Στο όνομα του Ζαπάτα (4° pt)




In quel tempo non c'era niente, nemmeno i compagni. Eravamo pochissimi, mi riferisco agli anni 1984-1985. Quando arrivò il maggiore Moisés la nostra unità, compreso lui, era di quattro combattenti e l'unica cosa alla quale uno si poteva aggrappare erano i sogni che costruivamo attorno ai falò nelle notti come questa, mentre aspettavamo che si cucinasse un animale. Sognavamo che un giorno si sarebbero uniti molti compagni e avremmo potuto partecipare alla vita politica nazionale. Sognavamo che avremmo invitato gente da tutto il mondo per dialogare con loro. Adesso è una realtà, ma allora c'era solo la possibilità di aggrapparsi a quel sogno e a quella speranza...
C'è costata molta fatica. Tanta solitudine. Tutto ti spingeva ad andartene: il corpo, il sentimento, l'intelletto. Perché non c'era nulla che ci facesse sperare che avremmo avuto una minima possibilità di successo. E in alcuni di noi scoprimmo quello che i compagni chiamano “el corazón”, il cuore. E così abbiamo trovato la forza che, al di là del corpo, al di là del pensiero e al di là del sentimento ci trattenne lì. In quel tempo scherzavamo un po' su quello che desideravamo: “ma perché non ce ne andiamo da qui? Che cosa stiamo facendo? Non ha nessun senso stare qua...” E un compagno continuava: “Il fatto è che non troviamo l'uscita. Se la trovassimo ce ne andremmo, ma la selva è tanto grande e fitta che ci trattiene qui, e quindi dobbiamo rimanere”.
E così trascorsero tre anni dal primo contatto con le popolazioni. Eravamo molto sparpagliati: un piccolo gruppo qui, un altro lì e il popolo rimaneva molto all'interno della selva. Finché nel 1988, con una frode elettorale, viene imposto il presidente Salìnas e con lui tutto il progetto neoliberale. E' allora che comincia ad arrivare molta gente, molti compagni. Così il sogno che l'E.Z.L.N. possa diventare un esercito regolare con grandi possibilità, diventa realtà. Sto parlando di migliaia di combattenti che si sono incorporati nel periodo che va dal 1988 al 1991. Nel 1992 avevamo 5.000 combattenti armati, nascosti, in silenzio, impegnati a prepararsi, e il principale reclutatore è stato il modello neoliberale. Il modo con il quale incise sulle comunità indigene aprì gli occhi alla gente: “adesso sì, o le armi o la morte”. Il modello neoliberale realizzò quello che noi non avevamo potuto fare.

Subcomandante Insurgente Marcos

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