"Io vivo in una tomba,
perché io sono un intellettuale.
Non sono l’unico,
e non sono stato il primo,
a scegliere una tomba come abitazione:
prima di me ci sono andati i depressi.
Mi fanno una rabbia!
Sono stati profetici."
Ascanio Celestini
Io mangio la zuppa del supermercato A casa nostra mangiamo la zuppa del supermercato perché nella zuppa del supermercato c’è tutto. C’è il peperone, la banana, il formaggio. E tutti gli ingredienti sanno di niente. E quando gli ingredienti sanno di niente possono essere messi tutti nella stessa zuppa e andare d’accordo. Una zuppa che sa di niente mette d’accordo tutti perché non fa schifo a nessuno. Così mentre ci mangiamo la zuppa non pensiamo a niente e ci mettiamo a parlare di niente.
Mia padre dice “Siete andati a votare alle primarie del PD?” E mia madre gli fa: “Ma perché ci dobbiamo andare se tanto lo sapevano già tutti che il candidato del centro-sinistra sarebbe stato quello lì che prima faceva il sindaco a Roma? Queste primarie sono una presa in giro.” Mio padre gli ha risposto che “Le primarie invece sono una cosa seria. Sono come l’esame della patente. Quando fai l’esame della patente ci sta una domanda e tre risposte. Tipo: ti avvicini al semaforo rosso. Cosa fai? A: accelero e passo B: rallento e mentre attraverso l’incrocio guardo a destra e a sinistra C: mi fermo al semaforo rosso. Lo sai che una è sicuramente sbagliata, una è sicuramente giusta e un’altra ti mette il dubbio. Tu pensi che sicuramente non devi attraversare accelerando e scarti la A. Poi vedi la B e pensi che alle 3 di notte al semaforo sotto casa tua... rallenti, guardi... e attraversi. Pensi che forse la risposta giusta è quella. Ti viene il dubbio. Ma poi capisci che è la risposta col trabocchetto perché vedi la terza e dici “se il semaforo è rosso mi devo fermare”. E ci metti la crocetta. E con le primarie è la stessa cosa.
Vedi Mario Adinolfi e pensi... No, questa è sicuramente la risposta sbagliata. È come quello che passa sparato col rosso.
Poi c’è la Bindi e pensi “forse devo votare lei. In fondo la Sinistra dice che devo votare 'na donna'. Pure in Francia hanno candidato ‘na donna'. Però poi ti ricordi che lì, infatti, ha vinto il maschio... E allora capisci che la Bindi è la risposta a trabocchetto, e allora voti a Veltroni!”
Mio padre dice che le primarie sono come l’esame della patente. Non è una consultazione elettorale, è un esame. Loro lo sanno già chi diventerà il candidato della Sinistra.. Mo’ fanno l’esame per vedere se abbiamo capito bene pure noi. Infatti il giorno appresso non ci hanno dato i risultati. Ci hanno dato le pagelle.
Chi ha messo la crocetta su Veltroni è stato promosso. Chi s’è sbagliato e l’ha messa su Bindi l’hanno rimandato. Chi ha votato Adinolfi e tutti quell’altri è stato bocciato. L’hanno cacciato dalla scuola come hanno fatto co’ la sinistra radicale.
Mio padre ci ha detto “Pensate che se vinceva la Bindi... poi era la Bindi che diventava il candidato? Il candidato è Veltroni e basta. Se la Bindi prende la maggioranza dei voti l’unica cosa che succede è che noi italiani ci facciamo tutti la figura degli impreparati. Ci bocciano a tutti. È come se all’esame della patente tutti mettono la crocetta su A: accelero e passo col rosso. Mica che gli esaminatori della motorizzazione cambiano il codice della strada e legalizzano il passare col rosso. Dice: la maggioranza ha messo la crocetta e mo’ si passa col rosso! Ci bocciano e basta”.
E in quel momento mio nonno ha fatto un grosso starnuto e gli è cascata la dentiera nel piatto della zuppa. Che non era manco quella del supermercato, ma una zuppetta che si fa lui con le verdure dell’orto.
E tutti ci siamo messi a ridere. E pure mio nonno rideva tutto sdentato. Poi ha ripescato la dentiera con la forchetta e se l’è rimessa in bocca. Ci ha detto “Scusate se vi ho interrotto il discorso”.
