti presenti e futuri, scardinando bellamente gli equilibri di finanza pubblica di tutti i paesi, sacrificando ogni logica di mercato, ogni principio di legge economica e ogni esigenza di giustizia. Il tutto all'insegna di una nuova regola, di un nuovo principio, di una nuova logica: “too big to fail”.
Stanno così di fatto nazionalizzando a nostre spese tutto il sistema bancario e finanziario e ponendo le premesse di una prossima severa inflazione, ipotecando la vita anche dei nostri nipoti. Una forma surrettizia di schiavismo che ci vedrà ridotti allo stato di servi della gleba del grande capitale finanziario.
Si assiste a scene patetiche che hanno per protagonisti grandi banche, assicurazioni, hedge found, fondi pensione, gestori patrimoniali e portatori di obbligazioni bidone, che si lanciano nelle più insulse analisi senza che mai si pronunci seriamente una sola fondamentale parola: responsabilità. Tutti a parlare di crisi, perdite, sofferenze, ammanchi... e nessuno ad indicare i responsabili e pretendere chiarezza.
Anzi no, alla fine un responsabile lo si è trovato, l'unico a pagare per tutti, il solo capro espiatorio dell'intero sistema. Il colpevole è stato individuato in Bernard Madoff. E' stato lui la causa di tutto, giustizia è fatta, il sistema può ripartire (a nostre spese).
Già si è messo in moto il cover up intellettuale dei talebani del libero mercato, tutti pronti a descrivere la crisi come un imprevedibile incidente tecnico di percorso, per poi concludere che quindi non vi è nulla da fare e nulla da cambiare. Il sistema capitalistico è ottimo e funziona a meraviglia, il migliore dei sistemi possibili, c'è solo da pagare (noi tutti) pedaggio, aspettare che la congiuntura passi, e riprendere tutto come prima: speculare, trafficare, mercanteggiare.
I campioni responsabili di questo cover up hanno nomi di calibro, come Alan Greenspan, ex governatore Fed, oppure Vernon Smith, premio Nobel. Come dire: il gatto e la volpe. Sparano puttanate, ma con grande eleganza e prestigio accademico. Quello che invece manca nel coro generale è il Grillo Parlante, quello che una volta disse a Pinocchio: “ragazzo, non ti fidare di speculatori finanziari e banchieri d'affari, che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera con raccolti mirabolanti nel Campo dei Miracoli del Mercato, perché di solito questi funamboli o sono matti o sono imbroglioni”.
Il rapporto Ferguson (dal nome del Vice Presidente della Fed che ha diretto i lavori del gruppo che lo ha redatto), non a caso tenuto ben nascosto e seppellito sotto strati di rigoroso silenzio, proprio questo preannunciava già nel 2000: gigantismo bancario, uso sfrenato del “leverage” finanziario a tutti i livelli, impatto del fair value, complessi “giochetti” di rating e concentrazione spinta della ricchezza con crescente polarizzazione tra ricchi e poveri, speculatori e sfruttati, padroni e schiavi.
Di questo hanno scritto anche Claude Bébéar (Uccidiamo il capitalismo, 2003), John Talbott (The Coming Crash in the Housing Market, 2003; Sell Now! The End of the Housing Bubble, 2006; è appena uscito da Feltrinelli il suo Obanomics, dalla crisi dell'alta finanza alla prosperità dal basso), Robert J. Shiller (Irrational Exuberance, 2000) e Jean Peyrelavade (Capitalismo totale, 2005). Il futuro ci prospetta una nuova classe dominante composta di veri e propri neofeudatari, forti del potere del denaro.
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In Spagna, intanto, qualche mese fa si è evitato per poco il fallimento della Cassa di Risparmio di Castilla La Mancha e a metà giugno Moody's, la società di rating statunitense, ha declassato ben 25 istituti di credito spagnoli. Per evitare il rischio di una crisi sistemica di tutto l'apparato finanziario, specie del comparto creditizio, il governo spagnolo ha lanciato, nel pieno rispetto dello spirito del capitalismo e del libero mercato (sich!), un piano di salvataggio delle banche. Detta così, non si sa se la cosa debba fare più ridere o incazzare: le banche che vengono salvate dallo stato, cioè coi soldi pubblici.
