Yo, Marcos



La nostra Patria, la nostra Bandiera

La Patria deve nascere un'altra volta
Quando siamo scesi dalle montagne portando in spalla i nostri zaini, i nostri morti e la nostra storia, siamo venuti in città a cercare la Patria.
La Patria che ci aveva dimenticati nell'ultimo angolo del paese, l'angolo più solitario, il più povero, il peggiore. Siamo venuti a chiedere alla Patria, alla nostra Patria: Perché? Perché ci ha lasciati là per tanti e tanti anni? Perché ci ha lasciati là con tante morti?
Vogliamo chiedere: Perché bisogna uccidere e morire per far sì che tutti ascoltino Ramona, che sta qui, e dice cose tanto terribili come: le donne indigene vogliono vivere, vogliono studiare, vogliono ospedali, vogliono medicine, vogliono scuole, vogliono alimenti, vogliono rispetto, vogliono giustizia, vogliono dignità? Perché bisogna uccidere e morire per far sì che Ramona possa arrivare qui e voi possiate prestare attenzione a ciò che lei dice? Perché è necessario che Laura, Ana Maria, Irma, Elisa, Silvia e tante altre donne indie siano state costrette a imbracciare il fucile, diventare soldati anziché dottoresse, laureate, ingegneri, maestre?
Perché è stato necessario che morissero quelli che sono morti? Cosa succede in questo Paese se bisogna uccidere e morire per poter dire delle parole piccole, vere, senza che si perdano nell'oblio?
La Patria deve nascere un'altra volta. Dalle nostre spoglie, dai nostri corpi spezzati. Dovrà sollevarsi ancora una volta, questa Patria.
E' quello che diciamo alla Patria, alla Nazione: Perché‚ non ci ha lasciati al pianterreno, ma nello scantinato?
Noi ci scontriamo con una Patria che ci mette da parte, ci dimentica, non ci tiene in alcuna considerazione e ha deciso di disfarsi di noi.
La nostra prima reazione è di risentimento, di rivendicazione, di rimprovero verso la Patria. Ma noi non sapevamo una certa cosa, eravamo sulle montagne inseguiti dalle bombe e dalle pallottole, poi però ci siamo resi conto che non era così, la Patria non è come noi ce la immaginavamo; c’è anche gente che fa parte di questa Patria e che è disposta a portare avanti l'intero paese, non soltanto una parte o una classe. Ed è quello che rappresenta per noi la speranza di poter risolvere realmente i problemi e vedere se sarà possibile percorrere un altro cammino.

La bandiera del Messico, la nostra bandiera
Siamo venuti in città armati di verità e di fuoco per parlare con la violenza il primo gennaio 1994. Siamo tornati in città per parlare ancora una volta, ma non con il fuoco. Sono rimaste in silenzio le nostre armi da fuoco e di morte, e si è aperto il cammino, affinché la parola tornasse a regnare nel luogo da cui non sarebbe mai dovuta andar via: la nostra terra.
Siamo venuti in città e abbiamo trovato questa bandiera, la nostra bandiera. Questo abbiamo trovato: non abbiamo trovato soldi, non abbiamo trovato ricchezze, non abbiamo trovato nessuno che ci ascoltasse. Abbiamo trovato la città vuota, e c'era soltanto questa bandiera. Siamo venuti in città e abbiamo visto che sotto questa bandiera c'era qualcosa di occulto, non la Patria che giace dimenticata nei libri e nei musei.
Ma c’è anche un'altra bandiera, la bandiera del Messico, la nostra bandiera. Sotto questa bandiera vive una parte del paese la cui esistenza viene ignorata e disprezzata dai potenti.
Perché siamo costretti a dormire tenendo gli scarponi ai piedi per proteggere questa bandiera? Perché attraversiamo foreste, montagne, vallate, gole, sentieri e strade maestre continuando a proteggere questa bandiera?
Perché la portiamo con noi come unica speranza di Democrazia, Libertà e Giustizia? Perché le armi accompagnano e vegliano giorno e notte su questa bandiera, la nostra bandiera? Perché?
Noi vogliamo chiedervi se esiste un'altra maniera di vivere sotto questa bandiera, un altro modo di vivere con dignità e giustizia sotto questa bandiera. Voi ci avete detto di sì, ci avete parlato con sincerità, arrivate diritti al cuore dicendo: "Date un'opportunità alla pace". Noi abbiamo ricevuto il vostro messaggio e siamo venuti qui con animo sincero e leale; non abbiamo due cuori, non ci sono forze oscure dietro di noi.

Un posto nel vostro cuore per il nostro pensiero
Chi ci impedirà allora di indossare ancora una volta gli abiti di guerra e di morte per attraversare la Storia? Chi? A voi la parola: voi, governanti e governati, tutti i popoli di questo mondo. Rispondete voi, noi sappiamo ascoltare. Vi chiediamo di tenere un posto nel vostro cuore per il nostro pensiero. Non lasciateci soli. Assieme a voi siamo altri, senza di voi torniamo a essere questo angolo sudicio e dimenticato della Patria.