E mio padre ha detto “Prego! Ma mica mi ricordo che discorso stavamo facendo”. Mia madre ha detto: “Mi pare che si diceva del referendum dei sindacati”.
E io “Ma che ci sta un referendum per abrogare i sindacati?"
"A me mi pare che parlavamo dei bamboccioni di Padoa Schioppa”.
Mio padre ha detto: “Ma non si parlava di Cogne?”
Perché le chiacchiere della sera a cena sono un po’ come gli ingredienti della zuppa del supermercato. Un peperone o una patata, un morto o un referendum c’hanno tutti lo stesso sapore. Sono tutti diversi, ma tutti sanno di niente. Servono solo a riempirti lo stomaco e a farti passare l’appetito. Per fortuna che intanto avevamo finito la zuppa.
Siamo andati in salotto e mio padre ha chiesto “Che fanno stasera in televisione?”
“Niente” ha detto mia madre.
Così l’abbiamo accesa e ci siamo messi a guardarla.
Io sono un imprenditore, io compro e vendo parole. E lei magari mi dirà: le parole non sono in vendita, non esiste un padrone delle parole, le parole sono di tutti. Ma se fosse vero, allora gli scrittori che fine farebbero? No, mi dica lei. Un libro come la Divina Commedia, se le parole fossero di tutti varrebbe quanto la carta su cui è scritto. E invece no, la Divina Commedia vale un sacco di soldi. E le canzonette? Quattro parole in croce con quattro note musicali, quelle dovrebbero essere gratis, di libero accesso. Invece con le canzonette si fanno i miliardi. E un pezzo di carta, un pezzo di carta su cui c'è scritto “100 euro” quanto dovrebbe valere? Poco più della carta igienica. Invece se lei è padrone di quella parola, “100 euro”, decide che quel pezzo di carta 100 euro costa.
Insomma, le parole si comprano e si vendono, ci sono i padroni delle parole. Per esempio, io sono un imprenditore, io compro e vendo parole. Io le faccio un esempio, qualche giorno fa sono andato al bar, c'era un amico, mi ha detto ti offro un caffè.. Gli ho detto no, invece del caffè, vendimi la parola gli ho detto. Lui mi ha detto, ma le parole non si comprano e non si vendono, non esiste il padrone delle parole, le parole sono di tutti, mi ha detto 'sta cosa. E io gli ho detto: quanto costa un caffè, 70, 80 centesimi, 90, un euro? Ti do 1000 euro, vendimi la parola. Lui ha preso i soldi, s'è messo a ridere, poi è andato al banco, dal barista e gli ha detto: mi faccia un... E non gli veniva la parola. C'ha riprovato e ha detto: gradirei un... E non riusciva a dire la parola caffè. Non poteva dirla, perché non era più sua, non ce l'aveva più, se l'era venduta, non era più di sua proprietà. Voglio dire: se ti vendi la macchina, poi vai a piedi. Se ti vendi le scarpe, vai pure scalzo.
Le parole si comprano, si vendono. Io ho cominciato a comprare le parole molti anni fa, negli anni '70. Sai, c'avevo le televisioni private, facevo filmetti. Le prime parole che ho acquistato erano parolacce, parole sconce, “culo”, “tette”, oppure rumori corporali, tipo rutti, scoregge. Poi dopo ho comprato la stampa nazionale, i giornali, e ho dovuto comprare altre parole per i miei scribacchini, come si chiamano quelli? I sudditi, i sottoposti, i cosi... I giornalisti, insomma. Per farli scrivere sui miei giornali.
Guardi che non sono l'unico che compra e vende parole, eh... Per esempio, i militari. I militari, come proprietà di parola, hanno la parola “eroe”, “eroismo”. Infatti, dico, c'ha fatto caso che quando uno è un eroe è sempre un soldato? Perché si sono comprati la parola, è loro, di proprietà, ci fanno quello che gli pare. Oppure, la parola “onore” è di proprietà della criminalità organizzata. Sennò come farebbero 'sti signori a chiamarsi fra di loro “uomo d'onore”? Perché si sono comprati la parola, è loro, di loro proprietà, ci fanno quello che vogliono. Oppure la parola “Dio”, per esempio. La parola “Dio” è di proprietà delle Multinazionali della Fede, tant'è vero che ci sta quella antica legge: “non nominare il nome di Dio invano”. Quella è la prima volta che è stato deciso che la parola era di proprietà di qualcuno. Tant'è vero che quando la usano loro, la parola “Dio” è una preghiera, se la usa un altro diventa una bestemmia, diventa... Capisce? Sarebbe assurdo. La stessa parola, la stessa parola. Perché se la sono comprata e ci fanno quello che vogliono.
