Le banche sono tornate di nuovo a fare quello che facevano prima.
Per averne una conferma basta dare un'occhiata alla relazione semestrale dei ricavi di trading in rapporto coi ricavi totali in bilancio: Goldman Sachs 85 percento, Bank of America 65 percento, Credit Suisse 84 percento! E poi JP Morgan Chase, Citigroup, Wells Fargo...
Oltre il 90 percento del totale dell'intero settore dei derivati è di nuovo gestito da gruppi e istituti creditizi. Una valanga di soldi, qualcosa come 5 miliardi e passa di dollari tutti provenienti dal trading sui derivati.
E' evidente che per le banche mondiali, i derivati e tutti gli altri strumenti di ingegneria finanziaria responsabili della crisi rappresentano, ancora oggi e nonostante tutto, un comparto fonte di utili e profitti. Questo perché gli istituti di credito mondiali, dopo aver spinto all'eccesso il loro “specismo evolutivo”, tendono ormai ad assomigliare sempre più a società mobiliari e fondi comuni di investimento piuttosto che a istituzioni creditizie.
Le potenti iniezioni di liquidità con denaro pubblico finanziato da nuovo disavanzo statale, che tutti i governi hanno deciso sotto la pressione della crisi e per scongiurare la minaccia del credit crunch, sono alla base degli attuali rally di borsa con un nuovo boom dei derivati e il crescere di commissioni e dividendi.
Si sta realizzando così un progetto ben preciso: si sta “dopando” il capitalismo.
La premessa è stata l'allargamento della base monetaria. I contanti in circolazione, sommati alle riserve delle banche e moltiplicati dal meccanismo virtuale dei depositi, è aumentato nell'ultimo anno del 100 percento! Insomma, hanno curato un'emorragia con una bella e potente autoemotrasfusione.
Il sistema non va?
Allora va sollecitato, spinto, accelerato...
Le persone non sono sufficientemente pressate a produrre, lavorare, consumare sempre di più? Si vuole sfruttare, spremere, prosciugare, dissanguare, mungere ancora di più?
Allora bisogna creare i presupposti per uno choc economico, aumentare le condizioni di indebitamento, rimettere in moto, ma ad un livello più alto, il sistema.
Ed è quello che hanno fatto, che stanno facendo.
Un circolo vizioso in tre tappe.
Fase uno: la speculazione finanziaria produce illusoria ricchezza creando denaro che non c'è.
Fase due: l'inevitabile successiva resa dei conti pesa sui bilanci bancari. Gli istituti di credito minacciano il fallimento (in qualche caso lo dichiarano, ma poi ristrutturano e riappaiono con un nuovo brand) e aprono la fase di recessione.
Fase tre: la recessione provoca la riduzione improvvisa dei prestiti alle imprese soffocando l'attività produttiva.
Alla fine il governo, sotto l'arma del ricatto, deve intervenire ed iniettare liquidità, cioè stampare carta moneta, fare debito, impegnarsi gli anni a venire.
Aver pompato così tanto denaro non solo ha permesso i rally di borsa, ridato linfa ai mercati ed aumentato vertiginosamente i guadagni di top manager, brokers, traders e banchieri, ma soprattutto ha spinto gli utili con guadagni pressoché automatici grazie al basso costo del denaro, ottenuto creando moneta dal nulla e ipotecando, indebitando e impegnando il futuro!
Oggi gli istituti di credito si procurano liquidità a tassi pressoché nulli dalle Banche Centrali o sul mercato finanziario dei pronti/termine e poi comprano titoli di stato a lunga scadenza (guarda caso resi necessari a loro volta per rifinanziare il debito pubblico) e obbligazioni aziendali (guarda caso resi necessari dalla sofferenza che la crisi ha indotto nel sistema produttivo).
Tutto il sistema può così ripartire, ma ad un livello più alto.
E noi tutti a girare su una ruota per criceti che servirà a potenziare un impero economico di cui di fatto beneficia l'elite delle banche e delle multinazionali. Una truffa perfetta!
Il caso Germania
In Germania la perdita di centinaia di miliardi di euro di denaro pubblico sta sfuggendo alla consapevolezza dei media e alla percezione dell'opinione pubblica. Si tratta delle perdite colossali accumulate dalle banche pubbliche controllate dai politici dei länder.
Già nel 2001 la Commissione Europea mise sotto esame il governo Schroder per le garanzie statali concesse alle landesbanken, le banche pubbliche regionali.
La garanzia statale consentiva infatti alle landsbanken di raccogliere denaro con un rating da stato sovrano, avvantaggiandosi rispetto a tutte le altre. Schroder fece una durissima opposizione alla Commissione riuscendo a strappare, grazie alla negoziazione del fedele amico e compagno di partito (socialdemocratico), nonché attuale ministro delle finanze Peer Steinbrück, una proroga della garanzia fino al 2005.
Questo perché queste banche hanno da sempre rappresentato in Germania il nodo di collegamento tra economia e potere politico, nascondendo i segreti di un vasto sistema di relazioni, compromessi e corruzioni.
Durante la proroga concessa, le landensbanken si sono gettate sul mercato e sfruttando la tripla A di rating hanno raccolto capitali per più di 300 miliardi di euro. Ma anziché investirli in attività produttive, di riconversione o ristrutturazione industriale, come oltretutto dovrebbero fare per statuto(!), si sono comportate come hedge found, investendo i capitali in prodotti di speculazione finanziaria (cartolarizzazioni, credit default swap, subprime ed altri titoli esotici) sul mercato dei derivati. Ciliegina sulla torta: il tutto con veicoli fuori bilancio!