Vogliamo parlare al popolo del Messico
Siamo qui per parlare al popolo del Messico. Non mi rivolgo solo ai più diseredati, ma a un auditorio più ampio: gente che ha voglia di cambiare e lo spirito di cercare un'altra forma di Nazione, una Nazione più giusta nel senso che se una parte del Paese gode del benessere, dovrebbe goderne tutto il Paese.

Nessuno sapeva dell'esistenza di Ramona

E' stato necessario che succedesse quello che è successo. E' stato necessario un primo gennaio per far sì che ci ascoltassero ed è stato necessario che morissero quelli che sono morti. Non è stato invano, comunque, se grazie a questo ci hanno ascoltato. E' questa la Patria nuova, che dicevamo prima, a cui vogliamo parlare e che possiamo e siamo disposti a seguire sul cammino che ci indica. Se sarà un cammino pacifico e legale, lo seguiremo.
Ma noi sappiamo che adesso stiamo parlando a una Patria diversa. Né tu né nessun altro sapeva dell'esistenza di Ramona e che dietro ce n'erano decine di migliaia come lei. Non sapevi che loro, che vivono a qualche chilometro da San Cristobal, in uno stato che produce energia elettrica per Città del Messico, che produce petrolio per l'esportazione, loro non hanno né luce né gas né petrolio, per illuminare usano le torce, e non hanno neppure un accendino, un barattolo di petrolio e un pezzo di tela per farsi un lume. Neppure questo.

Non ci siamo sollevati in armi per il gusto di uccidere e morire
Siamo stati in molti ad aver tagliato i ponti in quell'alba del primo gennaio e ad aver intrapreso questo oneroso percorso con un passamontagna a celare il nostro volto. Siamo stati in molti a muovere questo passo senza ritorno, sapendo da subito che alla fine ci aspetta una morte probabile o l'improbabile possibilità di assistere alla vittoria. La presa del potere? No, qualcosa di più difficile: un mondo nuovo.
Vogliamo che voi sappiate che non ci siamo sollevati in armi per il gusto di uccidere e morire, che noi non cerchiamo la guerra, perché noi vogliamo la pace. Noi già vivevamo senza pace, i nostri figli sono bambini e bambine come i vostri, ma infinitamente più poveri. Per i nostri bambini e bambine non ci sono scuole né medicine, non ci sono vestiti né alimenti, non c’è un tetto dignitoso sotto cui riparare la nostra povertà. Per i nostri bambini e bambine c’è solo lavoro, ignoranza e morte. La terra che abbiamo non serve a niente. Per poter guadagnare qualcosa per i nostri figli siamo andati a cercare un salario nelle terre di altri, i potenti, che pagano il nostro lavoro una miseria.
I nostri figli devono cominciare a lavorare quando sono ancora molto piccoli per potersi procurare un po' di cibo, vestiti e medicine. I giocattoli dei nostri figli sono il machete, l'accetta e la zappa. Giocando, soffrendo e lavorando vanno a far legna, a disboscare, a seminare, non appena hanno imparato a camminare. Mangiano quel che mangiamo noi: mais, fagioli e peperoncini. Non possono andare a scuola e imparare lo spagnolo, perché di giorno li ammazza il lavoro e di notte li ammazzano le malattie. Così vivono e muoiono i nostri bambini e le nostre bambine da almeno cinquecento e uno anni. Noi, i loro genitori, le loro madri, i loro fratelli e sorelle, non abbiamo più voluto sopportare la colpa di non fare nulla per i nostri bambini e bambine. Abbiamo cercato vie pacifiche per ottenere giustizia e abbiamo ricevuto solo raggiri, carcere, botte, morte, abbiamo sempre ricevuto dolore e sofferenza. Non ne potevamo più e allora siamo stati costretti a scendere sul sentiero di guerra, perché ciò che chiedevamo a viva voce non é stato ascoltato. E noi non chiediamo elemosine o carità, chiediamo giustizia: un salario giusto, un pezzo di buona terra, una casa dignitosa, una scuola vera, medicine che guariscono, pane sulle nostre tavole, rispetto per le nostre tradizioni, libertà di dire quello che pensiamo aprendo la bocca, affinché le parole ci uniscano agli altri in pace e senza morte. Questo abbiamo sempre chiesto e non hanno mai ascoltato ciò che la nostra voce reclamava. E allora abbiamo impugnato un'arma, allora abbiamo trasformato gli attrezzi da lavoro in strumenti di lotta, e allora la guerra che ci facevano, la guerra che ci uccideva l'abbiamo rivolta contro di loro, i grandi, i potenti, quelli che hanno tutto e non meritano nulla.