Un po' di tempo fa c'è stata un'asta. Si vendevano la parola “vita”. Lei mi dirà che è una parola vecchia, logora, però guardi che la “vita” è un business. Io ho fatto un'offerta molto alta per comprarmela, questa parola “vita”, però alla fine se la sono comprata quelli lì, di questa Multinazionale della Fede. Infatti ci ha fatto caso che da un po' di tempo la vita non ci appartiene più? E' loro, perché se la sono comprata, e non si può vivere e morire come ci pare. Per esempio, un suicida non si può ammazzare, perché il suicidio è peggio dell'assassinio. Perché almeno un assassino, quando ammazza qualcuno, è come se implicitamente dicesse la vita è di qualcun altro, io te la rubo, te la porto via. Invece il suicida è come se dicesse: io rinuncio alla mia vita. Ma come puoi rinunciare ad una cosa che non t'appartiene, che non è tua? Tant'è vero che un assassino se lo beccano va in galera, si fa trent'anni, l'ergastolo, invece un suicida rischia la pena di morte. E gli omosessuali? Gli omosessuali pure, sono genocidari, perché è risaputo che gli omosessuali, quando fanno sesso fra di loro, non lo fanno per fare figli. Tant'è vero che per questa Multinazionale della Fede, ci stanno due categorie di persone: quelli che fanno sesso per riprodursi e quelli che lo fanno solo per divertimento. Pensi un po', c'è gente al mondo che fa sesso solo perché gli piace. Roba da matti! Infatti queste due categorie vengono chiamate: i conigli e i pipparoli. I pipparoli sono terribili, gente da galera, proprio...
Questa Multinazionale è padrona della vita e decide lei chi è vivo e chi è morto. Per esempio, i santi. I santi vengono considerati sempre vivi, basta che si trovi, che so, un corpo mummificato, un dito, un pezzo d'orecchio, basta anche un disegno su un muro di una chiesa, una fotografia... E viene considerato tanto vivo che la gente può andare a parlarci, gli chiede pure i favori, le cose... Si figuri un po' lei una donna, in coma da dieci o vent'anni: la donna viene considerata viva al mille percento. E non importa che intellettuali, scienziati, medici, la gente comune, l'ottanta percento dei cittadini dicano: ma lasciatela stare, lasciatela in pace. No, perché se questa multinazionale lo desidera, quella donna, morta, resterà in vita per sempre.
Ascanio Celestini
Parti precedenti:
I. La sopa del supermercado
II. Economía y Potaje
III. Yo como la sopa del supermercado
perché io sono un intellettuale.
Non sono l’unico,
e non sono stato il primo,
a scegliere una tomba come abitazione:
prima di me ci sono andati i depressi.
Mi fanno una rabbia!
Sono stati profetici."
Ascanio Celestini
Io mangio la zuppa del supermercato A casa nostra mangiamo la zuppa del supermercato perché nella zuppa del supermercato c’è tutto. C’è il peperone, la banana, il formaggio. E tutti gli ingredienti sanno di niente. E quando gli ingredienti sanno di niente possono essere messi tutti nella stessa zuppa e andare d’accordo. Una zuppa che sa di niente mette d’accordo tutti perché non fa schifo a nessuno. Così mentre ci mangiamo la zuppa non pensiamo a niente e ci mettiamo a parlare di niente.
