I tipi come me...



In questa tana da dove vi trasmetto non c'è più spazio nemmeno per un cioccolatino, l'elenco ve l'ho già compilato più preciso di un ufficiale giudiziario. Notti fa con gli scatoloni delle vostre lettere c'ho tirato su una parete divisoria poi, all'alba, lo sfracassata giù...
Gli uomini soli fanno cose strane come i bambini.
Mi ero immaginato di dover dividere questo bicamere con un'altra presenza e fra me e la sua privacy avevo costruito con le lettere un muro di "amici"... ma sono i nemici quelli che fanno muro. Donne e amici si fanno attraversare, se amano, se si lasciano amare; e quella sarebbe stata la parete che, rispettando le libertà reciproche, non avrebbe mai potuto dividere la nostra unione.
Gli uomini soli, come i bambini elaborano in certe sere di pioggia sottile queste contorte teorie, ma io non ho amici... voi siete troppi e di me stesso sono sconcertato, costretto dal mio ruolo mi industrio a farvi compagnia e la magia riesce.
Se ci pensate è assurdo, i tipi come me non sono certo compagnoni. Mettete che giocassimo al mercante in fiera, presente i banditori d'asta? Quella si è gente che fa ridere, loquace, con la battuta sempre pronta, lo scioglilingua in tasca . Le ragazze dal gran ridere gettano i capelli all'indietro e gli amici complici sghignazzano alle metafore più ardite: "questa è la carta della vittoria..." "Ce l'ha lungo lungo..." "Chi se lo vuole aggiudicare?" e con il collo di una giraffa svoltano una serata. Dj nati!!
Ma io? Se mi vedeste in una serata di pioggia sottile sottile come quella, quando tutto muore, altro che giraffe e dj. "Jack non è che hai un muso lungo?", mi direste... "Quello è il becco di un pellicano". Scoppiereste a ridermi in faccia e io farei una pessima figura.
Gli uomini soli come i bambini non sono tipi sportivi, così vi verrei a noia lo so, è inevitabile, perché il problema non è mai il genere di pupazzo che si è, il problema è la durata della pila.
Quante puntate vi ho fatto credere di essere carico? Notizie, contro notizie, squarci di vita personale, attacchi, finte, canzoni di una vita, la tua voce tesoro, i miei precari equilibri e la mia stabile follia...
Ma quanto pensavate che potesse durare questo spettacolo indecente, questa vita faziosa, questi pugni sul muro, queste opinioni di un millantatore... credevate davvero che esistessero vite col trucco? Pupazzi senza pila ed eterni pupari?
No, non ce l'ho con voi, questo mai, siete tutto quello che ho, non faccio differenze fra chi mi tratta da panchinaro della nazionale delle ideologie sepolte e chi mi vive come il pibe de oro della comunicazione sotto pelle, perché non sono ne questo ne quello...
Mi torna in mente una vecchia canzone di Paolo Conte, una cena di ex compagni di scuola: il vino, il chiasso, risate, memorie, battute grasse, in fondo alla tavolata c'è uno che agita la mano in aria, uno che scivola giù e scompare gridando aiuto, ma nessuno se n'è accorto... a quello gli era finita la pila.
Che faccio continuo o basta così? Vi metto un rap: bello, nero, incazzato; per dimenticarvi tutte queste menate? O avanti a testa bassa e rischio l'incidente.
Perché i ricordi di certe serate di pioggia sono anche peggio delle serate in se e per se, certi ricordi sono automobili che ti tamponano eternamente, cambia solo in modello, della macchina intendo, il ricordo che ti mette sotto è della stessa specie... e a me quella sera mi faceva male una presenza, molto, molto vicina era quasi con me; stava per arrivare o ripartire ancora... scusate faccio un po' di confusione, ma il problema di quelli a cui tieni tanto è che non stanno mai fermi e succede, perché succede invariabilmente, che se tu gli fai un discorsetto chiaro e piuttosto ben riuscito ti accorgi, proprio sulla battuta finale che precede l'applauso, che stavi parlando da solo!
I bambini e gli uomini soli dialogano spesso con questi compagni immaginari, ma per saggio pudore li fanno sparire a questo punto, se attendessero l'applauso diventerebbero pazzi.
Veramente io non ho ben capito se innalzando quella buffa parete divisoria, costituita dagli scatoloni delle vostre lettere quella presenza amica volevo accoglierla in casa oppure dividermi da lei, difendermi da quello che stava per dirmi... questo si lo ricordo.