Mentre l'attività di prestito alle aziende e imprese produttive si faceva minimo, gli acquisti dei titoli esplodevano e ancor più i prestiti delle stesse banche ad altre istituzioni finanziarie e sul mercato interbancario, arrivando a toccare il 60 percento del totale. Un oliato meccanismo a scatole cinesi che con veicoli fuori bilancio dall'alto rendimento cercava così di compensare le reddittività negative della cattiva gestione e dei “prestiti” al sistema politico.
Risultato: ad aprile la BaFin, Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht (l'agenzia di regolazione finanziaria tedesca), ha stimato un buco di 800 miliardi di euro (ma il FMI parla di una cifra superiore ai 1500 miliardi!).
La tedesca SachsenLB è stata la prima banca al mondo a fallire a causa degli asset backed e della speculazione sui derivati. Ne aveva acquistati, in termini di valore nominale, per trenta volte il proprio valore di capitale. Questo gli consentiva i profitti necessari da ridistribuire ai politici della Sassonia per finanziare il bilancio del land. Un circuito chiuso, un circolo vizioso che si autoalimentava.
La WestLB, una landesbanken con sede nel Nordreno Vestfalia e tra le prime dieci banche tedesche per ordine di grandezza, è stata invece tenuta a galla solo grazie a oltre 9 miliardi di euro di stanziamento statale, e nonostante le proteste (solo di facciata, in verità) di Bruxelles.
Un'altra banca, la Ikb Deutsche Industriebank di Düsserldorf, è stata “svenduta” rapidamente per 137 milioni di euro ad un fondo di private equity nonostante un intervento di salvataggio pubblico per oltre 9 miliardi di euro diretti a coprire le perdite sui titoli tossici americani. Una somma enorme, pari – tanto per dare un'idea dell'ordine di grandezza – alla somma versata da Helmut Kohl all'Unione Sovietica per ottenere il ritiro dell'Armata Rossa e la riunificazione della Germania. Poi la “svendita”. E questa decisione, che si è calcolato negli anni a venire costerà al contribuente tedesco – tra salvataggio prima e svendita poi – qualcosa come 100 miliardi di euro, è stata presa senza alcun controllo parlamentare dal Sottosegretario alle Finanze (Spd, il più giovane sottosegretario della storia del governo federale tedesco) Jorg Asmussen, che guarda caso è anche membro del consiglio di amministrazione della stessa Ikb!
Ma c'è di più. Le reali dimensioni del marcio sono venute a galla con il fallimento della Hypo Real Estate. Un sistema tanto marcio che il presidente del BaFin, Jochen Sanio, difendendo la necessità di un salvataggio pubblico ha spiegato che “l'eventuale fallimento di Hypo Real Estate significherebbe la fine del mondo finanziario... Ci ritroveremmo precipitati nel film Apocalypse Now”.
I titoli coinvolti, infatti, erano i “pfandbriefe”, letteralmente "certificati di cauzione", che sono l'equivalente tedesco dei mortgage-backed securities degli Stati Uniti, cioè un tipo di bond emesso dalle banche sui mutui. In pratica le banche raggruppano i crediti e creano delle maxiobbligazioni, poi le frazionano in piccole tranche di titoli che ricollocano sul mercato per gli investitori.
Questi titoli, che come strumento finanziario in Germania esistono dal tempo di Federico il Grande, erano passati indenni e senza problemi attraverso una decina di guerre, due conflitti mondiali, l'inflazione di Weimar, Hitler, la distruzione, la ricostruzione, la riunificazione... Tutto. E ora rischiavano invece di crollare. La Bce ha dovuto “acquistare”, e senza tante spiegazioni pubbliche, 60 miliardi di titoli per salvare le banche tedesche emittenti.
Nel frattempo, nel generale silenzio dei mezzi di comunicazione e dopo che in Germania si sono stanziati ben 500 miliardi di euro di aiuti pubblici alle banche, 115 miliardi di euro di aiuti a sostegno delle imprese e 85 miliardi di euro in stimoli all'economia, è stato approvato (con voto favorevole di Cdu, Csu e Spd) il disegno di legge Steinbrük per la creazione di una Bad Bank nella quale le landesbanken potranno “scaricare” oltre 600 miliardi di euro di attività tossiche (cioè passività) in cambio di obbligazioni garantite dallo stato, cioè con denaro pubblico che dovrà essere rimborsato dal contribuente.
Unica condizione è che le banche si sottopongano ad uno “stress test”, i cui risultati non verranno però resi pubblici. Perché?
Perché in questo modo le landesbanken potranno “scaricare” sullo stato di tutto e di più. Non solo gli asset tossici americani ma anche ogni tipo di passività e credito non garantito o a basso rendimento. Non basta. Poiché l'adesione alla Bad Bank comporterà il vincolo ventennale per finanziarne le perdite, si è in tal modo assicurata anche l'impossibilità, per vent'anni!, di qualsiasi privatizzazione delle landsbanken a fronte della “socializzazione” delle loro perdite.
Le landsbanken sopravviveranno, nonostante le perdite, restando comunque sotto controllo della politica regionale e, naturalmente, del sistema di potere che servono a sostenere. La quadratura del cerchio! (D*)
Vaffanbank!
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