Mia padre dice “Siete andati a votare alle primarie del PD?” E mia madre gli fa: “Ma perché ci dobbiamo andare se tanto lo sapevano già tutti che il candidato del centro-sinistra sarebbe stato quello lì che prima faceva il sindaco a Roma? Queste primarie sono una presa in giro.” Mio padre gli ha risposto che “Le primarie invece sono una cosa seria. Sono come l’esame della patente. Quando fai l’esame della patente ci sta una domanda e tre risposte. Tipo: ti avvicini al semaforo rosso. Cosa fai? A: accelero e passo B: rallento e mentre attraverso l’incrocio guardo a destra e a sinistra C: mi fermo al semaforo rosso. Lo sai che una è sicuramente sbagliata, una è sicuramente giusta e un’altra ti mette il dubbio. Tu pensi che sicuramente non devi attraversare accelerando e scarti la A. Poi vedi la B e pensi che alle 3 di notte al semaforo sotto casa tua... rallenti, guardi... e attraversi. Pensi che forse la risposta giusta è quella. Ti viene il dubbio. Ma poi capisci che è la risposta col trabocchetto perché vedi la terza e dici “se il semaforo è rosso mi devo fermare”. E ci metti la crocetta. E con le primarie è la stessa cosa.
Vedi Mario Adinolfi e pensi... No, questa è sicuramente la risposta sbagliata. È come quello che passa sparato col rosso.
Poi c’è la Bindi e pensi “forse devo votare lei. In fondo la Sinistra dice che devo votare 'na donna'. Pure in Francia hanno candidato ‘na donna'. Però poi ti ricordi che lì, infatti, ha vinto il maschio... E allora capisci che la Bindi è la risposta a trabocchetto, e allora voti a Veltroni!”
Mio padre dice che le primarie sono come l’esame della patente. Non è una consultazione elettorale, è un esame. Loro lo sanno già chi diventerà il candidato della Sinistra.. Mo’ fanno l’esame per vedere se abbiamo capito bene pure noi. Infatti il giorno appresso non ci hanno dato i risultati. Ci hanno dato le pagelle.
Chi ha messo la crocetta su Veltroni è stato promosso. Chi s’è sbagliato e l’ha messa su Bindi l’hanno rimandato. Chi ha votato Adinolfi e tutti quell’altri è stato bocciato. L’hanno cacciato dalla scuola come hanno fatto co’ la sinistra radicale.
Mio padre ci ha detto “Pensate che se vinceva la Bindi... poi era la Bindi che diventava il candidato? Il candidato è Veltroni e basta. Se la Bindi prende la maggioranza dei voti l’unica cosa che succede è che noi italiani ci facciamo tutti la figura degli impreparati. Ci bocciano a tutti. È come se all’esame della patente tutti mettono la crocetta su A: accelero e passo col rosso. Mica che gli esaminatori della motorizzazione cambiano il codice della strada e legalizzano il passare col rosso. Dice: la maggioranza ha messo la crocetta e mo’ si passa col rosso! Ci bocciano e basta”.
E in quel momento mio nonno ha fatto un grosso starnuto e gli è cascata la dentiera nel piatto della zuppa. Che non era manco quella del supermercato, ma una zuppetta che si fa lui con le verdure dell’orto.
E tutti ci siamo messi a ridere. E pure mio nonno rideva tutto sdentato. Poi ha ripescato la dentiera con la forchetta e se l’è rimessa in bocca. Ci ha detto “Scusate se vi ho interrotto il discorso”.
E mio padre ha detto “Prego! Ma mica mi ricordo che discorso stavamo facendo”. Mia madre ha detto: “Mi pare che si diceva del referendum dei sindacati”.
E io “Ma che ci sta un referendum per abrogare i sindacati?"
"A me mi pare che parlavamo dei bamboccioni di Padoa Schioppa”.
Mio padre ha detto: “Ma non si parlava di Cogne?”
Perché le chiacchiere della sera a cena sono un po’ come gli ingredienti della zuppa del supermercato. Un peperone o una patata, un morto o un referendum c’hanno tutti lo stesso sapore. Sono tutti diversi, ma tutti sanno di niente. Servono solo a riempirti lo stomaco e a farti passare l’appetito. Per fortuna che intanto avevamo finito la zuppa.
Siamo andati in salotto e mio padre ha chiesto “Che fanno stasera in televisione?”
“Niente” ha detto mia madre.
Così l’abbiamo accesa e ci siamo messi a guardarla.
Io sono un imprenditore, io compro e vendo parole. E lei magari mi dirà: le parole non sono in vendita, non esiste un padrone delle parole, le parole sono di tutti. Ma se fosse vero, allora gli scrittori che fine farebbero? No, mi dica lei. Un libro come la Divina Commedia, se le parole fossero di tutti varrebbe quanto la carta su cui è scritto. E invece no, la Divina Commedia vale un sacco di soldi. E le canzonette? Quattro parole in croce con quattro note musicali, quelle dovrebbero essere gratis, di libero accesso. Invece con le canzonette si fanno i miliardi. E un pezzo di carta, un pezzo di carta su cui c'è scritto “100 euro” quanto dovrebbe valere? Poco più della carta igienica. Invece se lei è padrone di quella parola, “100 euro”, decide che quel pezzo di carta 100 euro costa.