Noi scompariremo così come siamo comparsi
Lo specchio in cui la nazione si sta guardando è uno specchio nuovo che, anziché rispondere a una domanda, pone altre domande a cui dare una risposta. Lo specchio del Paese, adesso è un passamontagna, e il Paese si chiede cosa ci sia dietro, il perché di questo passamontagna. Arrivando alla conclusione che il problema non sia il passamontagna, che alla fine noi scompariremo così come siamo comparsi, che presto svaniremo e il Paese si renderà conto che i suoi problemi sono altri, ben più grandi, e che ha la possibilità di risolverli in molti modi, con molte lotte.
Ciò che forse adesso il paese non capisce è che questo passamontagna non vuole essere l'emblema di un potere egemonico. E questo lo porta a diffidare di noi. Sarebbe forse più contento se dicessimo: noi vogliamo il potere e vogliamo imporre una dittatura in cui il Subcomandante Marcos sarà il nuovo dittatore. Ma siccome diciamo che non vogliamo niente di tutto questo, allora diffida. Quando uno vuole essere il più onesto possibile suscita più diffidenza che se dicesse chiaramente di essere disonesto.

La democrazia che vogliamo
Democrazia significa che ognuno può dire ciò che vuole, offrire una scelta politica e avere la libertà di scegliere l'uno o l'altro senza che ti sbattano in galera, senza che ti ammazzino. Alla base di tutti i problemi di salute, educazione, abitazioni, alimentazione, c’è la mancanza di Democrazia e di Libertà. E' necessario che ci sia Democrazia e Libertà perché‚ si possano risolvere gli altri problemi.
La Democrazia nelle comunità è molto semplice: se qualcuno non compie il proprio dovere viene rimosso e al posto suo ne mettono un altro. Noi sosteniamo che così dovrebbe essere nel resto del Paese: se qualcuno non sta compiendo il proprio dovere deve essere rimosso e sostituito con un altro, in maniera tale che colui che viene eletto deve obbligare se stesso e il suo partito a compiere ciò che ha promesso.

Il problema della terra
I compagni nel loro elenco di rivendicazioni fanno riferimento al problema della terra in due sensi. Il problema della terra non riguarda l'estensione o la proprietà in senso stretto, perché ci sono terre di buona qualità e terre di pessima qualità. Non si tratta neppure di espropriare tenute o latifondi, perché limitandosi a questa regione non basterebbero a soddisfare tutti i bisogni.
Loro hanno insistito molto sul fatto che il problema della terra riguarda la produttività. Sarebbero necessarie non solo la distribuzione della terra o la regolamentazione della proprietà, dovrebbero esserci anche dei forti investimenti, un'infrastruttura che facesse sì che la terra già esistente produca più dell'attuale media per ettaro, che nella Selva Lacandona raggiunge mezza tonnellata di mais mentre la media nazionale, fino a qualche anno fa, risultava di otto tonnellate per ettaro.

Per noi non c’è niente, non esiste alcun paese
Agli imprenditori noi non abbiamo niente da dire, perché‚ qui non ci sono imprese. Per noi non c’è niente, non esiste alcun Paese. Non c’è un governo, né un settore privato, né un settore pubblico, né scuole, né servizi sanitari, non c’è niente e nessuno.
Noi vi stiamo dicendo: venite qui! E se in altre parti del Paese la gente ha quello che noi non abbiamo, allora perché noi non possiamo averlo?
Se il Paese è a un certo livello e noi ne siamo al di sotto, perché‚ non ci mettono sullo stesso livello riguardo ai vantaggi e ai problemi, anche se sappiamo bene che nessuno Stato ha già risolto i problemi più gravi?

L'uomo nuovo non sta nell'E.Z.L.N.
Il superuomo o l'uomo nuovo stanno nell'E.Z.L.N.? No, per la verità no. No, non lo troverete qui, è soltanto il nostro essere collettivo a subordinare le nostre piccolezze e le nostre miserie, mi sa tanto che è così.

Il segreto è cercare una bandiera che ci unisca
L'unica maniera per ottenere la vittoria nel passaggio pacifico alla Democrazia è che il movimento sia di massa, organizzato e a tutti i livelli; qui il segreto è cercare una bandiera che ci unisca e non tutto ciò che ci divide. Per questo diciamo che, per prima cosa, dobbiamo metterci d'accordo su quello che non vogliamo, e poi su quello che vogliamo. Se non vogliamo il partito di stato, se non vogliamo il presidenzialismo, se non vogliamo questa cultura della prepotenza che ormai si riflette a tutti i livelli compreso quello culturale, che si suppone dovrebbe essere il più autonomo, allora dobbiamo unirci per farla finita con tutto questo nella maniera meno costosa.

Il nostro programma è di vita, non di morte
Le cause che hanno dato origine al movimento sono giuste, reali. In ogni caso si potrà mettere in discussione il percorso, ma mai le cause.
Ci hanno detto che è possibile arrivare a questo senza la guerra. Che è possibile che la pace apra la porta della speranza per le nostre genti. Siamo disposti a vedere se si aprirà un'altra porta, e se sarà veritiera la seguiremo. Con questa predisposizione d'animo abbiamo rivolto al governo le nostre richieste: Democrazia, Libertà, Giustizia.
Il nostro progetto non punta a una morte assurda, bensì alla vita. Se ci sono altri modi per attuarlo, noi li useremo.
Molte grazie.
Dalle montagne del Sud-est messicano,

Subcomandante Insurgente Marcos

[Ndr: citazioni tratte da "Yo, Marcos", a cura di Marta Duran de Huerta, Ediciones del Milenio]

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