Il piano di salvataggio, infatti, è stato realizzato attraverso la costituzione del Frob (Fondo de Reestructuración Ordenada Bancaria), gestito e presieduto dal Banco de España, con un capitale a disposizione di 9 miliardi di euro! Di questi, ben 6 miliardi e 750 milioni sono messi a disposizione direttamente dallo stato (da quando lo stato ha tra i suoi compiti istituzionali quello del salvataggio delle banche private?) e i restanti 2 miliardi e 250 milioni prelevati dal Fondo interbancario di garanzia sui depositi.
Ma non basta. Perché il Fondo, godendo degli stessi meccanismi di bilancio riconosciuti alle banche per le operazioni di credito sul monte depositi, potrà creare altro denaro... che non c'è! Il fattore moltiplicatore è dieci, e quindi il Fondo avrà una capacità di indebitamento che, a mano a mano che aumenteranno le necessità di intervento, potrà arrivare fino a quota 99 miliardi di euro! Alla faccia, ancora una volta, dei principi del capitalismo e del libero mercato, che con tanto rigore e intransigenza vengono invocate ogni volta che si tratta delle necessità dei poveri, dei disoccupati o delle fasce deboli.
Non solo. La finalità del Fondo è intervenire a sostegno delle banche con “iniezioni” (questo termine va ora di moda più in ambienti finanziari che in farmacia e negli ospedali) di liquidità in cambio della sottoscrizione di quote partecipative. Di fatto si tratta di una “nazionalizzazione” come nemmeno nei sogni più sfrenati di quel rivoluzionario comunista di Ernesto Guevara, quando presidente del Banco Nacional de Cuba firmava le banconote col soprannome “Che”. A dimostrazione che, quando si vuole, “rivoluzioni” e “nazionalizzazioni” si fa presto a farle.
La presa per il culo finale è che viene dichiarato che lo scopo del Frob è proprio quello di “non distorcere le regole del libero mercato e quindi della concorrenza”. E infatti al “piano”, guarda caso, si sono dichiarate favorevoli tutte le associazioni di categoria creditizie e tutti i banchieri, Emilio Botin, presidente del Banco Santander, in testa.
Ma io mi chiedo: si potrà mai vedere finalmente fallire le banche? Quando sostengono che si tratta di interventi necessari per evitare la crisi e sussulti indesiderati all'economia, in realtà è aria fritta, sono puttanate. I banchieri speculano privatizzando enormi utili e socializzando le perdite. Così facendo ci dissanguano due volte, prima drenando denaro attraverso i depositi e la concessione del credito e poi ripianando i bilanci affossati dalle speculazioni dissennate con soldi pubblici. Io invece chiedo un Fondo di Responsabilità Organica delle Banche, voglio i libri contabili in tribunale, le casse vuote, la dichiarazione di fallimento, i pignoramenti, i sequestri, la bancarotta, la punizione dei responsabili e poi, solo poi, quando banchieri e speculatori se la siano presa per bene in quel posto, l'intervento pubblico a sostegno del credito a famiglie e imprese e dei depositi dei piccoli risparmiatori. Ma soprattutto voglio un principio di reciprocità: se lo stato deve iniettare liquidità nelle crisi allora deve anche prelevare (e redistribuire a noi tutti) liquidità durante i boom.
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Negli Stati Uniti il board di Bank of America continua a perdere pezzi per strada. Questa volta è il turno di Joseph Prueher e Tommy R. Franks, che si sono dimessi a fine giugno. E siamo arrivati a quota sette!! L'anno scorso Bank of America ha salvato la Merrill Lynch, adesso deve salvare se stessa.
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In Italia c'è uno che si chiama Victor Massiah e che di professione fa il direttore generale di UBI Banca, Unione delle Banche Italiane, ma non solo. E' anche consigliere di UBI Sistemi e Servizi S.p.A., consigliere e membro (proprio così, membro!) del Comitato Esecutivo della Banca Regionale Europea S.p.A., vice presidente di UBI Banca Private Investment S.p.A., consigliere di Capitalgest S.g.R. S.p.A., di Lombarda Vita S.p.A. e consigliere delegato dell’Associazione Bancaria Italiana. Poi nel tempo libero, si fa per dire, parla di “qualità del credito”, “vicinanza alla clientela”, “approccio rigoroso”...