Insomma, le parole si comprano e si vendono, ci sono i padroni delle parole. Per esempio, io sono un imprenditore, io compro e vendo parole. Io le faccio un esempio, qualche giorno fa sono andato al bar, c'era un amico, mi ha detto ti offro un caffè.. Gli ho detto no, invece del caffè, vendimi la parola gli ho detto. Lui mi ha detto, ma le parole non si comprano e non si vendono, non esiste il padrone delle parole, le parole sono di tutti, mi ha detto 'sta cosa. E io gli ho detto: quanto costa un caffè, 70, 80 centesimi, 90, un euro? Ti do 1000 euro, vendimi la parola. Lui ha preso i soldi, s'è messo a ridere, poi è andato al banco, dal barista e gli ha detto: mi faccia un... E non gli veniva la parola. C'ha riprovato e ha detto: gradirei un... E non riusciva a dire la parola caffè. Non poteva dirla, perché non era più sua, non ce l'aveva più, se l'era venduta, non era più di sua proprietà. Voglio dire: se ti vendi la macchina, poi vai a piedi. Se ti vendi le scarpe, vai pure scalzo.
Le parole si comprano, si vendono. Io ho cominciato a comprare le parole molti anni fa, negli anni '70. Sai, c'avevo le televisioni private, facevo filmetti. Le prime parole che ho acquistato erano parolacce, parole sconce, “culo”, “tette”, oppure rumori corporali, tipo rutti, scoregge. Poi dopo ho comprato la stampa nazionale, i giornali, e ho dovuto comprare altre parole per i miei scribacchini, come si chiamano quelli? I sudditi, i sottoposti, i cosi... I giornalisti, insomma. Per farli scrivere sui miei giornali.
Guardi che non sono l'unico che compra e vende parole, eh... Per esempio, i militari. I militari, come proprietà di parola, hanno la parola “eroe”, “eroismo”. Infatti, dico, c'ha fatto caso che quando uno è un eroe è sempre un soldato? Perché si sono comprati la parola, è loro, di proprietà, ci fanno quello che gli pare. Oppure, la parola “onore” è di proprietà della criminalità organizzata. Sennò come farebbero 'sti signori a chiamarsi fra di loro “uomo d'onore”? Perché si sono comprati la parola, è loro, di loro proprietà, ci fanno quello che vogliono. Oppure la parola “Dio”, per esempio. La parola “Dio” è di proprietà delle Multinazionali della Fede, tant'è vero che ci sta quella antica legge: “non nominare il nome di Dio invano”. Quella è la prima volta che è stato deciso che la parola era di proprietà di qualcuno. Tant'è vero che quando la usano loro, la parola “Dio” è una preghiera, se la usa un altro diventa una bestemmia, diventa... Capisce? Sarebbe assurdo. La stessa parola, la stessa parola. Perché se la sono comprata e ci fanno quello che vogliono.
Un po' di tempo fa c'è stata un'asta. Si vendevano la parola “vita”. Lei mi dirà che è una parola vecchia, logora, però guardi che la “vita” è un business. Io ho fatto un'offerta molto alta per comprarmela, questa parola “vita”, però alla fine se la sono comprata quelli lì, di questa Multinazionale della Fede. Infatti ci ha fatto caso che da un po' di tempo la vita non ci appartiene più? E' loro, perché se la sono comprata, e non si può vivere e morire come ci pare. Per esempio, un suicida non si può ammazzare, perché il suicidio è peggio dell'assassinio. Perché almeno un assassino, quando ammazza qualcuno, è come se implicitamente dicesse la vita è di qualcun altro, io te la rubo, te la porto via. Invece il suicida è come se dicesse: io rinuncio alla mia vita. Ma come puoi rinunciare ad una cosa che non t'appartiene, che non è tua? Tant'è vero che un assassino se lo beccano va in galera, si fa trent'anni, l'ergastolo, invece un suicida rischia la pena di morte. E gli omosessuali? Gli omosessuali pure, sono genocidari, perché è risaputo che gli omosessuali, quando fanno sesso fra di loro, non lo fanno per fare figli. Tant'è vero che per questa Multinazionale della Fede, ci stanno due categorie di persone: quelli che fanno sesso per riprodursi e quelli che lo fanno solo per divertimento. Pensi un po', c'è gente al mondo che fa sesso solo perché gli piace. Roba da matti! Infatti queste due categorie vengono chiamate: i conigli e i pipparoli. I pipparoli sono terribili, gente da galera, proprio...