I bambini e gli uomini soli presagiscono sempre gli abbandoni, perfino con svariate ore d'anticipo, o forse volevo soltanto trattenerla con la scusa delle vostre lettere... Questo, soprattutto questo, si...
Il grande gioco che avevo architettato era complesso, ma scaltro: avrebbe dovuto leggere le vostre lettere infinite una per una, per guadagnarsi il premio di arrivare a me solo alla fine smontando tutta la parete.
Non gli avrei concesso neanche un "buonanotte amore mio"; scusate ma i compagni di gioco devono per forza essere soltanto maschi? No neanche un bacio le avrei anticipato pur di non essere lasciato solo, di non essere più investito da tutte quelle macchine della stessa specie, la specie sua: "femminile singolare..."
E voi fratelli eravate la mia garanzia, il sigillo sul patto, su questo grande gioco: voi o meglio le vostre lettere infinite, che lei avrebbe dovuto leggere per riconoscermi in voi, il che mi sembrava meno rischioso di riconoscere direttamente me... primo perché non succede quasi mai, secondo perché voi soltanto ascoltatori avete un idea molto più avvincente e romantica di quanto Jack abbia di se stesso!
Ah, quanto avrei voluto nascere battitore del mercante in fiera! Per cui da latitante mi sarei accontentato di un amore riflesso, ma i compagni immaginari, soprattutto di genere femminile, sono come i bambini, gli uomini soli e le lettere degli ascoltatori della radio: conoscono le regole del gioco, e il mio era truccato.
Per amore, d'accordo, ma truccato, per solitudine va bene, ma truccato. E non so se entrando o uscendo, questione di punti di vista, dipende se uno l'attende o se aveva smesso di attenderla definitivamente, lei ha alzato il naso in aria e ha guardato la parete con una lieve smorfia di disappunto... "Si si vede che tu non hai mai fatto il battitore del mercante in fiera" ha detto, spolverando lettere e vecchi romanzi con lo sguardo. "C'è un fracco di polvere non si respira, da quanto tempo in questa stanza non è stata raccontata una barzelletta?" mi ha chiesto, spalancando le finestre e lasciando passare le risate volgari di una coppia di amanti della palazzina di fronte: l'avvocato e la dattilografa.
Io li avevo sempre trovati maleducati e sgradevoli, soprattutto per quella brutta abitudine di fare sesso con le tapparelle alzate... Ma a lei ho capito che piacevano assai perché ha sorriso di gusto e a lungo. Poi ricordandosi di me come una malattia, di me che stavo ponendo una rosa in un bicchiere sulla parete divisoria, mi ha gettato un'occhiata distratta.
"Perché mi hai fatto venire fin qui?"
"Solo per amore..." ho detto tutto d'un fiato,
"Ma io non faccio amore a tempo", mi ha misurato dalla testa ai piedi. "E la tua pila è quasi scarica".
"Sì, perchè quella degli altri invece..." Ho ridacchiato, ma mi è uscito un: "Ahi!..."
Sapete com'è, m'ero risentito.
Gli uomini soli sono più suscettibili dei bambini e invece hanno questo in comune: amano troppo e non sanno come farlo capire e non è detto che non sia meglio così.
Comunque il problema non si è posto perché lei è uscita, o è entrata.
Sia come sia ho sentito in casa un gelido spostamento d'assenza, quel vuoto mosso, quel freddo agitato che lasciano i treni veloci e sfuggenti nelle stazioni secondarie.
Ve l'ho detto era una serata di pioggia sottile: nei vetri alle finestre si rifrangevano i fari di molte automobili che mi venivano addosso e non avevano mai smesso di investirmi da tempo immemorabile. Automobili della stessa marca e io, scusatemi, ho buttato giù la parete delle vostre lettere con una manata.
In ogni dramma che si rispetti a un certo punto il protagonista forza la mano, solo che io l'ho fatto con una notevole violenza. Si vede che avevo interpretato lo stesso ruolo in troppe commedie. Soltanto dopo mi sono detto tutte le parole che avete ascoltato, le ho addirittura viste rimbalzare sulle vostre lettere sparse sul pavimento, o forse non erano parole, erano lacrime o gocce dalla finestra rimasta spalancata... E voi senza volerlo ci siete scivolati sopra, allora come adesso, poi siete rimasti a guardare la coppia di amanti nudi al neon...
Potete voltarvi ora, ho finito. Ogni tanto fra amici immaginari succede di sfogarsi no?
Mettete che fuori piova e che sia appena entrato o uscito qualcuno e a voi sembri, ma è solo un sottile sospetto... che si tratti della vostra vita.

Diego Cugia

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