Informa che adesso “il gruppo è impegnato in una operazione di rafforzamento patrimoniale con una Ops su tre serie di strumenti innovativi di capitale e cinque di passività subordinate di secondo livello e un'emissione obbligazionaria convertibile. Il tutto creerà una plusvalenza lorda dell'offerta pubblica di scambio stimata nell'ordine di 60 milioni di euro”. Caspita! E tutto, viene da pensare, semplicemente partendo dall'accredito in banca del misero stipendio di un operaio o dalla domiciliazione delle bollette di un povero pensionato!
Lui ha studiato economia alla Sapienza, io invece no... A me (30eLode in Economia Politica, Macro e microeconiomia, Analisi, Diritto tributario e Scienza delle Finanze) il suo scioglilingua ricorda tanto la supercazzola di Tognazzi.
Uno così, ne sono convinto, può essere pericoloso per l'Umanità.
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Come trasformare i crediti "in sofferenza" in moneta sonante? Semplice, attraverso la cartolarizzazione.
Ad esempio, tu presti 1.000 euro ad un amico e questi, che s'era impegnato a restituirteli in trenta giorni, poi non te li ridà. A rigore si dovrebbe pensare che, a questo punto, tu stia sotto di 1.000 euro, così che non potrai pagare a fine mese la spesa dal salumiere e per di più dovrai cercare di recuperare la somma, alla peggio per vie legali in Tribunale. E invece no, sciocchino, basta trasformalo di nuovo in denaro.
Da un po' di anni i grandi gruppi economici e finanziari si sono infatti inventati la “gestione dinamica” dei crediti. La svolta è arrivata con la scoperta della possibilità di cartolarizzarli (la legge in Italia è del 1999). Adesso i crediti vengono quindi semplicemente “impacchettati” e rivenduti a investitori sotto forma di obbligazioni.
Per tornare all'esempio fatto, è come se tu potessi “scontare” i 1.000 euro che l'amico non ti ha restituito, semplicemente scrivendoli su un pezzo di carta e portandoli dal salumiere che te li accetta a saldo della spesa. Con questo sistema non solo si sono pareggiati tanti bilanci, ma si è creata altra moneta (i mille prestati all'amico si sono raddoppiati!) ed è sorto un nuovo mercato dal nulla. Il mercato consente poi di “spacciare” i bond derivanti dalla cartolarizzazione su scala planetaria. La speranza di chi li acquista è di ottenerli a prezzi bassi per lucrare poi la differenza al momento del recupero. Capitalismo allo stato puro: signori, la speculazione è servita. Banche d'affari, fondi e investitori dell'ultim'ora che si scambiano e strappano di mano tanti bei pacchetti di... debiti.
Quando poi la ruota si ferma sono dolori (o come si dice con un fine francesismo: so' cazzi!). Da un lato la frenata dell'economia fa crescere i debiti nuovi, dall'altro non fa vendere più quelli vecchi. A quel punto è come tenere in mano un cerino acceso... ma da tutt'e due i lati!
In quel preciso momento, quello che fino a pochi istanti prima sembrava oro torna ad essere cacca. E l'illusione del capitalismo spinto crolla miseramente.
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Infine, come ogni anno, s'è svolta su eBay l'asta per aggiudicarsi una cena col finanziere Warren Buffett. S'è partiti da una base d'asta di 25.000 dollari per arrivare a 1.680.300 dollari. Il conto è a fronte di un menu che prevede una bistecca con patatine e cola nella prestigiosa Smith & Wollensky, all'angolo della 49esima strada, a Manhattan. Tutto il ricavato andrà ovviamente in beneficenza, ma con la bistecca arriveranno anche preziosi consigli al commensale su come arricchirsi (ma uno che paga un milione e mezzo di dollari per una cena non è già ricco?). Eccola qui, allora, la buona favoletta del capitalismo: in Africa dei bambini mangeranno oggi una misera sbobba di cereali mentre due porci, cenando in una steackhouse di Manhattan, gli prepara
no la fame di domani. (D*)

1 commento:

  1. una misera sbobba di cereali mentre due porci, cenando in una steackhouse di Manhattan, gli preparano la fame di domani.................. è come ricevere un cazzotto nel muso....
    detta così.. però hai ragione da vendere... bisognerebbe che la loro bistecca gli andasse di traverso...si dice che " il mondo gira, e tocca a tutti prima o poi"... ma a lor signori, tocca sempre tardi...e mai nel peggiore dei modi.... mah... R.

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