Questa Multinazionale è padrona della vita e decide lei chi è vivo e chi è morto. Per esempio, i santi. I santi vengono considerati sempre vivi, basta che si trovi, che so, un corpo mummificato, un dito, un pezzo d'orecchio, basta anche un disegno su un muro di una chiesa, una fotografia... E viene considerato tanto vivo che la gente può andare a parlarci, gli chiede pure i favori, le cose... Si figuri un po' lei una donna, in coma da dieci o vent'anni: la donna viene considerata viva al mille percento. E non importa che intellettuali, scienziati, medici, la gente comune, l'ottanta percento dei cittadini dicano: ma lasciatela stare, lasciatela in pace. No, perché se questa multinazionale lo desidera, quella donna, morta, resterà in vita per sempre.
Ascanio Celestini
Parti precedenti:
I. La sopa del supermercado
II. Economía y Potaje
III. Yo como la sopa del supermercado
Credo che ognuno sia padrone della propria vita e nessuno può arrogarsi il diritto di decidere per noi. La Chiesa é stata imperdonabile sul dolore degli Englaro e troppe volte ha ingerito in questioni che non la riguardano. E ho trovato vergognosa la riesumazione di padre Pio, puro mercinomio. Celestini, sempre dolce e disarmante, sa descrivere bene questa "bella società".
RispondiEliminaCiao, M.
Cara Mary,
RispondiEliminaLa penso come te.
Una delle persone più insensibili e grette che io abbia conosciuto in vita mia è un monsignore (da lui ho imparato filosofia e teologia. E le ho imparate mooolto bene).
Un animo arido, refrattario e meschino, che ha fatto dell'abito talare una carriera e non un servizio, dell'altare un interesse e non una vocazione.
Tutti i preti che conosco sono meschini, indegni, ignobili e a volte di una freddezza, insensibilità e cinismo tali da rasentare la malvagità.
Probabile giochi non poco la formazione teologica, che fa sempre oscura glossa a chiaro testo.
O forse la doppiezza di vita, che li porta a professare dal pulpito principi che essi stessi non riesco poi a mettere in pratica nella vita.
O forse ancora il fatto di sentirsi autoassolti dalle nobili frequentazioni spirituali con gli spiriti eletti e i pensieri elevati.
Come sia sia, non ho mai conosciuto un prete, un religioso in genere, “buono” in senso biblico e cristiano.
Non escludo ve ne siano, ad esempio sicuramente nelle missioni e in tante parti del Terzo e Quarto mondo... (che poi puntualmente servono per fare pubblicità all'8permille, mentre il prete che conosco io guida Audi, fuma sigarettine chesterfield, indossa borsalino e fularino Pierre Cardin e se ne sbatte dei poveri e dei bisognosi)
In termini (anche geografici) a noi più vicini, il panorama è desolante. Potrei fare i nomi, ma servirebbe?
Se poi risaliamo la gerarchia ecclesiastica si trova il peggio del peggio. Persone che della vocazione del prete hanno ormai poco.
Fanno i segretari di Stato, i principi della Chiesa, i diplomatici, i burocrati.... e dicono messa una volta al giorno ad esclusivo beneficio dell'anima propria.
I preti sono il peggio del peggio in assoluto, perché non sono coerenti, ed io ammiro prima di tutto la coerenza di vita.
Non sono a volte coerenti nemmeno nei loro sacri principi, pronti come sono ad adattarli ad ogni bisogna con raffinatissimi sofismi (una sorta di "supercazzola" teologica): una regola (forse) e cento eccezioni.
I preti non sono persone degne.
Ascanio Celestini è una persona degna perchè ha il coraggio della verità (quella che i preti non hanno più) ed è coerente anche nella vita (ciò che i preti non sono mai stati).
Ciao, D.